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Louis Raphaël Sako

Cardinale, Patriarca di Babilonia dei Caldei, Iraq
 biografia

 Vorrei innanzitutto ringraziare Sant’Egidio per il loro sostegno, per la loro preoccupazione e per averci mostrato solidarietà promuovendo il dialogo per instaurare la pace e la coesistenza armoniosa tra la gente.

 
Quando parliamo di dialogo, dovremmo mirare a considerare la legge dell’unità e il rispetto dei riti delle differenti religioni, culture e componenti della società. Dobbiamo comprendere la società in cui viviamo, per evitare estremismo e terrorismo etnico e religioso, per focalizzarci invece su vita, pace, sviluppo, semina di una cultura del rispetto, e protezione dell’ambiente.
 
In genere, la gente è diversa per natura, cultura, istruzione, religione e genere. Questa è la volontà di Dio, che ci ha creati differenti donandoci una diversità che aggiunge ricchezza alla società. Dovremmo conseguentemente ammettere e rispettare tale realtà, sapendo che la nostra visione e giudizio è relativamente limitato, dato che differenze in modi di vedere e idee sono del tutto naturali e devono essere ben accette. 
 
La parola DIALOGO nelle lingue semitiche deriva da Hoor, Hwara, che significa “bianco”, ad es. sbiancare [cioè chiarire] una questione per scoprire il volto nascosto della verità; nelle lingue straniere, dialogo significa una conversazione tra 2 persone per raggiungere un “accordo” accettabile. Così dicendo, il dialogo è un progetto ed un atto di marciare “insieme” cercando di capire meglio l’altra parte, lontani da formalità e menzogne (a due facce). Tali incontri devono porsi al livello del modo di pensare, della realtà, della ricchezza umana dell’“avversario”. Altrimenti l’ignoranza potrebbe portare ad errori, perdita di fiducia fino a portare a difendersi o attaccare.
 
Normalmente, nessuno possiede una verità “assoluta”, dato che ognuno di noi (più o meno) ne conosce una parte sulla base della propria comprensione, conoscenza ed espressione. San Paolo dice: “noi custodiamo questo tesoro in vasi di creta” (2 Corinzi 4, 7).
 
Tuttavia, il dialogo non è né un approccio tecnico (ovvero diplomatico), né il processo del tirare il tappeto da sotto i piedi degli altri per guadagnarli alla propria causa. È un’apertura onestamente rispettosa dei fatti e delle differenze dell’avversario. Richiede ascolto degli altri, comprensione dei loro pensieri, credo, difficoltà, preoccupazioni e domande, senza semplificazioni e compromessi, poiché il dialogo ci insegna l’umiltà.
 
In definitiva, il dialogo è una lingua comune, che non è un mero mezzo di espressione ma un sentimento, una capacità intellettuale e un metodo civile per risolvere i problemi e porre fine alle crisi. E’, soprattutto, un dialogo di vita, allorché viviamo insieme, ci incontriamo nel quartiere o al lavoro, dove finiamo col conoscerci da vicino.
 
Tecnicamente, il dialogo è anche uno stato di fiducia e rispetto reciproci costruiti pazientemente, uno slancio verso la comprensione del punto di vista altrui e la loro conoscenza. È una via che richiede una disponibilità all’apertura, più che sforzarsi “in ogni modo” di convincere gli altri che la tua religione o la tua cultura sono migliori. Perciò i musulmani sono chiamati ad imparare di più sul Cristianesimo piuttosto che basarsi sui propri libri, e a tenere da conto quanto i cristiani dicono sulla propria fede. Allo stesso modo, anche i cristiani devono fare uno sforzo di apprendere l’Islam dalle loro fonti. Questa specie di “mutuo scambio di conoscenza” aiuterà entrambe le parti a smantellare le idee erronee e a chiarire le realtà della fede.
 
È in tale spirito che i leader religiosi debbono leggere la realtà, con una nuova prospettiva necessaria a portare avanti il loro ruolo profetico, e nel trattare con i cambiamenti profondi e senza precedenti del mondo contemporaneo, incluse le sfide verificatesi in molti settori della società e che hanno implicazioni per i fedeli.
 
Dato che religioni e fede non sono isolate dalla realtà della gente, esse dovrebbero rivolgersi a loro, specialmente ai giovani, impiegando un vocabolario comprensibile e accettabile. Per esempio, versetti e Hadith (tradizioni) in tutte le religioni hanno le loro motivazioni, per trattare casi speciali in circostanze particolari di cui tenere conto. Tali testi non devono essere presi alla lettera, bensì va compresa la loro spiritualità e significato allorché li si applica nel presente. Così l’interpretazione erronea di un testo di religione presenta una visione distorta di sé che può avere un impatto negativo per la sua influenza, e rendere schiave le persone. Perciò dobbiamo difendere i testi religiosi nel loro senso, circostanze, contesto storico e culturale che gli sono propri. 
 
È innegabile che ci siano molte ferite storiche tra cristiani e musulmani, ma credo che oggi siamo capaci di aprire una nuova pagina per il bene del presente e del futuro. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità tramite un dialogo sincero e coraggioso, saggezza e visione per rimuovere tutte le barriere psicologiche e vedere gli uni negli altri una persona libera e responsabile nonostante le differenze. Tuttavia la libertà di ogni individuo deve essere rispettata, poiché il valore dei riti religiosi viene dal fatto di praticarli liberamente e non per obbligo. La libertà è alla base della dignità umana perché viva nella gioia e nell’obbedienza alla volontà di Dio. Nel Vangelo, Gesù dice: “molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli” (Matteo 8, 11). Così anche nel Corano: “La verità [proviene] dal vostro Signore: creda chi vuole e chi vuole neghi” (Sura della Caverna 18,29). Un altro verso del Corano dichiara che la gente non può essere obbligata a credere (Sura di Yunis-Giona, 10,99).
 
In conclusione, ritengo che il discorso religioso necessiti di un’accurata revisione critica dovuta ai mutamenti culturali, economici e sociali, mentre il nascondimento della violenza – il terrorismo dietro la religione – necessita una rapida soluzione che ripulisca il mondo dall’estremismo e dal fanatismo religioso. Tutte le religioni devono smetterla di promuovere un linguaggio provocatorio, nonché rimuovere idee estremiste e terroriste dai curricula dell’insegnamento religioso poiché esse minacciano la sicurezza, come è avvenuto in Iraq e in altri paesi.
 
A tempo debito, è urgente per i capi religiosi spingere verso un’amministrazione sana e differente, lontana dal generare xenofobia. Ciò richiede di sostenere gli sforzi per riscrivere una costituzione civile, democratica e moderna, che assicuri piena cittadinanza a tutti i cittadini e separi la religione dallo Stato, per raggiungere una convivenza armoniosa. Questa scelta nasce dallo storico “Documento sulla fraternità umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato negli Emirati Arabi Uniti tra Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb, che dà il via a una nuova era per l’umanità in cui gente diversa, fedi e religioni si uniscono. Questo nuovo documento sarà una pietra miliare nel paese e in tutto il mondo.