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Filaret

Vescovo ortodosso, Chiesa Ucraina, Patriarcato di Mosca
 biografia

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo!
Eccellentissimi vescovi, padri, fratelli e sorelle!

    Abbiamo ascoltato oggi la lettura evangelica in cui il Signore nostro Gesù Cristo conversa con gli apostoli alla vigilia dell’agonia del Getsemani. Gli apostoli sono smarriti, poiché il Maestro dice loro: «Ancora per poco sono con voi» (Gv. 13, 33). Il dolore paralizza il cuore dei discepoli. La speranza di Israele – pensano – sta abbandonando la Sua casa.
    Quanto spesso anche noi, con le nostre perplessità, assomigliamo ai discepoli del Salvatore! Quanto spesso ci sembra che il senso degli eventi ci scivoli via, lasciandoci «orfani» (Gv. 14, 18).
    In questi giorni abbiamo riflettuto sulla tragedia avvenuta dieci anni fa a New York. La vita spesso ci conduce attraverso malattie, infermità, incomprensioni da parte della gente e dolore. E vorremmo esclamare insieme al santo apostolo Pietro: «Signore, dove vai?» (Gv. 13, 36). Dio nostro, qual è il senso delle sofferenze del genere umano?
    Il Salvatore conosce sia il turbamento degli apostoli, sia noi, suoi discepoli. Mettendo in guardia dalle tenebre future, dal fatto che «viene il principe del mondo» (Gv. 14, 30), Egli si rivolge dolcemente a noi: «Figlioli!» (Gv. 13, 33). E poco oltre annuncia: «Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. Non come la dà il mondo, io la dò a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv. 14, 27).
    La pace che Cristo ci dà è connessa alla venuta del Consolatore Divino, lo Spirito Santo. Egli verrà e in quel giorno (Gv. 14, 20) ci insegnerà ogni cosa e ci ricorderà (Gv. 14, 26) le parole di Cristo: «Io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi» (Gv. 14, 20).
    Ecco che cosa ci dà il Signore: la pace, che consiste nella partecipazione alla vita divina, all’amore sempiterno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo!
    Perché allora questo dono è così importante per noi, che viviamo in questo mondo? Esso è importante per noi perché consolida un modello di rapporti nuovi, basati su un amore pieno di abnegazione.
    Il Signore mostra nei fatti l’amore verso il Padre. Egli dice: «Il Padre è più grande di me» (Gv. 14, 28). In queste parole vediamo come Cristo, uguale in forza e gloria al Padre, non si turbi a chiamare Lui il più grande. Poco oltre confessa:  «Io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco» (Gv. 14, 31). Il figlio offre la propria vita in sacrificio per fare la volontà dell’amato Padre e così salvare il genere umano.
    Questo stesso modello d’amore ci è insegnato anche dall’apostolo Paolo: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso» (Fil. 2, 3).
    La pace che il Signore ci dona, e nella quale l’apostolo ci esorta a vivere, fa cessare l’azione della volontà di peccato. Manifestando rispetto gli uni per gli altri, non smarriamo noi stessi, ma, al contrario, acquisiamo la libertà beata in Cristo. La libertà dalle passioni e dalla paura, la libertà nella gioia e nell’amore.
    Ritengo che il mondo contemporaneo stia sperimentando un acuto deficit di questa libertà donata da Dio. La società è ricolma di suoi multiformi surrogati, che svagano l’anima, ma non sono capaci di darle pace e serenità spirituale. Ci è divenuto sempre più difficile parlare delle verità semplici. La difficoltà risiede nel fatto che tutte le verità sono gradualmente divenute merce sul mercato del consumismo. Le parole perdono valore, i gesti divengono superflui. E soltanto la crisi, in questa situazione, risulta capace di farci rivolgere alle fonti, di aiutarci a vedere gli uni gli altri non soltanto come anonimi soci d’affari, ma come persone che cercano il senso della vita in Dio.
    Sono profondamente convinto che i problemi globali si risolvano a livello di cuori umani concreti. E la nostra preghiera comune di oggi costituisce la testimonianza dell’importanza di tali soluzioni.
    Oggi trovando la gioia di essere insieme nel «vincolo della pace» (Ef. 4, 3), la condivideremo generosamente nelle nostre famiglie, tra i lontani e i vicini. Daremo testimonianza dell’esistenza della dimensione spirituale nella nostra vita, della possibilità di relazioni basate sulla fiducia e sull’amore, e del fatto che siamo chiamati a vivere insieme nel dialogo delle religioni e delle culture.
    Così potremo essere efficaci collaboratori di Cristo, essere beati operatori di pace (Mt. 5, 9), che saranno vincitori in ogni tempo. «Poiché chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede» (1 Gv. 5, 4).
    Cristo è in mezzo a noi, ora e sempre!