11 Settembre 2012 09:30 | Dom Armie Kino Hall

Le minoranze in India



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Homi Dhalla

Zoroatrismo, India
 biografia

In molte parti dell’Asia le minoranze etniche devono affrontare una nuova sfida, quella della globalizzazione. Oltre alle sfide politiche, culturali ed economiche del mondo moderno con cui si devono confrontare, la globalizzazione porta con sé i problemi dei popoli, delle malattie contagiose, della disoccupazione e dell’ambiente.

Una dimensione della globalizzazione a cui è stata data da alcuni poca importanza è il problema della cooperazione e del confronto tra le diverse minoranze etniche. Negli anni alcuni gruppi, che si sentono messi ai margini, come gli indigeni o gli immigrati, hanno portato avanti le loro richieste di diritti e di uguaglianza. Queste richieste possono prendere la forma di diritti linguistici o politici e di conseguenza creare tensioni con la popolazione locale.

Il 20 giugno 2011 l’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha affermato che solo nello scorso anno 43,7 milioni di persone nel mondo sono state allontanate con la forza dalle loro case, a causa di conflitti o di persecuzioni. Questo è stato il numero più alto in 15 anni. L’80% di questi rifugiati ha trovato accoglienza nei paesi più poveri del mondo, e l’agenzia ha messo inoltre in guardia sul fatto che questi paesi non possono continuare ad assumersi tale responsabilità da soli.

L’India, che viene indicata come ‘il crogiolo della diversità culturale’ è anche all’undicesimo posto nel mondo per il grandissimo numero di  ‘sfollati interni’ (IDP), ossia di coloro costretti ad emigrare per paura di persecuzioni religiose, etniche o di altro tipo in situazioni di conflitto. L’India e la Turchia sono gli unici paesi ‘stabili’ in un elenco di 12 nazioni che sono state testimoni di emigrazioni forzate di un milione o più di persone.

Queste statistiche provengono dal database dell’IDP creato dal Consiglio Norvegese per i Rifugiati (NRC).  Questo database, che è stato creato su richiesta dell’ONU, è  organizzato dal Centro di Monitoraggio sugli Sfollati interni (IDMC) che ha sede a Ginevra ed è l’unica agenzia che fornisce cifre globali sull’IDP.  (Thakur Atul: “L’India è all’undicesimo posto per i rifugiati domestici”, The Times of India, Mumbai, 27 agosto 2012).

Lo scenario indiano
L’India è il paese dove sono nate quattro tra le grandi religioni mondiali: l’induismo, il giainismo, il buddismo e il sikhismo, e dove altre quattro sono arrivate dall’Asia occidentale e ci fioriscono da secoli: l’ebraismo, il zoroastrismo, il cristianesimo e l’Islam. Ne consegue che l’India è da secoli una società multireligiosa, multiculturale e multilingue. E’ un mosaico bellissimo costituito da gente diversa, con un ampio spettro di speranze, di sogni e di aspirazioni.

Questo multiculturalismo prevale in India da secoli ed è la celebrazione delle religioni e non la loro negazione. Il multiculturalismo in India trasmette il concetto di una coesistenza cordiale tra gente di religione diversa. Va a credito dell’India il fatto che, nei secoli, abbiamo raggiunto un certo grado di tolleranza. L’India era conosciuta come una terra di tolleranza, dove tutti potevano vivere la propria vita e questo era noto alle culture vicine.
Di conseguenza, quando gli zoroastriani della Persia si resero conto che la loro religione era minacciata, essi trovarono rifugio in India. Per secoli la comunità maggioritaria, gli indù, non hanno mai interferito o minacciato gli zoroastriani, e questi ultimi saranno sempre grati di ciò.
E ancora, dodici secoli dopo, quando anche la cultura e la religione dei tibetani furono attaccate, costoro si rivolsero all’India, che li accolse. E’ questo spirito che ha permesso ad ogni religione e cultura di fiorire nell’India multiculturale.

Il dottor Rajendra Prasad, il primo presidente dell’India, ha garantito alle minoranze del paese che avrebbero ricevuto un trattamento giusto: “costoro godranno di tutti i diritti e dei privilegi della cittadinanza e ci si aspetterà da loro, in cambio, che professino lealtà al paese in cui vivono e alla sua costituzione…ci stiamo imbarcando in un grande compito e faremo del nostro meglio per adempierlo”.

