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Antonio Maria Vegliò

Cardinal, President of the Pontifical Council for Migrants, Holy See
 biography

Sono lieto di porgere distinti e cordiali saluti alle Autorità Ecclesiali e Civili qui presenti e a tutti i partecipanti a questo Incontro internazionale, mentre mi è gradito esprimere, a nome mio personale e del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, riconoscenza e gratitudine per il costante e generoso impegno a favore del popolo Rom in Europa.

1 – Introduzione

Permettetemi di aprire il mio intervento con le parole di Carlo Mikic, il giovane italiano appartenente al gruppo dei Rom Rudari, che ha preso la parola durante l’Udienza che il Santo Padre ha concesso a una delegazione di Rom, Sinti, Manouche, Kalé, Yenish e Travellers lo scorso 11 giugno . Alla fine della sua testimonianza ha detto: “Quando penso al futuro, penso a città e paesi dove ci sia posto anche per noi, a pieno titolo, come cittadini come tutti gli altri, non come un popolo da isolare e di cui avere paura”.
Le parole del giovane Rom dimostrano che in Europa è ancora largamente diffuso l’approccio ai Rom che li considera come marginali, da recuperare socialmente e riconciliare con il resto della popolazione, fino ad esserne assimilati. In effetti, come ho segnalato in altre occasioni, i Rom, pur essendo cittadini europei, sono ancora largamente esclusi dai sistemi educativi, dagli ambiti del lavoro, dalla politica e dall’assistenza sanitaria.
Non pochi sono costretti a vivere in condizioni di povertà, ai margini delle città, in quartieri degradati e non attrezzati, vittime di violenze e di fenomeni di razzismo e antiziganismo. Inoltre, numerosi stereotipi e pregiudizi nei confronti dei Rom, ancora fortemente radicati nella società, non permettono lo sviluppo di atteggiamenti di apertura e accoglienza, di solidarietà e rispetto. La reciproca diffidenza e il ripiegamento identitario rendono difficile il lavoro delle numerose organizzazioni internazionali e nazionali in favore dei Rom, minacciando la collaborazione internazionale e il processo di integrazione.
Tutti noi qui presenti, uniti dallo stesso comune impegno per la pace e la convivenza fraterna e solidale tra i popoli, siamo convinti che nella “casa comune” europea c’è posto per i Rom e ci adoperiamo a superare le divisioni e le discriminazioni, affinché il popolo Rom possa sentirsi partecipe attivo dell’Europa dei popoli.
Anche in questo processo ci guida Benedetto XVI, che in modo particolare ha dimostrato la sua paterna sollecitudine verso i Rom durante l’Udienza cui ho accennato poco fa. Nel discorso tenuto in quell’occasione, il Santo Padre ha indicato ai Rom, alla Chiesa e alla Comunità europea un itinerario nuovo per un’autentica convivenza tra i figli dello stesso Padre e tra i membri della stessa famiglia umana. In particolare il Pontefice ha esortato i Rom a una fattiva e leale collaborazione nel processo di integrazione e li ha invitati a scrivere insieme una nuova pagina di storia per loro e per l’Europa.

2 – Una comunità di popoli

Nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’Europa si presenta come comunità di popoli che pone al centro della sua attenzione la persona umana, a cui offre cittadinanza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. La base su cui si fonda tale comunità è costituita da valori indivisibili e universali di libertà e di uguaglianza, di solidarietà e di dignità umana.
L’Esortazione apostolica Ecclesia in Europa definisce il vecchio continente “una comunità di popoli”  e ne presenta pregi e difetti. Mentre da una parte si nota grande apertura degli uni verso gli altri e un continuo aumento di collaborazioni e scambi di ogni ordine, dall’altra vi sono fenomeni preoccupanti, come la rinascita di atteggiamenti xenofobi, la crescita dell’indifferenza e la cura egoistica di propri interessi e privilegi. 
Mi domando se questi elementi negativi siano all’origine dell’emarginazione dei Rom in alcune aree della vita sociale, culturale e politica, che si traducono poi in residenze negate, sgomberi forzati, classi speciali per gli alunni rom, accesso limitato all’istruzione superiore, disparità nel lavoro, posa in opera di mura e fossati.
Alle gravi incertezze, che segnano oggi l’Europa, si aggiunge anche l’attuale crisi economica di cui risentono maggiormente i poveri, mentre cresce il rischio che i Rom siano completamente esclusi dai servizi della società.

