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In primo luogo permettetemi di portarvi un caloroso saluto da parte del capo della Chiesa ortodossa bielorussa, il Metropolita Filaret di Minsk, Esarca patriarcale di tutta la Bielorussia. Il metropolita è estremamente riconoscente per l’invito che ha ricevuto anche quest’anno dalla Comunità di Sant’Egidio a partecipare a questo incontro. Lui stesso ha partecipato in passato ad alcuni di essi, e ricorda sempre con riconoscenza l’eccezionale atmosfera di comprensione reciproca e di vero dibattito sulle questioni più attuali che riguardano i credenti.

Il metropolita Filaret rivolge un saluto fraterno a Sua Santità il Patriarca Irinej, capo della Santa Chiesa Ortodossa serba, a Sua Beatitudine l’Arcivescovo di Cipro Crisostomo, al presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, a tutti i cari amici della Comunità di Sant’Egidio. Altresì saluta di cuore il prof. Andrea Riccardi, il prof. Adriano Roccucci e tutti i membri del comitato organizzativo, che di anno in anno con dedizione e gratuità lavorano affinché ognuno di questi incontri internazionali diventi un evento importante per la vita della società europea.

Oggi vorrei riflettere insieme a voi sulle sfide che vi sono davanti alla famiglia cristiana e, in particolare, rispetto al problema degli anziani.

Oggi molti affermano che l’istituto della famiglia sta attraversando una crisi profonda. Ne parlano continuamente i pedagoghi e i medici, lo dichiarano i politici, lo predicano i sacerdoti. Tutti parlano di una certa erosione della famiglia come valore, e sullo sfondo di queste preoccupazioni vi è il peggioramento generale dei problemi ecologici. Siamo testimoni di una crescita  senza precedenti dei social network e di altre forme di comunicazione che escludono il contatto fisico, ma al contempo vediamo chiaramente il terribile problema della nostra società: la SOLITUDINE!

L’amore per il prossimo, qualsiasi forma di interesse per il prossimo, è fondato sulla nostra idea dell’uomo come Immagine di Dio. Ma cosa sono questo amore e questo interesse in una società in cui, per usare le parole di Nietzsche, “Dio è morto?”. Il concetto tradizionale di famiglia in Europa è fondato su determinate concezioni dogmatiche di Trinità e di Chiesa, ma forse tale concetto è “appeso nel vuoto” da quando la società ha perso il rapporto con il Sacro? In una società di questo tipo la lotta con la solitudine spesso può diventare una lotta dell’uomo contro sé stesso, che ha al suo interno una logica suicida sia in senso figurato sia diretto.

La Chiesa, come possiamo vedere nei numerosi esempi storici, ha dovuto proteggere il concetto di famiglia praticamente dal primo giorno della sua esistenza. Peraltro la difesa della famiglia si sviluppava in due direzioni opposte.  Da una parte bisognava lottare contro la predicazione dell’astinenza totale obbligatoria che condannava la vicinanza fisica dei coniugi e considerava peccaminoso e offensivo anche la messa al mondo dei bambini. Dall’altra, si trattava di opporsi – il che non era facile – a chi predicava il permissivismo sessuale e, di conseguenza, la contrarietà categorica al monachesimo. Il risultato di questa battaglia è stato che la Chiesa ha condannato queste due posizioni estreme come eresie e ha confermato sia il matrimonio sia il monachesimo come fondamenti eterni e necessari della società cristiana. Va notato, tuttavia, che le eresie scaturite da una comprensione errata della vita matrimoniale continuano a tentare di infliltrarsi nella coscienza religiosa, ma questo è un grande tema da trattare separatamente.

Molti Santi Padri hanno parlato della santità del matrimonio. Molti Padri hanno detto cose analoghe sul monachesimo. Lo scopo principale del matrimonio e del monachesimo è la castità. Nella lingua russa la parola castità è formata da due radici: Integrità e saggezza. Dunque una saggezza integrale che si oppone a qualsiasi isolamento e allontanamento dell’uomo da Dio, dal prossimo, dal mondo, da se stesso. Il matrimonio e il monachesimo sono due percorsi diversi ma analogamente rispettabili, nessuno dei due può essere considerato superiore all’altro (si vedano le disposizioni del Concilio di Gangre, X), entrambi si ritrovano nell’obiettivo comune della salvezza. Ogni divisione è in un certo senso qualcosa di antiecclesiale, perché la Chiesa è Ecclesia, cioè Assemblea. Pertanto sia il matrimonio sia il monachesimo sono modi di integrazione nell’Unico Corpo di Cristo.

