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Theodore Edgar Mc Carrick

Cardinale, Arcivescovo emerito di Washington, USA
 biografia

Prima di tutto vorrei esprimere la mia gratitudine per poter fare una presentazione in questa tavola rotonda molto distinta. Sicuramente gli altri relatori qui presenti sono molto più eloquenti, preparati, con più esperienza e più saggi di me. Ho accettato questo invito perché ho avuto la benedizione di poter partecipare a molti incontri di dialogo ufficiali e di vedere il valore e l’urgenza di un dialogo intimo e familiare che ha luogo quando le 2 famiglie di Cristiani ed Ebrei sono insieme e sono in grado di condividere i doni meravigliosi e le terribile sofferenze che hanno toccato le loro vite.

Giungo appena da Budapest dove ho preso parte a un dialogo ufficiale promosso dal Vaticano con i leaders delle comunità ebraiche dell’Est Europa in particolare dell’Ungheria. Per me questo è stato ancora una volta un momento di grazia e ho visto la vita del Signore nostro Dio che è riflessa nella bontà delle persone da entrambe le parti del dialogo, muoversi dai problemi del passato verso una comprensione più profonda di una famiglia sotto il Signore negli anni a venire.

Mi sembra che probabilmente ci sono molte ragioni  per dire che il nostro dialogo è inevitabile, ma lasciatemi illustrarne sette.

Prima di tutto, credo che condividiamo un libro sacro essenziale. La Bibbia, il Vecchio Testamento, le Scritture Ebraiche, comunque vogliamo chiamare questi straordinari libri della rivelazione divina che vanno dalla Torah ai libri più recenti che, per noi, terminano con i libri dei Maccabei, anche se apprezzo che ogni comunità di fede non li accetta come canonici. Anche se i Cristiani hanno i Vangeli e le lettere degli apostoli come parte del proprio fondamento dottrinale, e anche se con i libri sacri della Bibbia, i nostri fratelli e le sorelle ebree sono guidati dai commentari del Talmud, della Mishna e della Gemarà, tuttavia i libri essenziali della storia del popolo di’Israele hanno sempre costituito una parte maggiore di una eredità reciproca. Questi sono venerati nelle chiese cristiane come nelle sinagoghe di tutto il mondo. Sono letti, meditati, commentati, oggetto di esegesi e discussi da parte di entrambe le famiglie di fede. Grazie a Dio, esaminati in profondità,  per le loro bellissime espressioni di adorazione e di richiesta e costituiscono davvero un meraviglioso fondamento per un dialogo che deve scaturire come conversazione su di loro.

In secondo luogo, condividiamo una storia sacra. Per la maggior parte della nostra storia siamo stati spiritualmente una cosa sola. Il cristianesimo è apparso meno di 2000 anni fa, ma la storia del popolo di Israele, il popolo scelto da Dio, una storia che condividiamo e senza la quale saremmo vuoti e senza scopo, risale alla creazione e in maniera particolare a quell’uomo che noi cristiani chiamiamo Abramo, nostro Padre nella Fede. Davvero, nella parte più essenziale della storia cristiana, nel primo secolo dopo la nascita di Cristo, parliamo interamente di uomini e donne che appartengono alla famiglia di Abramo nel senso della carne  e del sangue. Non solo Gesù, sua madre e la sua famiglia, ma tutti gli apostoli e i discepoli, in questi momenti essenziali erano tutti Ebrei, e così è impossibile separare le nostre storie, specialmente in quel frangente quando tutte le cose sono nate di nuovo.

Il terzo punto è che condividiamo sofferenze quasi indescrivibili. I primi secoli dell’era cristiana hanno visto i seguaci di Cristo perseguitati dai Romani ed altri popoli in tutto il mondo conosciuto. Nei  primissimi tempi della Cristianità anche nelle comunità ebraiche il fratello si è scagliato contro il fratello e famiglie contro altre famiglie allorché alcuni accettarono gli insegnamenti del Vangelo  mentre altri trovarono la fedeltà in una coraggiosa adesione all’alleanza d’Israele. Nel corso della loro storia, il popolo di Israele ha sofferto persecuzioni al tempo dei Giudici, dei Re e, con grande dispiacere, dobbiamo ammettere anche al tempo dei cristiani. I pogrom che sono così cupi, una macchia nella storia del Cristianesimo, quando i nostri fratelli e sorelle della prima alleanza sono stati perseguitati, spesso uccisi, deportati da un luogo all’altro, sono i segni della sofferenza che ha subito parte della nostra famiglia nel Medio Evo fino alla Shoah. L’indescrivibile sofferenza della Shoah, il desiderio di eliminare e sradicare il popolo Ebraico dalla faccia della terra, che causò milioni di morti e altri milioni di persone traumatizzate e nel corpo e nello spirito dalla disumanità dei loro vicini, purtroppo molti dei quali cristiani, è un momento di grande dispiacere per tutti noi. Ai tempi del comunismo e del fascismo, molti cristiani hanno subito il colpo della persecuzione e, come nel caso dei nostri fratelli e sorelle d’Israele, spesso a causa della loro fede e della loro fiducia nel Dio vivente. Quindi, è la comunanza di sofferenze indescrivibili che ci chiama la dialogo e alla preghiera comune al Dio altissimo.