3 – Il popolo Rom tra sofferenze e speranza

La storia della popolazione Rom e di altre etnie zingare “è complessa e, in alcuni periodi, dolorosa”, ha ricordato Benedetto XVI nell’Udienza agli Zingari. “Siete un popolo – diceva – che nei secoli passati non ha vissuto ideologie nazionaliste, non ha aspirato a possedere una terra o a dominare altre genti. Siete rimasti senza patria e avete considerato idealmente l'intero Continente come la vostra casa. Lungo i secoli avete conosciuto il sapore amaro della non accoglienza e, talvolta, della persecuzione, come è avvenuto nella II Guerra Mondiale”. Il Papa ha concluso la sua riflessione sulle sofferenze dei Rom dicendo che “la coscienza europea non può dimenticare tanto dolore! Mai più il vostro popolo sia oggetto di vessazioni, di rifiuto e di disprezzo!”.
Questa esortazione suona come un richiamo alla Chiesa e alla società ad essere più attente e più attive nel promuovere la cultura della pace, in cui non c’è spazio per odio e violenza, forieri della “cultura della guerra”,  mostrando disponibilità a educare ai valori della giustizia e dell’uguaglianza, della verità e della libertà.
Le Istituzioni e i Governi dovrebbero essere più efficienti nel combattere la miseria e l’ingiustizia, favorendo il miglioramento delle condizioni di vita ed eliminando le disuguaglianze economiche, sociali e culturali che spesso stanno alle origini di tensioni e discordie. L’affermazione della dignità della persona umana e il rispetto dei suoi diritti fondamentali devono costituire la base di una convivenza ordinata e feconda.
In prima linea, sono chiamati i Rom a essere veri protagonisti dell’integrazione socio-culturale, affinché le loro famiglie si collochino degnamente nel tessuto civile europeo e i loro figli possano godere una vita migliore.

4 – Il popolo Rom risorsa per l’Europa

Nel suo discorso ai Rom il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto anche una lettura positiva della realtà zingara. Come “un’amata porzione del Popolo di Dio pellegrinante”, essi si collocano nel cuore della Chiesa e godono della stessa dignità di figli di Dio e fratelli nell’unico Padre. Negli ultimi decenni, sono sorte tra il popolo Rom numerosi vocazioni alla vita consacrata e sacerdotale, segno positivo di dialogo e di collaborazione con le Chiese locali. Inoltre, nel corso dei secoli, il popolo Rom ha arricchito la comunità dell’Europa con una cultura dalle espressioni significative, come la musica e il canto.
L’orientamento positivo, su cui ha insistito il Papa, richiede la capacità di guardare ai Rom senza generalizzazioni e preconcetti, in modo da permettere loro di vivere secondo l’identità etnica e culturale propria. È opportuno, dunque, offrire loro più occasioni per il coinvolgimento nelle relazioni non come destinatari di assistenza ma come portatori di risorse, dando maggior spazio per il protagonismo nella gestione della propria esistenza.
Con soddisfazione possiamo dire che l’Unione Europea ha accolto già nella sua politica la sfida di mettere in evidenza gli aspetti che sono comuni alla società autoctona e alla popolazione Rom, al fine di rafforzare il senso di appartenenza all’unica “casa Europa” . Anche da parte della Chiesa si avverte la necessità di un nuovo approccio ai Rom, segnato da un cambiamento di percezione e da corretta informazione.

5 – Segni di comunione

A – A livello istituzionale

L’Unione europea dispone di molteplici strumenti per sostenere l’inclusione dei Rom e contrastare la loro discriminazione. “Le misure volte a superare l’esclusione vanno inserite nel più ampio contesto delle politiche europee per l’uguaglianza e la crescita ed è necessario ottimizzare l’impiego degli strumenti legali e finanziari disponibili anche per la società tradizionale” . Tra i progetti già in atto è da ricordare soprattutto il Decennio per l’integrazione dei Rom,  la Piattaforma sull’inclusione dei Rom e il Fondo per la loro istruzione, istituito nel 2005 da alcuni Stati membri dell’Unione con l’obiettivo di colmare il divario tra Rom e non-Rom.
Inoltre, possiamo citare il Secondo Vertice Europeo sulle problematiche Rom, svoltosi nell’ambito della Giornata Mondiale dei Rom a Cordoba (in Spagna) nei giorni 8-9 aprile 2010. Di notevole importanza e di vasta portata politica è il Documento “Roma in Europe: The Implementation of European Union Instruments and Policies for Roma Inclusion – Progress Report 2008-2010”, SEC (2010) 400, del 7 aprile 2010. L’inizio del 2011, infine, ha visto nascere il Committee ad hoc of Experts on Roma Issues, che ha tenuto la sua prima riunione nello scorso mese di marzo, a Strasburgo.
Non dimentichiamo, del resto, l’opera incoraggiante di varie Organizzazioni sorte in Europa negli ultimi decenni, come il Contact Point on Roma and Sinti Issues dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, il Forum Europeo dei Rom e degli Itineranti, l’Ufficio Europeo di Informazione sui Rom, il Centro Europeo per i Diritti dei Rom ed il Fondo per l’istruzione dei Rom.

