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Bartholomew I

Ecumenical Patriarch of Constantinople
 biography

LECTIO DOCTORALIS
DI SUA SANTITA’ BARTOLOMEO
ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI – NUOVA ROMA
E PATRIARCA ECUMENICO
IN OCCASIONE DELLA CONSEGNA DELLA
LAUREA HONORIS CAUSA IN RELAZIONI INTERNAZIONALI 
E COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
DELLA UNIVERSITA’ PER STRANIERI DI PERUGIA

(Perugia, Palazzo Galenga – Aula Magna, 19 Settembre 2016)
“Dialogo delle culture e delle religioni, via della pace”

 
***
 
 
Eminenza Reverendissima Arcivescovo Metropolita di Perugia-Pieve di Colle, Cardinale Gualtiero Bassetti,
Eminentissimi Metropoliti,
Illustrissimo Magnifico Rettore, Prof. Giovanni Paciullo,
Chiarissimo Prof. Marco Impagliazzo, Presidente del Consiglio di Amministrazione, 
Autorità Accademiche,
Eccellenze, Autorità tutte, graditissimi Ospiti,
Fratelli e Sorelle in Cristo,
 
Desideriamo esprimervi il più profondo ringraziamento per l’attenzione dimostrata alla Santa e Grande Chiesa di Costantinopoli, il Patriarcato Ecumenico, che secondo la tradizione e la prassi della Chiesa e le delibere sinodali dei Primi Concili Ecumenici, presiede nella carità la Sinfonia delle Sante Chiese Ortodosse locali attraverso il mondo, e alla nostra Modestia in particolare, con l’attribuzione di questo importante Titolo Accademico.
Tutto questo è maggiormente significativo in quanto avviene nel contesto dell’Incontro Internazionale a trenta anni di quello storico avvenimento, che portò ad Assisi uomini di fede e delle varie culture, per discutere di pace. Oggi, in un contesto internazionale completamente mutato, i successori di quei Pionieri si incontrano nuovamente, non solo per commemorare quei giorni, ma soprattutto per confermare con gesti nuovi e con nuove proposte, la necessità e la speranza di tutti i popoli di poter vivere in pace e concordia.
E questo rinomato Ateneo, l’Università per Stranieri di Perugia, al di là delle sue importanti peculiarità scientifiche e di formazione accademica per le nuove generazioni, ha giocato e gioca un ruolo assai pregnante per la convivenza pacifica ed il rispetto di Fedi e Culture. Qui infatti si ritrovano studenti, ricercatori, professori, provenienti da ogni angolo del nostro pianeta, tutti con il loro ricco bagaglio di esperienze di fede, di cultura e di testimonianza comune, ed insieme convivono in pace, per il bene di tutti.
 
Essendo pertanto tradizione offrire una Lectio Doctoralis per l’occasione, vogliamo intrattenerci con voi sul tema “Dialogo delle culture e delle religioni, via della pace”. 
Per analizzare questo imperativo della comunità umana, percorriamo il titolo a ritroso, partendo dal concetto di pace, analizzandone la via metodologica di dialogo, verificando le interconnessioni tra Cultura e Fede, per giungere ad un dialogo che sia non solo metodo, ma azione nella vita dell’uomo contemporaneo.
La definizione di “Pace” è stata ampiamente studiata nel corso dei secoli e ad essa è stato dato un significato a seconda dei vari momenti storici, delle culture e dell’ambiente, dentro le quali il concetto stesso trovava collocazione. Senza voler analizzare tutti questi passaggi, potremmo tuttavia cercare di riportare a tre dimensioni principali, la definizione di Pace, raggruppandole nei seguenti tre assiòmi: A) Pace Antropologica, B) Pace Imposta, C) Pace Ascetica.
 
