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Ole Christian Mælen Kvarme

Vescovo luterano, Norvegia
 biografia

Nella tradizione e nella vita cristiana noi spesso parliamo dell’”etica dell’amore” di Gesù, e consideriamo la ”giustizia” parte del regno della politica e della moralità pubblica. Ma è forse questo il modo in cui la Bibbia affronta i temi della giustizia e dell’amore? E il nostro dialogo tra diverse tradizioni religiose può aprire i nostri occhi di fronte a problemi che abbiamo bisogno di affrontare?
Il contesto biblico
Recentemente ho letto la notizia di un gruppo di studenti che hanno deciso di studiare ogni riferimento presente nella Bibbia sullo specifico argomento dei poveri e degli oppressi. Uno degli studenti l’ha fatto a modo suo. Ha trovato una vecchia Bibbia, ha preso un paio di forbici ed ha ritagliato ogni passaggio relativo al tema dei poveri. Alla fine la vecchia Bibbia non solo era piana di buchi, ma cadeva a pezzi tra le sue mani.
Se inizio con quest’esempio su un modo piuttosto singolare di studiare la Bibbia, lo faccio per sottolineare una cosa importante: la Parola di Dio ci giunge in un contesto, e per parlare di ”Giustizia e Amore” il suo contesto ha a che fare con i poveri e gli oppressi.
Un esempio di questo discorso è rintracciabile nel Capitolo 61 del libro di Isaia. Il profeta parla a persone che hanno sofferto in esilio ed hanno visto la distruzione delle loro città e dei loro villaggi. Ora egli dice di essere stato consacrato con l’unzione dal Signore per fasciare le piaghe dei cuori spezzati, per portare il lieto annunzio ai miseri, per proclamare la libertà degli schiavi e la scarcerazione dei prigionieri. Poi fa riferimento alla Parola del Signore alle genti: ” Poiché io sono il Signore che amo il diritto”.
Quando Gesù inizia la sua vita pubblica, cita le parole di Isaia 61. Egli è tornato a Nazareth, sua città natale, e parla alla sua gente. Ora è Gesù a dire che lo Spirito del Signore è su di Lui e che lui ad essere stato consacrato con l’unzione per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare la liberazione agli oppressi e agli esclusi, per restituire la vista ai ciechi. Con queste parole Egli definisce il suo ministero e indica la strada che si apre davanti a Lui e davanti a coloro che vorranno seguirlo.
La giustizia nella Bibbia
Nella società contemporanea noi definiamo la giustizia ”la possibilità per ognuno di ottenere ciò che gli è dovuto”. Ma cosa sia dovuto a ciascuna persona o a ciascun gruppo di individui è un elemento di costante tensione. La Bibbia sposta l’attenzione su qualcosa di diverso. La giustizia nella Bibbia è più di un fatto solo relazionale, riguarda direttamente il rapporto tra di noi.
L’ebraico utilizza due parole per definire la giustizia, due parole che noi traduciamo con ”giustizia”. Tsedaqa ha a che fare con la nostra dipendenza l’uno dall’altro, la nostra interdipendenza relazionale, e sottolinea in particolare la nostra attenzione ai bisogni dei poveri. Mishpat riguarda la riabilitazione delle vite e delle relazioni di coloro che sono stati trattati ingiustamente. E’ questa l’ultima parola che Dio usa quando Isaia parla del lieto messaggio ai poveri e della liberazione degli oppressi: ” Poiché io sono il Signore che amo il diritto”.
Questa prospettiva biblica mi pone una sfida, e sfida il modo in cui pratichiamo la giustizia nelle nostre vite e nelle nostre società. Concentra infatti la mia attenzione sulla nostra dipendenza l’uno dall’altro, sulla fedeltà a questa interdipendenza e in particolare sulla nostra volontà di riabilitare coloro che sono stati trattati ingiustamente. Con quali modalità possiamo noi – come individui, famiglie e comunità – occuparci di noi stessi e delle persone più vulnerabili delle nostre società? Questo dipende anche dal nostro rapporto con Dio.
