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Giancarlo Penza

Comunità di Sant’Egidio, Italia
 biografia

Vorrei partire con due episodi. Il primo è accaduto a Roma due anni fa. Durante una manifestazione degli studenti contro la riforma della scuola, un’anziana, trovatasi in mezzo ad un gruppo di giovani violenti che tirava sassi e spaccava le vetrine, terrorizzata, li aveva implorati di smettere. Dal gruppo, uno le aveva gridato: “Zitta tu, che ti paghiamo la pensione”. L’inviato di un giornale aveva sentito e riportato.

Il secondo è avvenuto qualche mese fa a Mangunde, una vasta zona rurale del Mozambico, dove la maggioranza della popolazione vive senz’acqua, senza energia elettrica e con poco cibo. Due anziani, Mario e Laina, si erano presi cura del nipotino di sette anni da quando la figlia, madre del piccolo, era rimasta vedova. Per i fratelli del genero, erano loro i veri responsabili di quella morte: “stregoneria”, avevano sentenziato. Dopo varie minacce hanno messo in atto una spedizione punitiva, da cui i due vecchi si sono salvati per miracolo; non la loro casa, bruciata e rasa al suolo.

A volte dimentichiamo che l’età della globalizzazione è anche l’età della longevità. Ci sono delle buone notizie che a volte non si danno o si ha poco la percezione che lo siano, penso ad esempio che nel mondo aumenta il numero di persone che raggiungono l’età anziana, oggi nel mondo vi sono 500 milioni di persone che hanno più di 60 anni1. La sfida di vivere gli uni accanto agli altri non riguarda solo lingua, cultura o nazionalità, ma anche l’età. Ed è una sfida non meno problematica.

L’antico sogno di arrivare tutti alla vecchiaia e di rimandare il più a lungo possibile l’appuntamento con la morte è una realtà del nostro tempo. Dovrebbe essere una benedizione, una conquista di cui essere fieri. Ma non è così. La longevità fa paura. Troppi vecchi! C’è pessimismo nel dibattito pubblico e sui giornali2 non ci sono risorse sufficienti per pagare le pensioni o per assistere tutti i malati3. Certo, i cambiamenti demografici impongono una revisione dei sistemi di sicurezza sociale, che in parte stanno già avvenendo. Il patto tra generazioni, su cui si è fondato il grande sviluppo economico e civile dell’Europa del dopoguerra, ha bisogno di aggiustamenti4. Ma un conto è rifondare il patto, un altro è distruggerlo e dichiarare guerra. Sempre più il pensiero comune è che gli anziani rubano il futuro: sottraggono risorse ai giovani che, per colpa loro, non trovano lavoro, non riescono a competere e a farsi avanti nella vita. C’è una lobby gerontocratica che comanda – si dice – blocca il ricambio generazionale e non vuole farsi da parte.

Mettere gli uni contro gli altri è una facile scorciatoia quando si è chiamati ad affrontare o a governare questioni complesse o inedite. La ricerca di capri espiatori, specialmente in tempi di crisi economica, è una via sciagurata: spinge un ragazzo ad insultare durante una manifestazione una povera pensionata impaurita e arma i linciaggi contro gli anziani in Africa, colpevoli di rubare anni di vita ai più giovani. Le nostre Comunità di Sant’Egidio, in Europa come in Africa, cercano di essere scuole di umanità, luoghi dove la vita, specialmente se fragile o malata, viene custodita, protetta, amata. E, con la loro testimonianza concreta, generano una cultura alternativa, quella che Benedetto XVI chiama “civiltà dell’amore”, che infrange i pregiudizi e mostra la bellezza e l’utilità del vivere insieme.

Questa alleanza tra giovani e vecchi caratterizza l’avventura umana e cristiana della Comunità di Sant’Egidio sin dalle sue origini, da oltre 40 anni. L’Unione Europea ha proclamato il 2012 Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni. Il messaggio che si intende trasmettere è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica a riconoscere e favorire il contributo degli anziani nella società. E’ importante trasmettere all’opinione pubblica quanto sia già oggi rilevante la presenza degli anziani nei nostri paesi europei. Gli anziani sono una grande risorsa per la famiglia, per i loro nipoti e sono nodali per le comunità locali. Non posso fare a meno di pensare a quante famiglie italiane trovino sostegno nei nonni oltre che, a volte i più importanti educatori.  Gli anziani sono un forte ammortizzatore sociale delle nostre nazioni, rappresentano un argine alla crisi economica e di valori che stiamo vivendo. E’ necessario oggi ritrovare e riscoprire insieme la grande risorsa che è rappresentata dal mondo degli anziani. Ci vengono in aiuto anche autorevoli documenti europei. Nelle conclusioni dell’ultimo rapporto demografico dell’Unione Europea del 2011 si dice: “Il futuro dell’Europa dipende in larga misura dalla sua capacità di sfruttare il grande potenziale dei due segmenti in più rapida crescita della popolazione: gli anziani e gli immigrati.”5. Gli anziani sono una potenzialità per la crescita dei nostri paesi europei. Significativo è che in Italia tra i pochi settori lavorativi in attivo con un aumento di posti di lavoro c’è quello relativo ai servizi alle persone, con particolare riferimento alle famiglie e alla sanità (aumento del 19,4% rispetto al 2010)6. Gli anziani continuano a lavorare e producono lavoro, possono essere quindi fonte di crescita economica del futuro dell’Unione Europea.

