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Serafim

Metropolita ortodosso, Patriarcato di Romania
 biografia
È un onore per me prendere la parola in questa tavola rotonda e portare un piccolo contributo dal punto di vista della tradizione cristiana ortodossa al tema generale del nostro incontro “Strade di pace.  La non violenza: una domanda per le religioni”. Noi uomini di differenti religioni e culture, ringraziamo la comunità di sant’Egidio, specialmente il suo fondatore, il professor Andrea Riccardi, per il suo sforzo costante nel sensibilizzare i responsabili degli Stati e delle religioni all’imperativo vitale dell’umanità, quello della giustizia e della pace. Poiché noi siamo convinti che fintanto che non ci sarà giustizia non ci sarà pace. Purtroppo, il fossato tra i paesi ricchi e i paesi poveri si accresce sempre più, poiché la follia del denaro non ha limiti. È per questo che le guerre si moltiplicano nel mondo e anche gli attentati terroristici mortali, spesso in nome della religione.
 
“Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?”, si domanda l’apostolo Giacomo, “Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? 2Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; 3chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.” (Giacomo 4,1-3). 
 
Così l’uomo, per la follia delle sue passioni, distrugge la creazione di Dio, sfrutta senza misericordia i suoi fratelli nell’umanità e distrugge sé stesso. Quando l’uomo dimentica Dio e non vive più secondo i comandamenti che Lui gli ha dato per proteggere la vita, o, ancor peggio, nella sua follia si mette al posto di Dio, un uomo così, vive e agisce contro la sua stessa natura, contro i suoi simili e contro la creazione, contro il suo ambiente. Non ha più scrupoli, secondo il detto: “se Dio non esiste, tutto è permesso”. 
 
Un altro estremo, che può essere ancora peggiore, è la strumentalizzazione della fede, la sua trasformazione in ideologia. Si condannano gli altri, si escludono gli altri, si uccidono gli altri in nome della fede e in nome di Dio. Senza rendersi conto che agendo così si nega la fede e Dio stesso.  Purtroppo, tutte le religioni e tutte le confessioni annoverano dei fondamentalisti di questo tipo, più o meno estremisti e violenti.
 
Contro tutte queste derive, noi, uomini di religione, non possiamo agire né con la forza, né con i divieti. Perché sarebbe cadere nella stessa logica. Le nostre armi sono spirituali e soprattutto la forza dell’esempio personale. Noi cristiani crediamo che nostro Signore Gesù Cristo sia venuto nel mondo per salvare l’uomo proprio attraverso l’esempio della sua vita offerta per i suoi, per l’intera umanità. Non ha rifiutato nessuno, non ha condannato nessuno. Al contrario ha chiamato tutti a lui: “28Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero". (Matteo 11, 28-30). Essere alla scuola del Cristo significa seguire il suo esempio, sforzarsi attraverso la preghiera e l’ascesi di rendere il proprio cuore mite e umile, un cuore pacificato, libero dalle passioni che lo rendono iroso e diviso in sé stesso.
 
Per questo la spiritualità cristiana si rivolge al cuore dell’individuo affinché diventi simile al cuore del Cristo, al cuore del Dio fatto uomo.
 
Perché il cuore e non l’intelligenza o la ragione, che oggi sono tanto esaltate? Perché il cuore è il centro della persona, il luogo in cui comprende sé stessa, si raccoglie e ritrova la sua unità ontologica con tutta l’umanità e tutta la creazione. Tutte le potenze, le energie fisiche e psichiche dell’uomo e dell’universo si concentrano nel cuore. Per questo tutta la vita spirituale deve impegnare il cuore. Senza il cuore non c’è una vera vita spirituale. L’uomo dal cuore unito non è separato da niente e da nessuno. Tutto vive in lui. E questo stato gli dà la pace e la gioia di essere unito a tutti e a tutto. Il segno più concreto di questo stato interiore è il sentimento d’amore e di compassione per gli esseri umani, per gli animali e per ogni essere vivente, come dice Isacco il Siro (monaco del VII secolo). Al contrario nello stato di peccato, il cuore perde la sua identità profonda e la sua unità. Esplode, si divide, si frammenta. “Il mio nome è Legione”, risponde l’indemoniato geraseno. (Mc 5,9).  E con il cuore la persona perde anche il suo equilibrio interiore e la pace. Diventa egoista, gira intorno a sé, si chiude in sé stessa e dimentica gli altri. Ha paura degli altri, dei loro sguardi, come se fossero nemici, e si rivolta contro di loro. Per l’uomo dal cuore inquieto gli altri diventano una preda sulla quale gettarsi per i propri interessi egoistici. 
 
Ma come penetrare nel cuore? Come cambiare il cuore, sensibilizzarlo alla presenza di Dio e dei nostri simili che sono tutti gli esseri umani del mondo? Tutte le religioni nel loro aspetto migliore e tutte le tradizioni spirituali si pongono questo problema. Perché cercare la pace del cuore, culmine della felicità e compimento di vita, è un bisogno fondamentale dell’uomo.
 
Per i cristiani, la pace del cuore è un dono di Dio, effetto della grazia a misura dell'impegno nella fede. La fede che confessiamo, lungi dal ridursi ad una conoscenza intellettuale o ad un’emozione sentimentale, impegna il credente ad una vita secondo i comandamenti divini. Dio si nasconde nei suoi comandamenti. Chi compie i comandamenti di Cristo, con l’amore primo tra essi, si unisce, porta Cristo nel suo cuore e con lui tutta l’umanità.
 
Un cuore misericordioso, che abbraccia tutta l’umanità e tutta la creazione si acquisisce soprattutto con la preghiera. Per il credente, la preghiera è il respiro (l’ossigeno) della sua vita. Senza la preghiera regolare, l’anima si indurisce, diviene insensibile a Dio e ai suoi simili, e la fede si trasforma, senza che ce ne rendiamo conto, in ideologia. Allora, la religione può essere facilmente manipolata secondo gli interessi di ognuno o gli interessi di un gruppo.
 
Perciò solo la preghiera fatta con l’intelligenza del cuore è una preghiera vera, autentica, che conforma il cuore al cuore di Cristo. La pratica di una tale preghiera esige non solo un’attenzione concentrata sul cuore, ma anche una vita sobria in tutto, soprattutto nell’alimentazione perché non possiamo pregare con lo stomaco appesantito dall’ingordigia. Per questo la tradizione antica raccomanda la pratica del digiuno. La temperanza stessa è una grande virtù e una vera benedizione per la salute dell’anima e del corpo. Essa ha anche delle conseguenze sociali immense, soprattutto in un mondo ingiusto come il nostro. 
 
Così il credente dal cuore purificato e pacificato dalla grazia, aiutato dalla preghiera e dalla temperanza è un uomo che fa risplendere intorno a sé pace e amicizia. Una comunità di fede si fonda su persone così, pacificate e a loro volta pacificatrici. “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.” (Mt 5,9). Oggi come sempre abbiamo bisogno di comunità così, vive, impegnate per la pace e l’amicizia fra gli uomini. La Comunità di Sant’Egidio ne è un grande esempio. Noi la ringraziamo!