Condividi su

Stiamo celebrando un momento molto importante di questo Incontro Internazionale per la Pace, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e che si svolge ogni anno, per mantenere vivo lo spirito di Assisi, inaugurato da Papa Giovanni Paolo II con i responsabili delle principali religioni del mondo.

Ci siamo riuniti nel nome del Signore per pregare, per chiedergli con fede e perseveranza di concedere l’autentica pace al nostro mondo. Siamo consapevoli tuttavia che parlare del mondo è parlare dell’umanità, cioè di tutti noi uomini e donne che abbiamo ricevuto dal Signore Gesù il compito di essere costruttori di pace. Per questo gli chiediamo di riempire i nostri cuori con il dono della sua pace. Solo così potremo essere seminatori della pace fondata sull’amore e sulla giustizia in mezzo a questo mondo che osserva impassibile l’orrore dei campi di concentramento come Dachau, ricorda attonito il decimo anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle e soffre le gravi conseguenze dell’attuale crisi economica.  

Il brano della lettera ai Romani ci ha parlato della pace e ci ha offerto il fondamento più solido per costruire la pace in ogni luogo e in ogni tempo. In questa lettera, l’apostolo fa riferimento ai problemi che agitavano la vita della comunità cristiana. Alcuni di essi riguardavano la vita quotidiana dei suoi membri. La comunità di Roma era formata da cristiani di molteplici origini e, senza necessità di precisare le cose fino al punto di identificare i “forti” con i cristiani provenienti dai gentili e i “deboli” con i giudeocristiani, si può supporre che i problemi avessero a che fare con determinate prescrizioni ebraiche, che i “deboli” consideravano vincolanti per tutti i cristiani, mentre i “forti” credevano superate in Cristo.

Il brano che abbiamo ascoltato ha un ricco contenuto morale, ma di morale evangelica, radicata nella Buona Notizia di Gesù. Ascoltando queste esortazioni paoline ci viene in mente il contenuto centrale del Discorso della Montagna: non restituire male per male, non farsi giustizia da sé, amare i nemici e fare loro del bene, non lasciarsi vincere dal male, ma vincere il male con il bene. San Paolo va in profondità e chiede questo comportamento a noi che con il battesimo ci siamo uniti a Lui nella sua morte e resurrezione e, rivestiti di Cristo, dobbiamo imitarlo vivendo nel mondo come lui, facendo sempre il bene.

I quattro capitoli di esortazioni della lettera ai Romani insistono varie volte sul fondamento della vera pace, cioè sul nuovo comandamento dell’amore fraterno che il Signore ci ha lasciato. L’apostolo mette in relazione quest’amore con le prescrizioni della morale privata. La carità riassume l’indispensabile molteplicità delle norme morali in un atteggiamento più elevato: colui che ama, a partire dalla sua gioiosa libertà interiore, realizza per l’altro tutto e più di ciò che ogni prescrizione esige. I fedeli di Cristo, siano essi di origine ebraica o gentili, devono essere uniti nella carità e nell’aiuto vicendevole. Qui sono le radici del fondamento della pace nel seno delle nostre comunità e delle nostre società.

Il messaggio evangelico, che tocca le più profonde preoccupazioni e i desideri del genere umano, brilla ai giorni nostri con una nuova chiarezza, nel proclamare beati gli operatori di pace, “perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9).  Questa beatitudine ci stimola in questo lavoro che il Signore ci affida e che noi, membri di diverse religioni e di diversi popoli del mondo, stiamo realizzando insieme in questi giorni. Siamo felici perché lavorando per la pace saremo chiamati figli di Dio.

La pace terrena, che nasce dall’amore verso gli amici e i nemici, è immagine ed effetto della pace di Cristo, che procede da Dio Padre. Infatti lo stesso Figlio incarnato, Principe della Pace, attraverso la croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio e, restituendo l’unità di tutti in un solo corpo, ha ucciso nella propria carne l’odio e, innalzato dalla resurrezione, ha effuso lo Spirito di carità nel cuore degli uomini.

Cari fratelli e sorelle, riuniti nel nome del Signore, Egli è qui in mezzo a noi e chiediamo a Lui con fiducia il dono della pace che Egli ha ottenuto con la morte e  la resurrezione. Gesù ci ha detto: “Chiedete e vi sarà dato”. Chiediamo e seguiamo l’esortazione dell’apostolo, perché la pace è dono e conquista. La dobbiamo implorare e la dobbiamo costruire, bisogna offrirla ai fratelli e riceverla da essi, come faremo con un gesto simbolico qui, tutti noi credenti in Cristo e nella piazza con tutti gli altri fratelli.
Sarà l’occasione per testimoniare nuovamente che le religioni propiziano la pace nel mondo come espressione dell’amore di Dio per l’umanità.