Con lo stesso spirito Pandit Jawaharlal Nehru, il primo Primo ministro dell’India, ha dichiarato che “Il servizio dell’India significa il servizio a milioni che soffrono. L’ambizione dell’uomo più grande della nostra generazione è stata quella di asciugare ogni lacrima da ciascun occhio. Questo potrebbe essere alle nostre spalle. Ma fino a quando ci saranno lacrime e sofferenza il nostro lavoro non sarà finito”.
In molte parti dell’Asia le minoranze etniche devono affrontare una nuova sfida, quella della globalizzazione. Oltre alle sfide politiche, culturali ed economiche del mondo moderno con cui si devono confrontare, la globalizzazione porta con sé i problemi dei popoli, delle malattie contagiose, della disoccupazione e dell’ambiente.

Una dimensione della globalizzazione a cui è stata data da alcuni poca importanza è il problema della cooperazione e del confronto tra le diverse minoranze etniche. Negli anni alcuni gruppi, che si sentono messi ai margini, come gli indigeni o gli immigrati, hanno portato avanti le loro richieste di diritti e di uguaglianza. Queste richieste possono prendere la forma di diritti linguistici o politici e di conseguenza creare tensioni con la popolazione locale.

Il 20 giugno 2011 l’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha affermato che solo nello scorso anno 43,7 milioni di persone nel mondo sono state allontanate con la forza dalle loro case, a causa di conflitti o di persecuzioni. Questo è stato il numero più alto in 15 anni. L’80% di questi rifugiati ha trovato accoglienza nei paesi più poveri del mondo, e l’agenzia ha messo inoltre in guardia sul fatto che questi paesi non possono continuare ad assumersi tale responsabilità da soli.

L’India, che viene indicata come ‘il crogiolo della diversità culturale’ è anche all’undicesimo posto nel mondo per il grandissimo numero di  ‘sfollati interni’ (IDP), ossia di coloro costretti ad emigrare per paura di persecuzioni religiose, etniche o di altro tipo in situazioni di conflitto. L’India e la Turchia sono gli unici paesi ‘stabili’ in un elenco di 12 nazioni che sono state testimoni di emigrazioni forzate di un milione o più di persone.

Queste statistiche provengono dal database dell’IDP creato dal Consiglio Norvegese per i Rifugiati (NRC).  Questo database, che è stato creato su richiesta dell’ONU, è  organizzato dal Centro di Monitoraggio sugli Sfollati interni (IDMC) che ha sede a Ginevra ed è l’unica agenzia che fornisce cifre globali sull’IDP.  (Thakur Atul: “L’India è all’undicesimo posto per i rifugiati domestici”, The Times of India, Mumbai, 27 agosto 2012).


Lo scenario indiano
L’India è il paese dove sono nate quattro tra le grandi religioni mondiali: l’induismo, il giainismo, il buddismo e il sikhismo, e dove altre quattro sono arrivate dall’Asia occidentale e ci fioriscono da secoli: l’ebraismo, il zoroastrismo, il cristianesimo e l’Islam. Ne consegue che l’India è da secoli una società multireligiosa, multiculturale e multilingue. E’ un mosaico bellissimo costituito da gente diversa, con un ampio spettro di speranze, di sogni e di aspirazioni.

Questo multiculturalismo prevale in India da secoli ed è la celebrazione delle religioni e non la loro negazione. Il multiculturalismo in India trasmette il concetto di una coesistenza cordiale tra gente di religione diversa. Va a credito dell’India il fatto che, nei secoli, abbiamo raggiunto un certo grado di tolleranza. L’India era conosciuta come una terra di tolleranza, dove tutti potevano vivere la propria vita e questo era noto alle culture vicine.

 

Di conseguenza, quando gli zoroastriani della Persia si resero conto che la loro religione era minacciata, essi trovarono rifugio in India. Per secoli la comunità maggioritaria, gli indù, non hanno mai interferito o minacciato gli zoroastriani, e questi ultimi saranno sempre grati di ciò.
E ancora, dodici secoli dopo, quando anche la cultura e la religione dei tibetani furono attaccate, costoro si rivolsero all’India, che li accolse. E’ questo spirito che ha permesso ad ogni religione e cultura di fiorire nell’India multiculturale.