Secondo il sociologo Marcel Gauchet, in questi ultimi decenni, anche grazie alle possibilità che la longevità offre, “restare giovani è divenuto l’ideale esistenziale se si scopre di avere molto tempo di fronte (…). La giovinezza ha assunto valore di modello per l’intera esistenza7. E’ la trappola dell’eterna adolescenza. Fa male agli adulti, che hanno paura di crescere e di costruirsi una vita: oggi si parla di “adultescenza”, adulti ragazzini, consumisti di occasioni e di relazioni e, alla fine, molto soli8. Fa male agli adolescenti e ai giovani, che vivono immersi nel tempo del “tramonto e dell’evaporazione del padre”9. La subiscono gli anziani, che devono mimetizzare la propria fragilità, si cancellano le rughe e si calano l’età10 finché dura. E dopo diventano inutili, tanto che possono essere allontanati dalle case, dalle famiglie e confinati in istituto. L’eliminazione della vecchiaia rende la società più disumana; propone un modello di uomo vincente, televisivo, senza fragilità, che non esiste nella realtà. E’ un modello che costringe chi è più giovane al confronto con un’immagine irraggiungibile, perché finta. E “annienta l’individuo che invecchia, rendendolo invisibile"11, come scriveva amaramente Jean Améry, un grande intellettuale ebreo sopravvissuto ad Auschwitz.

L’esaltazione dell’apparenza e dell’immediatezza rendono la società in cui viviamo spaesata e confusa. Materialismo e consumismo modellano un modo di vivere che assolutizza il presente12. Vengono cancellati il passato e il valore della memoria. Ma una società senza passato, senza gli anziani, è anche una società senza futuro. Ha scritto l’antropologo Marc Augé: “Che fine ha fatto il futuro? Oggi sul pianeta regna un’ideologia del presente"13: siamo un mondo di individui senza un prima e senza un poi14. Non a caso, proprio scrivendo agli anziani, Giovanni Paolo II aveva messo in guardia il nostro tempo dal rischio di essere una “modernità senza memoria"15.

Dei vecchi, oggi, c’è tanto bisogno. Per anni si è esaltato il modello dell’individuo senza legami, facendo coincidere libertà con autonomia16. Ma, scrive Zygmunt Bauman: “La vita solitaria (…) può essere allegra ed è probabile che sia molto indaffarata, ma è destinata ad essere anche rischiosa e terribile"17. l bisogno di compagnia degli anziani è una domanda utile per tutte le generazioni. Infatti, l’assenza di legami sociali, la solitudine, fa vivere peggio tutti e fa ammalare di più.

La presenza degli anziani nelle nostre società aiuta a comprendere che la dipendenza, la non autosufficienza, il limite, non sono maledizioni da evitare ad ogni costo, ma condizioni comuni dell’esistenza, anche dei più giovani. Sono tratti di un destino comune, dell’umanità in quanto tale. Gli anziani, invece, ci insegnano che la vera sofferenza, quella di cui avere paura, non è la fragilità, ma l’impossibilità di amare e di essere amati. Ci insegnano che ciò di cui aver paura non è il dolore o la morte, ma la solitudine, l’esclusione dal ciclo della vita. Per la Comunità di Sant’Egidio, gli anziani sono stati, in questo senso, gli amici che hanno aiutato a forgiare una visione della vita e dell’uomo. Gli anziani possono aiutare tutti a comprendere il vero senso della vita e la stoltezza del vivere per se stessi. Sono testimoni della bellezza della gratuità e del fatto che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

In un mondo caratterizzato dall’individualismo, dalla dittatura del presente, dal giovanilismo e dall’esaltazione dell’autosufficienza, gli anziani sono testimoni e profeti di carismi nuovi, propri della loro età. Per questo, bisognerebbe rendere il contatto con gli anziani più presente, anche nei percorsi educativi dei piccoli e dei giovani.

La Comunità di Sant’Egidio coinvolge centinaia di adolescenti e ragazzi del movimento “Giovani per la Pace”, che visitano gli anziani. Raccogliendo la lettera appello che un’anziana, Anna, aveva scritto dalla solitudine di un istituto, sono entrati nel mondo delle case per anziani, scoprendo con essi una sorprendente capacità di comunicare e di amare. Come ha scritto uno di loro ad un’anziana: “Tu sei riuscita a farmi capire che tutti noi abbiamo bisogno di qualcuno con cui parlare, qualcuno da amare e che ci ami a sua volta: un amico. E che la vita senza amici non è la stessa”.

