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Joan

Metropolita ortodosso, Albania
 biografia
I
 
Quando parliamo di religioni in Albania, la coesistenza religiosa è spesso ricordata , rendendola in questo senso inequivocabilmente speciale. Questa convivenza religiosa ha una tradizione e una storia che si estende nei secoli. Per motivi storici nel nostro paese ci sono due religioni - Islam e Cristianesimo - e quattro grandi comunità religiose. Ci sono molte ragioni, sia storiche che culturali e psicologiche, che hanno permesso la nascita e lo sviluppo di questa tradizione. Appartenendo alla stessa nazione, parlando la stessa lingua e avendo abitudini molto simili nel modo di vivere, la presenza di molti matrimoni misti (incoraggiati durante il regime comunista) e il fatto che non vi siano stati cambiamenti radicali nella cultura (sebbene non possiamo escludere alcune differenze che sono inevitabili tra persone di diverso credo regligioso) hanno aiutato il dialogo e lo hanno reso più facile.
 
Questa pacifica convivenza religiosa, non sempre idilliaca, è stata ed è un grande tesoro del nostro Paese. Si dice spesso che forse questa è una delle poche cose che possiamo esportare nel mondo moderno a livello culturale. Ma, come tutte le cose, anche la coesistenza non è statica e, come ogni bene, ha bisogno di essere preservato, perché nulla in questo mondo è immune ai cambiamenti, ai movimenti, alla crescita e alle perdite. Non è qualcosa di dato per sempre e non può stare in piedi da solo. Le generazioni precedenti hanno posto le basi e hanno sviluppato questa tradizione. È dovere della nostra generazione e di quelle che verranno dopo, continuare questa tradizione, preservarla e rafforzarla con costanza e cautela per il bene di tutti. Abbiamo sviluppato relazioni amichevoli tra i leader delle comunità religiose e abbiamo mantenuto e sviluppato ulteriormente la tradizione di partecipare ciascuno alle grandi festività religiose degli altri, riunendo le persone e rafforzando la loro amicizia. La collaborazione interreligiosa, il mantenimento e lo sviluppo del dialogo e della comprensione sono indispensabili per il nostro Paese per preservare la pace e l'unità.
 
Dopo la caduta del comunismo nell'Europa orientale, l'estremismo ha trovato un terreno fertile nel crollo istituzionale, economico e politico, così come nel vuoto morale e spirituale che ne è derivato. Gruppi politici differenti hanno tentato di utilizzare i sentimenti nazionali e religiosi per raggiungere i loro obiettivi politici, creando così un immenso vortice di odio, confusione e sofferenza. Il grande odio che ha caratterizzato la lotta di classe è stato sostituito da un altro odio: etnico o religioso. È interessante notare che i ranghi dei nazionalisti estremi sono stati riempiti in larga misura dalle stesse persone che in precedenza avevano istigato l'odio di classe. Inoltre, hanno cercato a volte di dare alle loro guerre un carattere religioso, anche se non avevano nulla a che fare con la religione, ma volendo sfruttare le potenti emozioni che vengono innescate quando si crede che la propria religione sia in pericolo. Molte persone nei Balcani ironicamente hanno soprannominato queste guerre "le guerre religiose degli atei".
 
In anni recenti sono state sollevate molte voci contro l'uso della religione nei conflitti etnici dei Balcani. Una delle voci più forti è stata quella dell'arcivescovo Anastasios dell'Albania, il cui motto è: "L'olio della religione non deve mai essere usato per infiammare i conflitti, bensì per lenire i cuori e guarire le ferite". Inoltre, la Dichiarazione del Bosforo, redatta e firmata dalla maggior parte delle comunità religiose dei Balcani, dell'Asia centrale e del Caucaso, dichiara in modo specifico che "un crimine commesso in nome della religione è un crimine contro la religione". Sappiamo che l'odio non viene da Dio. Sia che si tratti di odio razziale, odio di classe o odio religioso, è sempre alimentato dal demone dell'odio.
 
Inoltre, in società nuove e aperte, come sono le nostre, l’influenza esercitata da gruppi diversi provenienti dall'esterno del paese diventa più forte: sia le influenze positive, che possono aiutare il dialogo e il rafforzamento dei valori, sia quelle negative, che possono incitare alla nascita di conflitti all'interno delle comunità, rendendo difficile il dialogo e frammentando la società,  e conseguentemente, indebolendo la coesistenza e la comprensione. Ecco perché la nostra società deve affrontare queste sfide e trovare soluzioni originali e creative, preservando e sviluppando il dialogo interreligioso.
 