Il dottor Rajendra Prasad, il primo presidente dell’India, ha garantito alle minoranze del paese che avrebbero ricevuto un trattamento giusto: “costoro godranno di tutti i diritti e dei privilegi della cittadinanza e ci si aspetterà da loro, in cambio, che professino lealtà al paese in cui vivono e alla sua costituzione…ci stiamo imbarcando in un grande compito e faremo del nostro meglio per adempierlo”.

Con lo stesso spirito Pandit Jawaharlal Nehru, il primo Primo ministro dell’India, ha dichiarato che “Il servizio dell’India significa il servizio a milioni che soffrono. L’ambizione dell’uomo più grande della nostra generazione è stata quella di asciugare ogni lacrima da ciascun occhio. Questo potrebbe essere alle nostre spalle. Ma fino a quando ci saranno lacrime e sofferenza il nostro lavoro non sarà finito”.

La Commissione nazionale per le minoranze

Nonostante le tutele fornite dalla Costituzione e dalle leggi in vigore, continua a persistere tra certi membri delle minoranza un sentimento di disuguaglianza e di discriminazione.
Per poter conservare tradizioni di secoli e per promuovere l’integrazione nazionale il governo dell’India dà la massima importanza all’applicazione delle tutele per le minoranze. Il governo è inoltre fermamente convinto che siano necessarie  con urgenza efficaci misure istituzionali per l’applicazione e l’implementazione di tutte le tutele per le minoranze presenti nella costituzione, nelle leggi centrali e statali e nelle politiche governative e nei piani amministrativi  che vengono proclamate di volta in volta.


Il governo dell’India ha quindi deciso di istituire una commissione per le minoranze per proteggere gli interessi di queste, siano esse religiose o linguistiche. La Commissione Nazionale per le Minoranze è stata istituita il 24 febbraio 1978 allora con il nome di “Commissione per le Minoranze”.  Operò su una ‘base non regolamentata’ fino al 17 maggio 1992 quando il parlamento approvò la Legge per la Commissione Nazionale per le Minoranze. La prima commissione su basi giuridiche fu istituita il 5 luglio 1993.

Nel 1978 il governo ha emesso alcune notifiche e regole ecc. che insieme hanno costituito la legge che governa la Commissione. Dopo il 1993 sono state composte un certo numero di leggi su base giuridica ed emesse altre importanti notifiche e regole da parte del governo centrale. In base ai suoi poteri giuridici la Commissione ha anche formulato ed adottato alcune leggi e regolamenti. Tutti questi insieme, adesso, costituiscono le leggi della Commissione che ne regolano il funzionamento.

L’elenco delle Regole e Regolamenti della Commissione Nazionale per le Minoranze è stato stampato per la prima volta nel 1998. Dopo un vuoto di 12 anni viene ora ristampato dopo aggiornamenti e modifiche.

Compiti della Commissione
La Commissione adempirà a tutti e ciascuno di questi compiti:
•    Valutare il progresso dello sviluppo delle minoranze nell’Unione e negli stati.
•    Monitorare come funzionano le tutele presenti nella Costituzione e le leggi emesse dal Parlamento e dai governi statali.
•    Dare raccomandazioni per l’efficace implementazione delle tutele per la protezione degli interessi delle minoranze da parte del governo centrale o dei governi statali.
•    Esaminare lamentele specifiche riguardo la privazione di diritti o di tutele delle minoranze e portare avanti questi casi con le autorità di competenza.
•    Fare in modo che si facciano studi sui problemi che possono derivare da discriminazioni contro le minoranze e raccomandare misure affinché siano risolti.
•    Condurre studi, ricerche ed analisi sulle questioni che riguardino lo sviluppo socio-economico ed educativo delle minoranze.
•    Suggerire misure adeguate rispetto a qualsiasi minoranza che siano adottate dal governo centrale o dai governi statali.
•    Fare relazioni periodiche o in occasioni speciali al governo centrale per ogni questione che riguardi le minoranze, in particolare le difficoltà che queste devono affrontare.
•    Qualsiasi altra questione di cui il governo centrale pensa che la Commissione si debba fare carico.


Il comitato del giudice Sachar
Negli anni sono stati condotti molti studi riguardo le diverse comunità minoritarie, le relative relazioni sono state pubblicate e le raccomandazioni messe in pratica in modo molto ampio. Uno studio molto importante relativo alla comunità musulmana in India è stato fatto dal comitato per la giustizia Sachar.