Noi tutti formiamo un’unica famiglia cristiana, e tutta la nostra Grande Chiesa è composta di piccole famiglie, siano esse chiese domestiche o comunità monastiche.

Vale la pena ricordare una cosa semplice ma importante: il tema della famiglia è però molto più ampio del tema del matrimonio. Non solo i coniugi formano la famiglia. Anche le comunità monastiche e parrocchiali vanno chiamate famiglie, così come altre forme di aggregazione i cui membri siano accomunati da interessi vitali comuni.

Quando un cristiana e una cristiana di sposano e la loro intenzione comune è di vivere insieme tutta la vita, sostenendosi a vicenda, essi spiritualizzano la fede in Dio. Solo questa fede può purificare, benedire e rafforzare la personalità nella famiglia cristiana. Così la famiglia diventa uno strumento di azione della Provvidenza divina, il cui scopo principale è la perfezione e la beatitudine eterna dei coniugi. Nella lingua delle Sacre Scritture questa condizione di chiama Salvezza. Proprio a questo allude l’apostolo Paolo quando afferma: “E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie?” (1Cor 7, 16). Dunque la famiglia cristiana non è solo un’istituzione per regolare gli istinti naturali dell’uomo. Non è solo la “cellula della società”, creata per le necessità dell’opinione pubblica o per interessi economici. Il suo scopo principale è la salvezza, intesa come unità con Cristo.

La riflessione sul tema della famiglia spesso riguarda solo le relazioni tra i coniugi, la nascita e l’educazione dei nuovi bambini. Fra l’altro, di fatto, non si dice nulla sui genitori dei coniugi, ad eccezione di una sola cosa: i coniugi devono lasciare il padre e la madre per unirsi e diventare una sola carne (si veda Genesi 2, 24). Su questo punto ci si potrebbe fare l’errata impressione che la nuova famiglia si crea attraverso la distruzione di quella vecchia dei genitori. Ma non è così. Come è stato già detto il matrimonio e la famiglia non sono la stessa cosa. La famiglia (o la stirpe), grazie al nuovo matrimonio, diventa un tramite per accrescere in essa il numero di membri e per unire le famiglie.

Ecco perché il matrimonio non offre motivi per allontanare i genitori dalla vita dei figli diventati indipendenti. I genitori sono a tutti gli effetti membri della famiglia, anche se non vivono con i figli che si sono sposati.

Dobbiamo fermarci a riflettere con quali occhi guardiamo al Quinto Comandamento e come lo mettiamo in pratica.

Oggi l’idea cristiana di santità del rapporto matrimoniale sta assumendo un inasprimento polemico nella quotidiana propaganda della corruzione morale. Noi esprimiamo preoccupazione e dolore guardando alla crisi demografica, agli aborti e alle tecnologie riproduttive dubbie dal punto di vista morale. Tutto ciò che è legato al sesso, alla nascita dei bambini e all’educazione lo consideriamo in primo luogo come legato ai fini e ai compiti della famiglia. Il tema del rispetto dei genitori, in tale contesto, si articola soprattutto per quanto concerne i doveri dei figli che si trovano affidati alle cure dei genitori.

Per molti versi il quinto comandamento diviene motivo di contrizione per i bambini e sbiadisce nella coscienza degli adulti. Come risultato, la cura degli anziani è stata data in appalto ai rispettivi servizi sociali e sanitari, e questo è un fatto relativamente positivo quando c’è una struttura sociale sviluppata nella quale, per inciso, rientrano anche i servizi della Chiesa.

Gli estremi a volte ci attraggono. Guardiamo anche come vengono affrontate  nelle Chiese le attività missionarie: si parla molto di lavoro con i giovani e delle tecniche e delle competenze che dovrebbe avere un sacerdote per lavorare con i giovani. L’intera categoria che potremmo definire, invece, "gli anziani", viene considerata poco. Si diffonde l'impressione che il problema della vecchiaia non esista. Perché?