Amore, perdono e riabilitazione
Dalla testimonianza biblica sul ”Dio della giustizia” siamo ora condotti alla sua testimonianza riguardo ”l’Amore di Dio”: Dio si preoccupa dei poveri e degli oppressi, di coloro che hanno subito dei torti. Ma Egli si occupa anche di coloro che fanno il male. Egli vuole ristabilire le nostre relazioni e la nostra interdipendenza, ed inizia con il nostro rapporto personale con Lui.
L’amore di Dio è nella sua compassione che perdona i peccatori, che perdona noi con i nostri peccati. Il profeta Osea parla a persone che si sono smarrite nel loro rapporto con Dio e con i suoi comandamenti, così come nei loro rapporti reciproci. 
Ma Dio dice: ”Il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all'ardore della mia ira ... perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te.” Perciò noi diciamo: Errare è umano, perdonare è divino.
Ma noi spesso parliamo in termini così astratti di peccato e di perdono, di grazia e di giustificazione, che dimentichiamo e non vediamo chi sono le vittime delle nostre colpe. Talvolta agiamo in modo da porre il peso su coloro che sono stati trattati ingiustamente, invece di permettere che la nostra preghiera, per ottenere il perdono di Dio, ci conduca a ricostruire i nostri rapporti spezzati.
Sacrificio ed amicizia
Il Nuovo Testamento utilizza due parole per indicare l’amore. Il più chiaro è agape, l’amore sacrificale. Quest’amore è incarnato nell’amore di Cristo sulla croce per espiare i nostri peccati e riconciliarci con Dio. Sulla croce la giustizia di Dio diventa compassione, un amore sacrificale che raccoglie tutta l’ingiustizia: per le vittime, per i malfattori, per il bene delle nostre vite in comunità l’una con l’altra. La Resurrezione di Cristo diventa per noi il seme di nuova umanità, il dono della ricostruzione delle nostre vite e dei nostri rapporti, un nuovo cammino in cerca di una società giusta e in una pratica quotidiana dell’amore che si sacrifica.     
Ma il Nuovo Testamento utilizza anche un’altra parola per indicare l’amore. filia è spesso utilizzata come sinonimo di agape, ma indica in modo più preciso l’amore tra gli amici, l’amore nell’amicizia.  Gesù usa questa parola nella sua conversazione finale con Pietro dopo la Resurrezione: ”Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Questa è la preoccupazione di un Signore che si identifica con i poveri e i prigionieri, i malati e gli stranieri, gli affamati e gli assetati.
Ho iniziato sottolineando il contesto in cui la Bibbia parla di ”Giustizia e amore”: il contesto della preoccupazione di Dio per i poveri e gli oppressi. Vorrei terminare allo stesso modo, ma facendo riferimento al contesto di questo nostro incontro. L’amore dell’amicizia è nel cuore di Sant’Egidio, e noi apprezziamo quest’enfasi sull’amicizia con i poveri. Ma ho anche notato che la Comunità non parla in primo luogo di poveri e di prigionieri, di stranieri e di malati, ma sempre di amici. Questo non è solo il loro modo di parlare, ma è ciò che essi vivono, ed in questo modo ci mostrano il cammino per ricostruire le nostre relazioni e la nostra interdipendenza, attraverso l’amore dell’amicizia.
Perciò in conclusione: l’amore nelle Scritture bibliche oltrepassa la giustizia, ma non può mai cercare nulla di meno della giustizia. La giustizia in senso biblico include i diritti di ogni individuo creato ad immagine di Dio, ma la sua importanza è relazionale, si basa sulla ricostruzione delle nostre relazioni spezzate, con Dio e tra di noi. Nelle Scritture cristiane l’amore sacrificale e l’amicizia sono la strada per raggiungere tanto questa ricostruzione, quanto la sua continuazione, per vivere concretamente la nostra interdipendenza, la nostra attenzione fedele ai bisogni di ciascuno.
Questo è secondo me uno dei contributi della Bibbia alla visione di una società giusta che si apra all’amore e all’amicizia.
Questo è oggi anche il mio contributo alla nostra comune ricerca di una sempre più profonda comprensione di ”Giustizia e amore”, poiché noi siamo uniti e chiamati a vivere insieme.