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Etica della globalizzazione. Perchè non ripartire dai rom? Le città laboratorio di una nuova etica comune

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Si e’ fatto aiutare, ha preso non la penna ma un computer e ha scritto una mail al sindaco. E’ un piccolo rom, tra i tanti bambini nomadi – e sono i più- che vivono a Firenze, in uno dei campi che rappresentano una domanda per la città ma anche una prospettiva. E., dieci anni, va bene alle elementari. Il suo problema era che mentre gli altri compagni di scuola arrivavano a scuola puntuali, lui, a motivo della precedente organizzazione del servizio dei pulmini, al banco si sedeva sempre più tardi. “Puoi mettere più pulmini così vado anch’io a scuola?”. “Abbiamo riorganizzato il servizio e ora E. arriva a scuola all’ora giusta. L’etica della globalizzazione e’ investire sulla scuola, che trasforma da sudditi a cittadini”. Era questo il tema su cui Matteo Renzi e’ intervenuto ieri mattina a Barcellona, durante il meeting internazionale sulla pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nella grande città mediterranea, che ha raccolto il testimone dello Spirito di Assisi – dall’incontro voluto da Giovanni Paolo II nel 1986 e poi diffuso da Sant’Egidio lungo nuove tappe – dopo essere stato anche nelle mani di Firenze nel 1995. Dunque il tratto gentile di Firenze nell’ “archivio della cortesia”, così come Cervantes, l’autore del Don Chisciotte, definiva Barcellona. Accanto a Renzi, Hassan Hanafi (filosofo, dell’universita’ del Cairo) e Christian Kabore’, presidente dell’Assemblea nazionale del Burkina Faso, il gran rabbino David Rosen e il cardinale arcivescovo della città catalana Sistach. “La globalizzazione può incontrare le città – spiega Renzi – Difendere una piazza come luogo di incontro e socialità e’ un punto di resistenza al pensiero unico che ci vuole come telespettatori”. Tante persone cercano amici su facebook, ma praticano l’inimicizia col vicino di casa. Scuola, educazione a un consumo consapevole, rispetto e tutela delle minoranze e delle grandi realtà religiose (a Barcellona presente anche il rabbino Joseph Levi), disegnano anche in Firenze il prototipo di una città europea che si fa messaggio, pur in mezzo ai nodi della storia: la lettera di E. e’ stata scritta mentre in Francia venivano espulsi i nomadi. Del resto il titolo dell’incontro di Barcellona, che si chiude oggi, e’ “Vivere insieme in un tempo di crisi.  Famiglia di popoli, famiglia di Dio’.

Per rabbi David Rosen, che ha svolto una riflessione sul rapporto tra globalizzazione e riposo sabbatico, “lo sviluppo sostenibile c’e’ solo dove c’e’ responsabilità sociale, protezione di chi e’ vulnerabile”. La partecipazione civica dell’istanza spirituale umanizzerà il pianeta. In questa fase della storia, osserva il cardinale arcivescovo di Barcellona Sistach “sono globalizzate miseria e finanze, ma non la solidarietà”. Un  sistema non e` un fine in se’. Se l’austerità’ puo’ essere adottata come virtù della nuova economia, il governo sussidiario puo’ prendere il posto rispetto al potere monocratico del pensiero unico. Il presidente Kabore’ osserva come “il treno della globalizzazione lascia per strada la maggiore parte della popolazione”. Al momento, secondo Hanafi, “la globalizzazione sembra negare la partecipazione. Il capitale non implica condivisione perche’ tende a monopolizzare. Invece di famiglie di popoli, abbiamo famiglie di banche. Con la globalizzazione così come la conosciamo oggi, i ‘centri’ producono e la periferia consuma. Dunque bisogna pensare a un nuovo sistema, in cui l’etica della globalizzazione e’ etica della condivisione”. Tra i relatori Christophe De Margerie, Presidente della Total. Come possono mettere in campo comportamenti responsabili le multinazionali? “Intanto con scelte concrete ad esempio rispetto al personale: ci vuole un trattamento uguale e rispettoso, dignitoso, per tutti. Quando siamo in un Paese, noi siamo del Paese. Se siamo in Nigeria, siamo nigeriani”.