II
 
Le relazioni cristiano-musulmane hanno una storia complessa talvolta segnata dalla rivalità o dalla guerra, ma ugualmente in molti casi – sebbene siano spesso stati dimenticati - caratterizzata da un vivere insieme costruttivo. Una caratteristica impressionante nelle nostre memorie storiche è il modo in cui i conflitti hanno oscurato le esperienze pacifiche. Nella lettera firmata dai 138  leader e studiosi musulmani appartenenti a tutto il mondo islamico e inviata ai leader cristiani nel 2007 è scritto: "L'Islam e il cristianesimo sono le due più grandi religioni, musulmani e cristiani insieme costituiscono ben più della metà della popolazione mondiale. Senza pace e giustizia tra queste due comunità religiose, non ci può essere una pace significativa nel mondo. Il futuro del mondo dipende dalla pace tra musulmani e cristiani". Un'altra voce dell'Occidente, quella del teologo Hans Kung, dice lo stesso:" Non ci sarà pace tra le nazioni senza pace tra le religioni. Non ci sarà pace tra le religioni senza dialogo tra le religioni". Il dialogo è una necessità, necessaria per contrastare l'estremismo e promuovere la giustizia e la pace, che è propria della nostra comune fede in un Dio unico, che è Signore di tutta l'umanità e di tutta la creazione. Già ci sono molti sforzi: sono state create commissioni interreligiose a livello locale e globale, e il dialogo sta diventando parte integrante della vita delle nostre comunità. Ci sono molti incontri e conferenze, tutti con il fine di creare maggiore fiducia, comprensione e collaborazione tra persone di diverse fedi. Ma non possiamo negare che l’attuale corso degli eventi mondiali ha creato una tensione crescente tra musulmani e cristiani. Ora, più che mai, il dialogo è diventato un imperativo necessario per disinnescare le incomprensioni e la diffidenza.
 
Cristiani e i musulmani possono lavorare insieme per promuovere e preservare la pace, la giustizia sociale e i valori morali. Entrambe le fedi attribuiscono grande importanza alla giustizia, alla pace e al rispetto della dignità umana. Entrambe le religioni vedono gli esseri umani come assistenti della creazione di Dio. Dovremmo, quindi, collaborare per affrontare molte preoccupazioni sociali e questioni etiche che sono comuni, basate su questi motivi e valori religiosi comuni. Possiamo lavorare insieme per costruire comunità migliori e collaborare in tutte le aree in cui musulmani e cristiani possono cooperare. Il dialogo deve essere fatto con rispetto e amore, cercando di comprendere gli elementi fondamentali degli altri ed evitare la tendenza alla polemica. Nel frattempo, non abbiamo il diritto di sottovalutare, solo per sembrare educati, la portata di problemi difficili, ma dobbiamo essere giusti.
 
Quando parliamo di dialogo interreligioso, dobbiamo tenere presente anche il fatto che una parte della popolazione, che varia da paese a paese, non vuole essere identificata in nessuna religione. Inoltre, quando parliamo dei membri di una religione, dovremmo ricordare che non sono solo il clero e i credenti, con diversi livelli di fede e di esperienza, ma anche di molti puramente nominali. Quindi, per mantenere la pace, dobbiamo sviluppare un dialogo sincero e sostanziale non solo con il popolo di altre religioni, ma con tutti i popoli che costituiscono il tessuto della società.
 
Il dialogo non è qualcosa che avviene solo a livello ufficiale o accademico, ma fa parte della vita quotidiana durante la quale diversi gruppi culturali e religiosi interagiscono direttamente gli uni con gli altri, e dove le tensioni tra di loro sono le più tangibili. Il dialogo è necessario per mantenere e promuovere la comprensione, la cooperazione e il rispetto reciproco necessari per vivere insieme. Ma il dialogo interreligioso non è solo parole o discorsi. Esso comprende l'interazione umana e le relazioni. Può avvenire tra individui e comunità a molti livelli. Può avvenire in ambito sia formale che informale. Avere un dialogo non è solo una conversazione tra due o più persone, ma l'ascolto reciproco, essere aperti agli altri, cambiare ed essere cambiati dagli altri. Spesso, pensiamo che stiamo facendo un dialogo, ma non raramente, stiamo solo facendo due monologhi.
 
Il dialogo non è un compito facile, ma adesso è una necessità. La lunga storia di incomprensioni, diffidenze e animosità continua a formare gli atteggiamenti di molte persone in entrambe le comunità di fede. Ci possono essere incomprensioni e disaccordi. Un dialogo sincero cerca di far crescere la comprensione reciproca e le buone relazioni, per individuare le cause della tensione nei rapporti tra musulmani e cristiani. Le tensioni sono spesso economiche, culturali, sociali o politiche piuttosto che religiose. Ciò non mira ad arrivare ad una fede comune o ad un modo per convertire l'altro. Un dialogo sincero e onesto non dovrebbe essere uno spazio per discutere, attaccare o confutare il credo dell'altro, perché questo accrescerà maggiormente l’identità negativa e distruggerà il dialogo e le relazioni tra persone di diverse fedi.
 