Gli anziani sono maestri di vita, anche quando di vita sembra ne sia rimasta poca. E hanno il carisma di fare famiglia, di attrarre a sé giovani e meno giovani, con la loro debolezza, con il loro bisogno, con il loro tempo libero da impegni. Così dall’incontro tra generazioni può nascere una nuova cultura e un mondo migliore. Un mondo animato da quello spirito che agli anziani fa fare sogni e tutti riempie di visioni. Uno spirito che cambia la storia.



1- Istituto Superiore di Sanità – Invecchiamento: Sfatare i miti- Emanuele Scafato Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute. 

2 - Oggi va di moda lo slogan: “meno ai padri, più ai figli”. Recentemente, in un’affermata e seria rivista on line di economia, “La Voce”, dopo aver documentato un consistente spostamento della ricchezza dai più giovani ai più vecchi, in Italia, tra il 1987 e il 2008, uno studioso ha concluso: “Sempre più i genitori dovranno andare col cappello in mano dai nonni. Ma il nonno, capirà l’importanza dell’acquisizione di capitale umano per il nipote? Il mio timore è che non la capirà”. Crf: N. Persico, Se l’educazione dei nipoti dipende dai nonni, 22.08.2012, in: www.lavoce.info. Perché non dovrebbe capirlo? E’ un pregiudizio. Del resto, recenti e qualificati studi dimostrano ampiamente l’importanza dell’aiuto dei nonni e del loro patrimonio, sia per la formazione di nuove famiglie, pensiamo all’acquisto della casa, che per l’educazione dei nipoti.

3 - Una smentita di queste teorie catastrofiste in: G. Della Zuanna, G. Weber, Cose da non credere. Il senso comune alla prova dei numeri, Roma-Bari, 2011, pp. 61-72.

4 - Ad esempio la riforma della previdenza in Italia ha abolito il sistema cosiddetto “a ripartizione”, attraverso il quale erano i contributi direttamente versati dai lavoratori a pagare, sincronicamente, le pensioni agli anziani e ha introdotto, al suo posto, il sistema “a capitalizzazione”, praticamente un meccanismo di accantonamento assicurativo dei singoli, diacronico,  per cui ognuno riceve quello che ha versato.

5 - Demography report 2010 – Older, more numerous and diverse Europeans- European Commission Marzo 2011

6 - Istat Rapporto annuale 2012 La situazione del Paese.

7 - M. Gauchet, Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Milano 2010, p. 43.

8 - Per una lettura complessiva della ridefinizione delle età della vita, cfr. Ibid., pp. 17-48.

9 - Cfr. M. Recalcati, Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Milano 2011.

10 - Qualcuno ha postato su un blog questa frase: “Diceva quella vecchia battuta: la vecchiaia è l’unica chance che abbiamo per non morire giovani. Noi la stiamo sostituendo nel nostro immaginario con questa: restare giovani per sempre è l’unico modo per non morire”. Cit. in: L. Lipperini, Non è un paese per vecchie, Milano 2010, p. 18.

11 - J. Améry, Rivolta e rassegnazione. Sull’invecchiare, Torino 1988, p. 90.

12 - Cfr. CENSIS, I valori degli italiani. Dall’individualismo alla riscoperta delle relazioni, Venezia 2012, pp.42-44.

13 - M. Augé, Che fine ha fatto il futuro? Dai nonluoghi al nontempo, Milano 2008, p. 88.

14 - Scrive Luciano Manicardi, monaco di Bose: “Oggi, nella prima società post-tradizionale, società segnata dalla cultura dell’amnesia, non solo il legame con il passato rischia di smarrirsi nell’oblio di chi è assorbito in maniera totalizzante in un presente assolutizzato, non solo l’uomo rischia di perdere il senso del debito e del legame che lo unisce a chi l’ha preceduto, ma anche la responsabilità e il legame con le generazioni future si stanno allentando e  rischiano di svanire in una visione che assolutizza il presente (la cosiddetta ‘dittatura del presente’) e il soggetto individuale. Come se l’individuo fosse senza un prima e senza un poi. Come se un prima senza di lui, e un poi anch’esso senza di lui, fossero del tutto fuori dal suo interesse e dunque dalla sua responsabilità”. In: L. Manicardi, Memoria del limite. La condizione umana nella società post-mortale, Milano 2011, p. 24.

15 - Lettera di Giovanni Paolo II agli anziani, 10, Città del Vaticano 1999.

16 - “In una società in cui i legami sono vissuti come costrizioni o come contratti – scrive il filosofo e psicanalista Miguel Benasayag – l’essere autonomi è percepito come una qualità sociale altamente desiderabile”, per cui “libero è colui che domina” e non colui che si fa carico responsabilmente di “assumere il proprio destino”, attraverso le storie ed i legami “che creiamo e sviluppiamo liberamente”. Cit. in: M. Benasayag, G. Schmit, L’epoca delle passioni tristi, Milano, 2003, p. 101.

17 - Z. Bauman, Modus vivendi, Roma-Bari 2007, p. 25.In molte città europee il numero di single ha superato quello di chi vive in convivenza o in famiglia.