Che cosa ci aspettiamo? Il fatto che tutti gli anziani divengano nostri parrocchiani a seguito di qualche causa naturale? Ma questo è un autoinganno! Gli anziani sono una fascia di età particolare con cui occorre lavorare, e lavorare in modo appropriato! Il valore della anima umana non si misura con l'età di una persona, così la nostra indifferenza al problema degli anziani, e la polarizzazione unilaterale verso programmi per i giovani non può essere giustificata in alcun modo.

Alla conferenza dello scorso anno a Roma, abbiamo detto che la vecchiaia esige non solo protezione in campo sociale, psicologico e medico - ma ha bisogno di una giustificazione teologica. Questo si riferisce non solo a un caso particolare di teodicea, per spiegare la sofferenza personale in questo mondo all’interno del progetto divino (anche se questo è un tema molto attuale), ma sul perché per l'uomo e per l’umanità esiste la vecchiaia, perché nelle famiglie esistono gli anziani, e perché di essi non ci si può sbarazzare come ci si libera di un vecchio televisore bianco e nero. 

Nei libri e nei film moderni viene instillata l’idea della resistenza alla volontà del genitore; spesso i genitori del protagonista (o anche gli anziani di età o di grado) hanno una caratterizzazione negativa, e la trama principale consiste nell’una o nell’altra forma di lotta con loro, con una grandezza e un orgoglio che il protagonista racchiude nella contrapposizione e nella protesta. Pertanto l’affermazione della famiglia come valore si pone in parallelo alla lotta contro l'idea del rispetto per gli anziani.

D’altro canto, gli stessi genitori con tutto il loro stile di vita testimoniano ai figli l’estraneità dai loro stessi genitori - e questo problema dovrebbe suscitare  la nostra più grande preoccupazione. I nostri figli non apprendono ciò che noi stessi non diamo loro con l’esempio personale. Come risultato oggi in Europa si registra un crescente numero di case per anziani e di persone che le abitano.

 Per paradossale che possa sembrare, l’incremento di tali strutture viene di solito considerato come un progresso. Naturalmente, da un certo punto di vista è una conquista. Ma si può ritenere progresso il continuo aumento della domanda di case di cura, in particolare considerando il fatto che molti anziani ci muoiono, quando hanno figli e nipoti e sono in condizione relativamente accettabili per vivere insieme in salute? Io credo di no. 

L'apostolo Paolo, nelle sue epistole, chiama “familiari” alcuni dei suoi collaboratori, come Aquila e Priscilla: “Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca, con la comunità che si raduna nella loro casa” (1 Cor 16.: 19). Allo stesso modo sono citati per nome gli amici e i parenti di Filemone: “al carissimo Filèmone, nostro collaboratore, alla sorella Apfìa, ad Archippo nostro compagno nella lotta per la fede e alla comunità che si raduna nella tua casa” (Fm. 2). La chiesa domestica  non è solo marito, moglie e figli. Pertanto, bisogna vedere il problema della vecchiaia, anche da un punto di vista ecclesiologico. Gli anziani sono dei rappresentanti della chiesa domestica e portatori di uno specifico ministero.

 Ad esempio, nel Prologo del 9 agosto è scritto "La benedizione del padre consolida la casa dei figli, e la preghiera della madre salva dai disastri. " Anlaoghi insegnamenti sono interamente e pienamente in linea con il già citato Quinto Comandamento di Dio: “Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà” (Es 20, 12). Le prospettive personali dell’uomo, come vediamo, sono poste in questo comandamento in diretta dipendenza con il rispetto per i genitori. Lo spirito e la lettera della Scrittura non permettono di porci il problema della "longevità", sotto la quale si racchiude ogni bene (spirituale e fisico), al di fuori della famiglia-Chiesa, della famiglia-comunità.

Il valore della genitorialità non può essere considerato solo  in senso utilitaristico e biologico. Padre e madre non sono solo i riproduttori e i nutritori,   quelli che, con l’acquisto dell’indipendenza economica e sociale dei figli perdono il proprio significato. Nonostante il fatto che i genitori abbiano allevato gli eredi, gli abbiano dato una educazione, abbiano costruito la loro personale famiglia, devono ancora partecipare come prima al "consolidamento della casa" e alla "salvezza dalle malattie" dei loro figli.

