11 Settembre 2017 16:30 | Petrikirche

Intervento di Iosif



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Iosif

Metropolita ortodosso, Patriarcato di Romania
 biografia
I cristiani ortodossi pregano per la pace, specialmente nelle grandi litanie: “In pace, preghiamo il Signore!”; “per la pace che viene dall’alto e per la Salvezza delle nostre anime, preghiamo il Signore!”; “per la pace del mondo intero, la stabilità delle sante Chiese di Dio e per l’unione di tutti, preghiamo il Signore!” Molte volte, durante le celebrazioni, colui che le presiede, vescovo  o prete, si rivolge all’assemblea e la saluta dicendo: “pace a tutti!” Il Cristo è chiamato “Re della pace e Salvatore delle nostre anime”.
 
La tradizione biblica da cui provengono i battezzati, benché fertile di conflitti e di opposizioni di ogni sorta, ha come caratteristica una costante aspirazione alla pace. La parola ebraica “shalom” è una delle parole chiave della cultura biblica. E si sa che la città di Davide, dove ebbe luogo la resurrezione del Verbo incarnato, è chiamata Città della pace.
 
Questa aspirazione alla pace, che è in effetti caratteristica del cuore di ogni uomo, questa preoccupazione per la pace senza la  quale la comunità umana rischia di scomparire, riceve quindi un’eco unica nella tradizione biblica. In certo qual modo, si deve poter dire che se un uomo  cerca la pace, può rivolgersi verso la Bibbia, in particolare verso i salmi. Nella sua Parola, il Signore parla agli uomini di pace. Egli è Colui che dà la pace agli uomini che la vogliono. Egli è il Dio della pace. Egli rivela nella sua parola che gli uomini non sono capaci di trovare la pace da soli : è Lui la fonte di ogni pace e allo stesso tempo colui che dona ogni pace. Gli uomini possono pregare il Signore di accordare loro il dono della pace, è ciò che si sente nei salmi. Ma Dio insegna anche all’uomo a non accontentarsi di chiedere e di aspettare legittimamente questo dono, e ad operare attivamente al suo livello per fare la pace, instaurare la pace e in questo modo fare esattamente la volontà di Dio. L’uomo mettendo in pratica per quanto può ciò che chiede a Dio si trova in una reale sinergia divino umana. Il compito degli uomini è di fare, di praticare e di realizzare la pace, non per fare a meno del  dono indispensabile di Dio, e al contrario per accogliere questo dono nella  loro vita.
 
Nell’insegnamento del Signore Gesù Cristo, ritroviamo questi due aspetti. Da una parte il Dio-Uomo afferma di dare la pace: “Vi dono la mia pace” (Giovanni 14, 27) e dall’altra Egli valorizza gli artefici di pace, “coloro che praticano la pace” (Giacomo 3, 18). “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”, si ascolta nelle Beatitudini (Matteo 5, 9). E’ proprio la stessa sinergia: l’uomo è chiamato a operare ciò che chiede a Dio. In effetti, tutte le preghiere che rivolgiamo a Dio implicano l’impegno di agire per accogliere il loro esaudimento.
 
Ma l’insegnamento di Gesù Cristo e quindi dei suoi discepoli comporta una precisazione importante: la pace di Dio non è la pace del mondo. “Vi dò la mia pace, dice Gesù, non come la dà il mondo” (Giovanni 14, 27). La pace non è una virtù umana ; non è di ordine morale o giuridico ; non è culturale. La pace è d’ordine carismatico. Essa è associata allo Spirito Santo, quel Paraclito che ha la propria fonte nel Padre e che il Figlio manda da parte del Padre. Dopo la sua resurrezione, Gesù Cristo dice agli apostoli “pace a voi!” poi Egli soffia su di loro e trasmette loro lo Spirito Santo.
 
L’artefice di pace, di conseguenza, è un discepolo di Cristo e un membro organico del suo Corpo, che investe in quello che San Serafino chiama “l’acquisizione dello Spirito”. Non basta essere stato battezzato e cresimato, e fare la comunione con l’eucaristia che è il sacramento stesso della pace divina. Dobbiamo anche, con il digiuno, il pentimento, la supplica, la lode, col « sacramento del fratello », questa cura del prossimo, far fruttificare il dono dello Spirito Santo che ci è stato fatto con il santo battesimo. Possiamo essere artefici di pace solo se il carisma della pace fruttifica e fiorisce in noi, nel nostro cuore, nel nostro spirito. Quando nell’uomo regna la pace di Cristo, la sua mente non è più agitata dai pensieri contradditori, la sua anima non è più tormentata dalle passioni : il suo cuore è come la distesa calma e serena della superficie delle acque, e in più egli possiede ciò che le acque non hanno: l’amore pieno di calore di Cristo per gli uomini.
 
L’acquisizione interiore della pace è legata alla presenza in noi dello Spirito Santo e all’acquisizione dell’amore di Cristo. Se la pace regna nel cuore dei cristiani, essa irradierà il mondo. Perché non si può dare al mondo quello che non si possiede. Coloro che si arricchiscono della pace carismatica di Dio possono dare alla società degli uomini la pace che non ha e che non può né trovare né fornirsi da sola.
 
La risposta cristiana alle prove contemporanee, e in particolare alla violenza endemica, alla crudeltà, alla follia umana, dipende dalla guerra che ogni battezzato conduce interiormente contro se stesso e contro ciò che si erge contro il dono della pace che il Signore vuol fare agli uomini. Il Regno, è detto, appartiene a coloro che fanno violenza a se stessi. E’ compito dei capi spirituali, dei pastori, dei genitori coltivare ed insegnare la pacificazione del cuore seguendo l’esempio dei grandi santi canonizzati dalla Chiesa nella nostra epoca: san Silvano del monte Athos, san Nectarios di Egina, santa Maria di Parigi e tutti coloro, conosciuti o no, che donano al mondo contemporaneo la pace che viene dall’Alto.