B – A livello ecclesiale

La Chiesa cattolica, attraverso appositi programmi e strutture, manifesta la propria sollecitudine verso i Rom, elaborando positivi itinerari di inserimento. Essa ha il dovere di allargare il più possibile il suo lavoro sul territorio, coinvolgendo le diocesi e le parrocchie, i movimenti, le associazioni e il volontariato, le istituzioni, gli enti locali e le scuole. Ognuno è chiamato a sviluppare competenza e responsabilità non in modo isolato, ma valorizzando il più possibile le sinergie che nascono da collaborazioni, idee, creatività e, soprattutto, dalla buona volontà dei singoli.
Tra le aree prioritarie – indicate anche dal Santo Padre l’undici giugno scorso – vi sono l’istruzione, la formazione professionale e la partecipazione al mercato del lavoro, in cui la Chiesa sta raggiungendo buoni risultati. Per esempio, numerosi Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica si dedicano all’ambito educativo e a quello della scolarizzazione, mentre il lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica vede attivi soprattutto i movimenti ecclesiali, come la Comunità di Sant’Egidio, che ha avviato una campagna sociale e culturale per arginare la diffusione di stereotipi nei confronti dei rom, giovandosi dell’opera di mediatori culturali.
È da sottolineare pure la presenza di diversi sacerdoti, consacrati e consacrate che condividono lo stile di vita dei Rom, abitando nelle roulottes, nei campi o nei terreni appositamente predisposti.

Conclusione

Nel Congresso Mondiale della pastorale per gli Zingari del 1989, i membri di diverse etnie zingare rivendicarono con forza il riconoscimento della loro identità etnica e culturale e il diritto a inserirsi nel tessuto vitale della società sia civile che religiosa. Essi dissero che i tanti problemi con cui dovevano confrontarsi avevano la loro origine nella mancanza di un effettivo riconoscimento di tale diritto. Precisarono che anche l’attività rivolta alla promozione umana degli Zingari deve tendere a fare emergere la loro coscienza di popolo con una propria dignità ed un proprio destino. Aggiunsero, infine, che il loro ruolo all’interno della Chiesa e nella società civile non può svolgersi che in adesione alla propria identità etnica e culturale.
Oggi, a distanza di oltre vent’anni da quell’evento, possiamo affermare che la Chiesa ha tenuto questa linea dinanzi alle varie istituzioni locali, nazionali e internazionali che pure si dedicano ai Rom con impegno e responsabilità. Tuttavia, permane la consapevolezza che il servizio non sempre corrisponda alle aspettative e, quindi, la strada da percorrere insieme sia ancora lunga e piuttosto tortuosa.
Mi piace concludere ricordando il messaggio del beato Giovanni Paolo II all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1995. Alla fine del suo discorso il Papa disse: “Non dobbiamo avere timore del futuro. Non dobbiamo avere paura dell’uomo. Non è un caso che noi ci troviamo qui. Ogni singola persona è stata creata ad «immagine e somiglianza» di Colui che è l’origine di tutto ciò che esiste. Abbiamo in noi la capacità di sapienza e di virtù. Con tali doni, e con l’aiuto della grazia di Dio, possiamo costruire una civiltà degna della persona umana, una vera cultura della libertà. Possiamo e dobbiamo farlo! E, facendolo, potremo renderci conto che le lacrime di questo secolo hanno preparato il terreno ad una nuova primavera dello spirito umano”. 
È l’invito che vale per noi e anche per il popolo Rom.
Grazie per l’attenzione.