A. Pace antropologica.
Il concetto di pace, in qualità di requisito antropologico, riprende in sé tutte le definizioni di tipo sociologico, politico ed individuale. In questo contesto non possiamo parlare solamente di pace come assenza di conflittualità a tutti a livelli. Infatti già nel periodo arcaico della Grecia classica, la pace – εἰρήνη - era associata a εὐνομία - il buon governo e a δίκη - la giustizia, raffigurate nelle Ore, figlie di Themis e Zeus. Essa si consolida nel periodo classico come un risultato di “polemos”, della guerra, ideale più alto della “polis”, necessaria per il buon governo e l’educazione dei cittadini. E’ benessere, è articolazione di appacificare e riappacificare. Come definizione politica, essa sarà intesa come un passaggio obbligatorio di individui e gruppi di individui, la cui unità è antitetica alla guerra. Passando ad uno stato più individuale, essa può essere definita come “assenza di turbamento”, stato di pensiero libero, privo di agitazione, quindi una “pace dell’anima”. Ma l’aspetto antropologico della pace conviene in una antitesi di guerra, o più generale di conflittualità, le cui conseguenze sono i processi di pace, le iniziative e le organizzazioni per la pace, valore universalmente riconosciuto che supera ogni barriera di tipo ideologico, sociale e religioso. Questo principio ha spinto l’Assemblea Generale dell’ONU nel 1999 ad approvare una risoluzione, per adottare la Dichiarazione per una Cultura di Pace.
 
B. Pace imposta.
Chiamata più comunemente anche pax romana, essa nasce dalla visione di Cicerone che ad essa collegava i concetti di lìbertas e securitas, condizioni imprescindibili per avere una pace stabile. Tuttavia questa concezione si è evoluta in sottomissione forzata ed imposizione di una pace formale, al punto che già Tacito la definiva: “Rubare, trucidare, rapinare con falso nome chiamano impero, e dove fanno il deserto, la chiamano pace” (Tacito, Vita Agricolae). E’ una fenomenologia che ritroviamo nell’intero corso della storia dell’umanità, fino ai nostri giorni. Non è neppure assenza di conflittualità, in quanto essa viene sopita, pronta ad esplodere in qualsiasi momento, in modo ancor più virulento. E’ una imposizione priva di giustizia, e pertanto priva delle più elementari forme di democrazia. 
 
C. Pace Ascetica.
Soffermandoci solamente alla Tradizione Cristiana, ricordiamo l’inno cantato dagli Angeli al momento della nascita di Gesù: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama” (Lc. 2, 14). E’ la grande affermazione della pace ascetica, è la riconciliazione tra cielo e terra operata da Cristo. Scrive l’Apostolo Paolo che: “In Cristo Gesù, voi che eravate i lontani, siete diventati i vicini… Egli infatti è la nostra pace… per riconciliare tutti con Dio in un solo corpo. Egli è venuto perciò ad annunciare pace…” (Ef. 2. 13-17). Scrive al riguardo San Massimo il Confessore che “il Dio Filantropo – amante dell’umanità – si è fatto uomo per unire a sé la natura degli uomini e arrestare il suo volgersi malamente contro se stessa, e anzi il suo ribellarsi contro se stessa, divisa e senza riposo…” (Massimo il Confessore – La Filocalia, I Centuria, 47). Il peccato però ha portato nell’uomo e nel mondo la confusione ed il turbamento. Il peccato ha reso l’uomo nemico di Dio e di se stesso. Il peccato inteso come una malattia spirituale intrinseca all’uomo, “… i cui sintomi esteriori sono i conflitti, le discordie, i crimini e le guerre con le loro tragiche conseguenze” (La missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo, Creta 2016, C,3), aveva necessità di essere curato, e l’unico in grado di curarlo è Cristo, che porta pace. “Solo lui riconcilia con Dio, solo lui produce questa pace”. (N. Cabasilas – Commento alla Divina Liturgia, 44, 2).
La Pace Cristiana è una pace diversa, “che supera ogni intelligenza” (Fil. 4,7), è una pace che fa ricapitolare tutto in Lui. “Ecco io faccio nuove tutte le cose” (Ap. 21,5) e la sua pace è qualche cosa che oltrepassa ogni cosa: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la da il mondo, io la do a voi” (Gv. 14, 27). 
E’ significativo sottolineare a tal proposito che la Divina Liturgia, dopo l’invocazione Trinitaria iniziale, presenta tre suppliche di pace: a) per poter pregare, - In pace preghiamo, - ossia la ricerca della pace nell’anima per poter comprendere le realtà divine; b) Per la pace che viene dall’alto – espressione di riconciliazione, giustizia e santificazione; c) Per la pace del mondo intero – espressione dell’amore, che corre in tutto il mondo e che si allarga a tutto il tempo, pace che produce unità di tutti in Cristo, “Pace divina, principio di unione…che genera e opera la concordia e l’accordo di tutte le cose”, secondo San Dionigi l’Aeropagita (I nomi divini, XI, 1).
 