D’altra parte, entrambi condividiamo una fede indistruttibile. Sappiamo entrambi che queste tradizioni e queste famiglie resteranno fino alla fine del mondo. Dio è fedele alla sua alleanza e l’alleanza che ha fatto con Abramo e Isacco, Giacobbe e Mosè e con i suoi profeti, con Davide e Salomone, questa alleanza durerà fino alla fine dei tempi e sappiamo che quali siano le forze che si opporranno al popolo d’Israele loro sopravvivranno e manterranno la fede fino alla fine dei tempi. È questa fiducia forte e incrollabile che ci unisce e ci chiama al dialogo e al colloquio.

Un altro punto importante è che condividiamo una tradizione di santi. I profeti e i giudici, uomini e donne  santi di Israele, sono anche i santi della nostra famiglia. Non dimenticheremo mai la loro storia e non cesseremo di essere toccati dal loro coraggio e dalla loro saggezza. Quando leggiamo i libri sacri delle scritture ebraiche, continuiamo ad essere ispirati dal loro esempio e siamo invitati ad imitare le loro azioni. Nel periodo dopo la venuta di Cristo, noi cristiani gioiamo di  così tanti martiri e santi fino ai nostri giorni. Riconosciamo anche le moltitudini di santi ed eroi ebrei la cui fede profonda e devozione per la legge mosaica non è niente di meno che una manifestazione di grande santità personale e amore per Dio e per il prossimo. La nostra tradizione ha suscitato anche straordinari gesti di carità e generosità che abbiamo osservato con stupore nella magnifica dimostrazione di condivisione della ricchezza tra i nostri fratelli e sorelle ebrei e speriamo di aver imparato a riprodurla nel gesto dell’elemosina che è parte della vita cristiana.

Come sesto punto, abbiamo tanti valori in comune. I dieci comandamenti sono la base degli insegnamenti morali di entrambe le nostre famiglie. La regola d’oro sia per i cristiani che per gli ebrei è un modello da 20 secoli. L’amore per Dio e per il prossimo, che è insegnato nelle scritture ebraiche e ancora così vigorosamente nel vangelo e negli scritti degli apostoli ha chiamato la nostra gente a fare sacrifici di amore per il prossimo vicino e lontano, spesso senza prendere in considerazione la sua fede o la sua nazionalità, ma soltanto per il fatto che noi capiamo la dignità di ogni essere umano in quanto creatura del Dio misericordioso, che ha ricevuto questo dono dalle stesse mani del Creatore.

Infine, condividiamo lo stesso mondo e le stesse comunità. Facciamo shopping negli stessi negozi, frequentiamo le stesse scuole, leggiamo gli stessi giornali e ci impegniamo nell’esercizio delle virtù del patriottismo e della lealtà per i paese in cui viviamo. Condividiamo questo mondo in maniera così intima e questa intima condivisione si nota maggiormente nelle terre dove abitarono i nostri padri e ancora vivono, nel Medio Oriente, nella Terra Santa in modo particolare, e nelle città affollate del mondo occidentale. Non possiamo condividere questa terra sempre più stretta senza il bisogno di parlare dato che le nostre vite sono così intrecciate a causa di tutti questi motivi che ho già elencato e a causa dell’amore per il prossimo a cui entrambe le nostre fedi sono drammaticamente e perpetuamente chiamate.

Mi fermerò qua, anche se so che ci sarebbero molti altri modi per trovare le ragione di un dialogo inevitabile. Lasciatemi terminare aggiungendo altri due commenti. Il primo è che l’espressione “dialogo inevitabile” potrebbe far sembrare che ci siano persone che lo vogliano evitare. Io sento che questo non è inevitabile ma meraviglioso, importante e necessario. Come ho menzionato nei punti già presentati, non è che siamo forzati a parlarci, ma che per la nostra stessa natura siamo chiamati a condividere così molti punti di luce e di vita che il nostro dialogo non solo non è inevitabile, ma insostituibile.

Io gioisco che in molti campi il dialogo è stato un meraviglioso successo. Questo è vero negli Stati Uniti dove un gruppo di leader religiosi della famiglia di Abramo lavora in armonia per la pace a Gerusalemme. Spero che questo simposio chiami molti altri alla ricerca di vie attraverso cui il dialogo possa portare frutti concreti e possa aiutare a cambiare il mondo.

Infine, in tutto questo, io spero che vedere la chiamata per un altro dialogo inevitabile che è il dialogo con la famiglia dell’Islam. Anche loro sono figli di Abramo e accettano l’unicità di Dio che ci ama. Anche con loro dobbiamo imparare a condividere e a lavorare insieme per tutte le cose buone che Dio ci vuole fare avere e  per tutte le benedizioni che derivano dal trovarci insieme qui in questo mondo sempre più piccolo che siamo chiamati a rendere un luogo di pace e armonia dove capiremo che siamo tutti fratelli e sorelle dell’unica famiglia umana di Dio.

Vi ringrazio molto.