Ci sono sempre due tipi di identità: positiva e negativa. L'identità positiva è quando qualcuno costruisce la sua identità su ciò che lui è. La negativa è quando qualcuno la costruisce in base a ciò su cui è contrario. Quando Mosè chiese a Dio il Suo Nome, la risposta fu: Io sono colui che sono. Questa è un'identità positiva, costruita su ciò che egli è. L'etimologia del nome Satana viene dal termine ebraico “avversario”, colui che si oppone. Questa è l'identità negativa, costruita su ciò cui lui è contrario. La maggior parte delle persone ha una miscela di entrambe le identità. Per questo motivo è molto importante coltivare, il più possibile, l'identità positiva per noi e per il nostro popolo, attraverso una solida educazione e un dialogo sincero, dove ciascuna parte rimane fedele alla propria fede e creando così un'area in cui possiamo aumentare la comprensione reciproca e la fiducia. Nell'estremismo l'identità negativa ha preso il sopravvento.
 
III
 
Nel nostro tempo, dove governano menzogne e mezze verità, i leader religiosi devono parlare apertamente e chiaramente a tutti i credenti. È necessario aumentare la consapevolezza e predicare ancora di più su come la religione vede la persona umana e quale atteggiamento si debba tenere verso gli altri, in modo che queste questioni non restino solamente all’interno di circoli chiusi di teologi e di testi. Spesso, siamo rimasti in silenzio, o con voce bassa, per quanto riguarda i conflitti religiosi. Dovremmo avere una voce forte e, quando osserviamo che tra i nostri popoli prendono campo movimenti malati, motivati e nutriti dall'odio, dovremmo diagnosticare la malattia con il discernimento e l'amore e curare la malattia con la medicina appropriata, senza riguardo alla sua amarezza. La medicina è amara, ma la guarigione è dolce. Il ruolo profetico è dire  ciò che Dio sta dicendo.
 
A volte la vera fede è incatenata dalla paura, dall’amore di sé, dall’orgoglio per quello che dicono gli altri, dalla tiepidezza di fede, dalla mancanza di vero amore per gli altri, dal compromesso, dall’interesse personale di diversi gruppi, e altro. Si ama sempre di più la gloria dell'uomo piuttosto che la gloria di Dio. Nel non dire la verità agli altri, perché costa fatica, mostriamo che non li amiamo. Spesso la verità non coincide con quello che noi o la gente vuole sentire. Sappiamo dalle Sacre Scritture quanto costasse ai profeti la frase "Così dice il Signore". Tutti loro sono stati perseguitati e uccisi perché hanno detto: "Così dice il Signore". I re, i governanti, i sacerdoti e la gente volevano che i profeti dicessero solo quello che volevano sentire, ma i profeti dicevano ciò che il Signore diceva. La voce profetica è dire quello che Dio dice. Anche le Scritture ci dicono che c'erano uomini che profetizzavano solo ciò che il re e la gente volevano sentire. Questi erano i falsi profeti. Le loro parole furono applaudite e accolte per un po', ma alla fine le loro parole andarono perdute, perché la verità non era in loro. O saremo profeti dell'Altissimo o falsi profeti. Non esiste una via di mezzo. La verità può essere perseguitata, ma vivrà. Le sue parole sono eterne perché "Così dice il Signore".
 
Come cristiani dobbiamo sempre tenere in mente ciò che la Chiesa ci insegna: che ogni persona è creata secondo l'immagine di Dio e ognuno è vicino a tutti. Dio "creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini" (Atti 17,26) e tutti gli esseri viventi sono associati l'uno all'altro perché l'origine divina di ogni persona non viene mai persa, anche se le sue concezioni e credenze religiose sono errate (vedi la parabola del Samaritano, Lc 10, 25-37). Come cristiani, basandoci su un'antropologia cristiana, dobbiamo dare risalto al fatto che l'unità umana è più profonda e le divisioni superficiali e non essenziali.
 
Vorrei concludere con le parole di Nikolaj Berdyaev: "Ci sono sempre state due razze nel mondo; oggi esistono, e questa divisione è più importante di tutte le altre divisioni. Ci sono quelli che crocifiggono e quelli che sono crocifissi, quelli che opprimono e quelli che sono oppressi, quelli che odiano e quelli che sono odiati, coloro che infliggono sofferenze e coloro che soffrono, coloro che perseguitano e coloro che sono perseguitati. Non c’è bisogno di spiegare da quale parte i cristiani dovrebbero stare".