Una via metodologica al dialogo.
Ma quale via, quale metodologia può essere innescata da questi aspetti di pace per il dialogo. 
La prima via passa attraverso l’amore. “Ama Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente e ama il tuo prossimo come te stesso” (cfr. Mt. 22, 37-39). Per i Cristiani Dio è Amore, quindi bisogna amare come Dio ama, e vedere come Dio vede. Una comprensione della pace come theosis, deificazione, comunione divino-umana, è fondamento di una antropologia cristiana della pace (cfr. Aristotle Papanikolau – Per una antropologia cristiana della pace, 2014).
La seconda via è la giustizia. Non vi può essere pace senza giustizia. Scriveva a proposito Martin Luther King: “La vera pace non è solo la assenza di tensione: è la presenza della giustizia” (M.L. King - Lettere dal carcere). Pace e Giustizia sono uno dei grandi temi che hanno interessato anche la nostra Chiesa Ortodossa durante i lavori del Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa, nel giugno scorso a Creta. Sul documento che è stato approvato, frutto di anni di lavoro, su “La Missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo”, un intero capitolo è stato dedicato alla Pace e Giustizia. A tal proposito i Padri Conciliari hanno sottolineato che “la pace di Cristo è il frutto maturo della ricapitolazione di tutto in Lui, della promozione della dignità e della grandezza della persona umana, come immagine di Dio, della manifestazione della unità organica in Lui del genere umano e del mondo, della universalità dei principi di pace, di libertà e di giustizia sociale, e infine, della fecondità dell’amore cristiano tra gli uomini ed i popoli del mondo”. (cap. C, 1).
La terza via è il perdono. Senza un reale perdono, una reale conversione della mente, un profondo ravvedimento ed una purificazione della memoria, rischiamo di limitarci a conseguire una Pace Imposta. Il perdono infatti porta alla pace, non in modo individuale, ma sociale, comunitario. “Se il Signore si compiace della condotta di un uomo, lo riconcilia anche con i suoi nemici” (Pr. 16,7). Perdonare significa non solo guarire gli effetti della malattia spirituale, ma sradicarne la sua potenza. Il perdono a favore della pace quindi è frutto anche della sinergia umana. Come dice il Santo e Grande Concilio: “… questi doni… si manifestano lì dove i Cristiani si sforzano in favore della fede, dell’amore e della speranza in Cristo Gesù, Signore nostro” (C.3).
La quarta via è il discernimento. Un vero dialogo passa anche attraverso il discernimento. “Se la pace non è accompagnata dalla giustizia, dalla rettitudine e dalla verità, non sarà altro che una menzogna” (Metr. Kallistos di Diokleia). Una vera riconciliazione, un vera pace deve essere fondata sulla verità. Antropologicamente la verità è uno dei punti più oscuri e difficili dell’essere umano. Un reale discernimento sulla verità porta ad una pace priva di ombre, che sublima. Essa richiede coraggio e sacrificio. Ma solo così avremo una via della pace autentica. P. George Florovsky per esempio, riconosceva che la via della pace è la via della croce.
La quinta via infine è il rispetto. Riprendendo ancora il testo citato del Grande Concilio, la Chiesa Ortodossa dichiara che “… non vi è posto né per l’odio, né per la inimicizia, né per la intolleranza” (E,1). “…confessa che ogni uomo, indipendentemente dal colore, dalla religione, dalla razza, dal sesso, dalla nazionalità, dalla lingua… gode degli stessi diritti nella Società” (E. 2). Il rispetto è fondamentale per creare una Κοινωνία, una Comunione nel dialogo. 
Il dialogo necessità di equilibrio, non sopraffà, ma soprattutto non priva gli interlocutori della loro propria natura. Esso è conoscenza reciproca, è interconnessione e mai sincretismo culturale o religioso. La Enciclica per la Domenica dell’Ortodossia del 2010, dichiarava: “Per questo scopo l’Ortodossia deve trovarsi in dialogo permanente col mondo. La Chiesa Ortodossa non teme il dialogo, poiché la verità non lo teme. Al contrario, se l’Ortodossia si chiudesse in sé stessa e non dialogasse con coloro che sono fuori di essa, non solo fallirebbe nella sua missione, ma anche si trasformerebbe da “cattolica“ e da Chiesa “attraverso l’ecumene” qual è,  in un gruppo introverso e di autocompiacimento, un “ghetto” ai margini della storia. Per questo motivo i nostri grandi Padri della Chiesa non hanno mai avuto paura del dialogo con l’ambiente spirituale della loro epoca, come anche con i filosofi pagani dei loro tempi ed in questo modo hanno influenzato e plasmato la civiltà della loro epoca e ci hanno consegnato veramente una Chiesa ecumenica.” (Domenica dell’Ortodossia 2010).
 