L'idea di anzianità in senso spirituale e la comprensione del suo ruolo accomuna due cammini di conseguimento della castità, dei quale si è ricordato, quando si trattava degli obiettivi del matrimonio e del monachesimo. Sappiamo quale è la soluzione del problema della vecchiaia secondo il monachesimo. Qui si potrebbe parlare a lungo in merito al fenomeno dell’anzianità in senso spirituale. Gli ideali della vita monastica e la vita monastica stessa sono strettamente legati all’immagine dello starets, l’anziano monaco intorno al quale si riuniscono i monaci novizi. Ma l’anzianità spirituale può esistere nel mondo - e per questo è molto apprezzata nella Chiesa. E nel mondo, intorno agli anziani che hanno conseguito una certa saggezza ed esperienza, si sono sempre sempre riuniti  molti giovani in cerca di una guida spirituale. Non a caso nella Chiesa Russa nella nostra epoca sono stati canonizzati molti anziani e donne anziane che formalmente non avevano nessun legame con la vita monastica ed il clero, ma capaci di costruire intorno a sè una intensa vita spirituale. Ad esempio, in Bielorussia è stata recentemente canonizzata Valentina di Minsk - santa donna starets, che tra l'altro, da sola, invalida, è stata un notevole esempio di sacrificio nel servizio della cura di sua madre, insieme con la lotta per l’aiuto spirituale ai contemporanei durante le persecuzioni contro la Chiesa.

Ci sono molte definizioni di religione. Vorrei ora esporre una delle mie preferite - appartiene a John Bowker ed è molto adatta a noi "La religione è il più antico sistema culturale con l’aiuto del quale l'umanità giustifica la necessità di riprodurre ed educare i bambini” Con il vostro permesso, la completerei con  questo: la religione - è anche quella cosa con cui giustificare la vecchiaia, quel significato con cui metabolizzare la vecchiaia.

L’approccio alla vecchiaia non è solo l'etica dell’abbassamento verso ciò che è infermo e debole. Non è solo tenersi pronti per un certo tipo di sacrificio e di pazienza. E’rispetto cio che è grande e significativo. E’questa disponibilità ad accettare i doni di grazia, che ci sono resi disponibili nel servizio degli anziani. Noi pensiamo di manifestare sacrificio e abnegazione, quando serviamo gli anziani, ma, ahimè, a volte dimentichiamo che è  il Signore che ci mostra la Sua misericordia verso di noi, dandoci la possibilità di essere coinvolti in molti benefici spirituali. La vecchiaia è proprio quella debolezza attraverso la quale si realizza la potenza di Dio (cfr 2 Cor 12.7).

La secolarizzazione, e con lei la disumanizzazione della società, ha fra i suoi passi la desacralizzazione della vecchiaia, che a sua volta ha un impatto negativo sulla istituzione della famiglia e del matrimonio. Il basso livello dell'aspettativa di vita, la deprimente statistica dei divorzi, la criminalità giovanile: tutto questo, credo, è la realizzazione triste di quei terribili avvertimenti sulle conseguenze della trascuratezza nei confronti degli anziani che ci rivolgono le Scritture.

Prendersi cura della vecchiaia, da un lato, e l'apertura alla assistenza degli anziani dall'altro - è tanto parte integrante dell'idea di famiglia, così come l'idea dell'amore, della generazione dei figli e dell’educazione. L’Eterno Signore che apparve a Daniele era a immagine del Vegliardo (Daniele 7, 9), e nell'Apocalisse ventiquattro anziani rappresentano le persone intorno a Dio, e cantano in eterno gloria a Lui (Apocalisse 4: 4, 5, 14). Davanti a noi oggi c’è un arduo compito: ristabilire il valore della vecchiaia davanti al mondo, mostrare che il problema della vecchiaia non può essere ridotto solo all’alleviamento del dolore e della sofferenza. Il compito della Chiesa è di aiutare a intravedere nella vecchiaia il simbolo dell'eternità.

E’categoricamente sbagliato considerare il problema della vecchiaia al di fuori del contesto delle relazioni familiari e, in particolare, al di fuori degli aspetti  soteriologici ed ecclesiologici. E ancora di più è sbagliato non considerarlo per niente.