Deel Op

Anatolij

Orthodox Metropolitan Bishop, Ukrainian Chuch, Moscow Patriarchate
 biografie

Eccellenze,
cari fratelli e sorelle in Cristo,
partecipanti al convegno!

Prima di tutto vorrei ringraziare gli organizzatori per l’invito a partecipare a questo autorevole convegno dedicato al tema delle «Strade di pace». Purtroppo, questo tema è molto attuale nel mio paese, nella cui parte orientale da ormai tre anni si protrae un conflitto armato, e ogni giorno giungono notizie di soldati e civili uccisi.
La nostra Chiesa ortodossa ucraina, la maggiore confessione cristiana del paese, vive con particolare acutezza e dolore questa tragedia, poiché i nostri credenti e il clero si sono trovati su differenti parti della linea di demarcazione. In tal modo, l’unica Chiesa vive e adempie il suo servizio su entrambe le parti della barricata.
Da una parte, questo è un grande problema, una sfida per la Chiesa; dall’altra, è anche un’opportunità per la Chiesa di manifestare la sua natura sovramondana, di non immergersi nel vortice del conflitto, ma, secondo la parola dell’apostolo Paolo, di farsi tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno (1 Cor, 9,22).
La nostra Chiesa, nella persona dei suoi preti, si trova accanto alla gente da entrambe le parti della barricata, fasciando le ferite, asciugando le lacrime, pregando e consolando. Infatti in guerra muoiono sia i militari, sia le persone pacifiche.
In tali condizioni è molto importante la collaborazione tra le confessioni cristiane, tra le diverse Chiese, sia nelle opere di carità, sia nelle preghiere per la pace. Mi fa piacere testimoniare di come la nostra Chiesa già da molti anni mantenga una stretta collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio di Kiev, guidata dal nostro buon amico Jurij Lifanse. Fa piacere che la Comunità di Sant’Egidio di Kiev sia diventata per i cristiani di diverse confessioni un luogo di incontro e di servizio comune ai poveri e ai diseredati.
Alla base del tema della nostra tavola rotonda stanno le parole di papa Benedetto XV, che già del 1917 definì la guerra “inutile strage”. Riflettendo su queste parole, vorrei riferire il racconto di un ecclesiastico della nostra Chiesa, l’arciprete Andrej Karpec, parroco della chiesa di Maria Maddalena nella città di Avdeevka, nella regione di Doneck, sulla linea del fronte.
Nella parrocchia di questo prete c’è una famiglia di parrocchiani: nella primavera di quest’anno il papà, un uomo e un padre eccezionale, è uscito di casa per andare al negozio a comprare lo yogurt al figlio. In quel momento è volato un proiettile, una scheggia lo ha colpito al collo, uccidendolo all’istante. Nella famiglia sono rimasti due figli: il maggiore di circa 20 anni e il minore di 6 anni. Inizialmente gli adulti non hanno detto al figlio minore che il papà era morto. Gli hanno detto che era andato da qualche parte e in effetti lo avevano seppellito.
Il resto lo racconta lo stesso prete Andrej:
«È trascorsa circa una settimana dopo il funerale e la mamma del piccolo viene da me e dice:
– Padre, cosa fare con il piccolo? Non posso dirglielo io stessa (che il papà non c’è più).
– Ma tu sei pronta al fatto che quando il bambino ti chiederà del padre te ne andrai in cucina a piangere e  singhiozzare? Sei pronta a questo strazio? – le dico. Le ho detto che bisogna dire al bambino che il papà non c’è più. Lei ha risposto che non può farlo lei stessa e mi ha detto:
– Padre, glielo dica lei!
– Va bene, – rispondo, – lo dirò io. Le ho risposto così, ma io stesso non so che dire. Semplicemente non so che dire. E lei mi ha portato il bambino. Mi sono seduto con lui e gli ho chiesto:
– È tanto che non vedi papà?
– Non lo vedo da tanto – risponde il bambino.
– Senti la sua mancanza?
– Sì.
– Tuo papà ha fatto un salto da me in questi giorni. Mi ha detto che andrà molto lontano. Va da Dio. Era molto triste di non averti potuto dire addio. Ti manda a salutare. Ha detto che devi ubbidire alla mamma e non litigare con tuo fratello. Ha detto che devi prepararti ad andare a scuola da solo, senza di lui (in quel tempo avevano già comprato lo zaino, i quaderni, si preparavano ad andare in prima in autunno). Ha detto che devi andare in chiesa, ubbidire alla mamma, aiutare. E lui aspetterà con impazienza di incontrarti, sta in ansia per te e sentirà molto la tua mancanza.
– Significa che non vedrò più papà? Quando lo vedrò? – chiede il bambino.
– Quando crescerai, quando diventerai grande. Soltanto allora vedrai papà. Ma adesso ti tocca stare così, senza papà.
– Va bene, – ha inaspettatamente acconsentito il bambino. Le sue parole sono risuonate tranquille, fiduciose, infantilmente ingenue.
Poi è venuta la mamma per ringraziare. Ha detto che il bambino ha accolto la conversazione in modo adeguato, tranquillo, senza isterismi, pianti e singhiozzi. Con i bambini occorre parlare da bambini. Io stesso penso: «Non l’ho ingannato. Davvero ho visto suo papà. A dire il vero, non ho conversato con lui, ma davvero è venuto da me. O meglio, lo hanno portato (in chiesa, al funerale). E io, in sostanza, ho comunicato al bambino le parole che, ne sono certo, egli mi avrebbe detto. Se egli avesse avuto la possibilità di congedarsi, così avrebbe detto a suo figlio» – ha concluso il suo racconto padre Andrej.
Non è possibile ascoltare tali storie senza lacrime. E storie simili ce le raccontano i preti di entrambe le parti della linea del fronte. Le pallottole o le schegge dei proiettili volano da diverse parti e non distinguono dov’è il soldato e dove il civile. Ecco allora veramente l’illustrazione del fatto che la guerra è sempre un’inutile strage!
Capita che gli uomini di Chiesa non abbiano le forze per fermare la guerra. Iniziando la guerra, i forti di questo mondo non vogliono sentire la voce della Chiesa. Ma questa voce, insistentemente e profeticamente, deve risuonare. Nelle condizioni di guerra e sofferenza il compito degli uomini di Chiesa sta nell’essere accanto alle persone, nel dolore e nelle prove, nel pregare e consolare, nel piangere con chi piange (Rom 12,15), nel portare i pesi gli uni degli altri e in tal modo adempiere la legge di Cristo (Gal 6,2).
Grazie per l’attenzione.