Dialogo delle Culture e delle Religioni.
Da una via metodologica di dialogo, dobbiamo di seguito trovare una interconnessione tra Culture e Religioni, al fine di elaborare azioni concrete che attestino quanto fin qui esposto.
Cultura e Religione possono trovarsi in qualche modo in dialogo, o meglio cosa contraddistingue il legame e la diversità tra questi due facce di una unica medaglia?
Non ci addentreremo nel concetto di “cultura”, analizzando i suoi vari contenuti, i significati ed i significanti, ma ci limiteremo a due aspetti: la Cultura materiale, e la Cultura immateriale, intendendo con la prima, tutto ciò che caratterizza una Società, un popolo, relativamente all’Arte, alla Tecnologia, alle Tradizioni, ai Costumi e con la seconda le Opinioni, la Lingua, i Modelli di vita, i Simboli, le Conoscenze, il Sapere, ecc. Questi due aspetti della cultura sono interdipendenti e sono una ricchezza del patrimonio mondiale. Appartengono ad una Società, ma sono patrimonio dell’umanità. La globalizzazione in atto tuttavia può manifestarsi come uno dei pericoli più grande della cultura, intesa in questo senso. E’ bene rilevare tuttavia la etimologia di “cultura”, dal latino colere, coltivare, e per estensione del termine, a “cultus”, la cura verso gli dei. Coltivare pertanto quanto è stato ereditato e consegnarlo alle generazioni future, atto questo non statico ma dinamico. Il greco conosce il termine κουλτούρα come Cultura materiale ed il termine πολιτισμός, da polìtis, cittadino, e quindi da pòlis, città, come parte del primo quale civilizzazione e più vicino al concetto di Cultura immateriale. 
Possiamo già intravedere in questo un aspetto di dialogo intra-culturale, dove nelle espressioni greca e latina, si interfacciano la capacità dell’uomo di concepire i due aspetti di cultura, ma anche il legame di questi, col rendimento di grazie a Dio, - cultus, atto di fede comune a tutte le religioni.
Anche per quanto riguarda l’idea di “Religione”, lasciamo gli aspetti etimologici generali, per soffermarci brevemente su due aspetti caratterizzanti: l’Aspetto Spirituale e l’Aspetto Cultuale.
L’Aspetto Spirituale è tutto il contenuto di Fede che caratterizza una Religione, esso è tramandato o rivelato. Spesso esso ha un tale valore sacro e normativo, per il quale diviene impossibile un processo di dialogo convergente, mentre un atteggiamento indifferente può creare turbamento e quindi provocare espressioni di fondamentalismo religioso.
L’Aspetto Cultuale, sono tutti quegli atti liturgici, privati e pubblici che caratterizzano il rapporto del singolo fedele o di una Comunità, nei confronti della Fede professata. Come per la Cultura, anche per la Religione questi due aspetti sono tra loro correlati, e come per la Cultura vi è una manifestazione di attenzione verso la Religione, anche nella Religione vi è una correlazione con la Cultura. 
In questo modo Cultura e Religione già dialogano tra loro, il loro dialogo si fonda sulla conoscenza reciproca e soprattutto sul riconoscere le peculiarità l’uno dell’altro. Il dialogo rispettoso tra Cultura e Religione si erige dunque sulla precisa metodologia che abbiamo esposto sopra, ma è foriero anche di concrete possibilità di incontro.
Se vengono salvaguardati i principi che contraddistinguono le Culture, se sono evitati fenomeni di sincretismo religioso, allora il loro Dialogo, come via della pace, può produrre abbondanti frutti reali.
 
Frutti concreti di un dialogo per la pace.
Culture e Religioni si sono già incontrate per realizzare vie di pace, ma certamente questo processo deve continuare per impedire il sorgere di fenomeni di intolleranza e fanatismo religioso, per la salvaguardia del valore di ogni cultura, affinché non venga sacrificata sull’altare della globalizzazione o di un cultura dominante sulle altre. 
E’ necessario pertanto un impegno comune per la sacralità della vita, dal suo concepimento fino alla sua fine naturale, e rispettando tutte le fasi della vita dell’uomo; per “superare gli antagonismi e le ostilità nel mondo, che introducono ingiustizia ed ineguaglianza alla compartecipazione degli uomini e dei popoli ai beni della creazione divina” (Grande Concilio, Testo cit. F.2).
E’ obbligatorio che per una Pace reale, Culture e Religioni si impegnino per la solidarietà umana, per arginare lo sfrenato consumismo, che mentre arricchisce pochi, priva molti delle fondamentali necessità per vivere; per evitare lo sproporzionato utilizzo delle risorse naturali; per la salvaguardia della Casa Comune, l’ambiente naturale, che non è proprietà dell’uomo, ma del Creatore (Op, cit. f.10); per rispettare e onorare tutto ciò che l’uomo, nella sua creatività, ha posto sulla terra, come i beni monumentali e artistici, patrimonio dell’umanità; per la salvaguardia delle radici spirituali, della libertà religiosa, diritto fondamentale di ogni essere umano, per evitare la perdita della memoria storica e la dimenticanza delle tradizioni.
Come Chiesa Ortodossa, come Patriarcato Ecumenico, abbiamo sottoscritto quanto sopra, come contributo alla realizzazione della pace, della giustizia, della libertà, della fraternità e dell’amore tra i popoli e alla eliminazione delle discriminazioni razziali e altre, nell’importante documento già citato, dal titolo “La Missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo”. La Chiesa Ortodossa lo ha deliberato durante il Santo e Grande Concilio, tenutosi nel giugno scorso a Creta, e i suoi imperativi sono diventanti fondanti per noi. 
Così Pace Antropologica e Pace Ascetica si completano e si pèrmeano assieme, rendendo non più necessaria la Pace Imposta.
La Pace è prima di tutto un Dono di Dio, che noi accogliamo e che in sinergia con Lui e con tutti rendiamo operante, affinché possiamo annunciare con Lui “cieli nuovi e una nuova terra… nei quali abita la giustizia” (2 Pt. 3,13).
 
Vi ringraziamo per l’attenzione.