Nel marzo 2005 il primo ministro, il dottor Manmohan Singh, nominò un comitato di alto livello per preparare una relazione sullo status sociale, economico ed educativo dei musulmani dell’India. Il comitato, costituito da sette membri, era guidato dal giudice in pensione Rajinder Sachar e presentò la sua relazione al primo ministro nel novembre 2006.

Questa relazione è un documento di grande valore riguardo la comunità musulmana, che è la comunità minoritaria più grande dell’India. I risultati del Comitato Sachar si riferiscono a come i musulmani vengono percepiti e considerati pubblicamente, la loro popolazione, le condizioni di salute e dell’istruzione. La relazione tratta del loro status economico e lavorativo, oltre dei loro livelli di povertà e standard di vita. Oltre a questo la relazione si concentra su come essi siano impiegati in servizi del governo e in programmi pensati per il loro miglioramento. Questo comitato ha dato un certo numero di raccomandazioni al governo dell’India.

La Commissione del giudice Ranganath Mishra 
Questa commissione era presieduta dall’ex capo di giustizia dell’India, il giudice Ranganath Mishra. La Commissione ha presentato la relazione al governo dell’India il 21 maggio 2007.  Essa ha identificato i criteri per le classi socialmente ed economicamente arretrate tra le minoranze religiose e linguistiche dell’India. Ha fatto diverse raccomandazioni relative alle minoranze religiose in India.

Come la violenza etnica continua nell’Assam
Il conflitto etnico in Assam, come in altre parte del Nord-Est dell’India, dura da alcuni decenni, ma è aumentato di intensità dalla fine degli anni ’70. Un movimento estremamente violento che mira a cacciare tutti gli “stranieri”, ma che, in realtà, ha come obiettivo tutti i non-assamesi, ha tenuto in scacco lo stato dal 1979 al 1985. Uno dei fattori che ha fornito un sostegno di popolo a questo movimento è stato il grande flusso immigratorio proveniente dal Bangladesh, specialmente dopo il 1971. La popolazione musulmana dell’Assam aumentò del 77% tra il 1971 e il 1991, mentre, nello stesso periodo, la popolazione Hindu aumentò del 42%. Durante il corso degli anni, si sono verificati diversi scontri tra i musulmani e la popolazione autoctona Bodo, nonostante i vari accordi. Il movimento più importante richiede uno stato indipendente del Bodoland. Il capo del movimento di ribellione in Assam è Hagrama Mohilary, il quale chiede che tutti gli immigrati clandestini lascino l’Assam.
Negli ultimi mesi ancora una volta si sono verificati degli scontri gravi tra le tribù Bodo e i migranti musulmani del Bangladesh in alcune zone dell’Assam. Ciò ha causato la morte di 80 persone e ha trasformato in senzatetto 400.000 persone. Di conseguenza, la gente degli stati del Nord-Est che lavorava in varie parti dell’India è stata minacciata. Il risultato è stato una migrazione di massa di questa gente del Nord-Est verso le loro regioni d’origine in cerca di sicurezza. L’India è impegnata in una lotta interna che vede minacciata la sua unità.
L’11 Agosto 2012 delle azioni di disturbo pianificate da un piccolo gruppo di fondamentalisti musulmani si sono verificate a Mumbai, causando distruzione e l’incendio di veicoli. La polizia è riuscita a salvare Mumbai da scontri diffusi e violenti.
In questo contesto, è pertinente sottolineare che si sono verificati altri episodi di diaspore interne in India. Per esempio quella degli stati del Nord-Est, quella dei Pandit del Kashmir, quella causata dalla violenza dei Naxal, e quella avvenuta per la violenza nel Gujarat.

L’India da’ asilo alle famiglie Hindu provenienti dal Pakistan

La politica indiana della concessione dell’asilo si basa su due diritti fondamentali della Costituzione, gli articoli 14 e 21. Tali norme danno a tutti i residenti in India il diritto alla vita, all’uguaglianza e alla giustizia. I rifugiati ed i richiedenti asilo in India possono beneficiare dell’istruzione pubblica, dell’assistenza sanitaria pubblica, possono praticare la loro religione ed anche lavorare in proprio.
Gli Hindu costituiscono il 2,5% di una popolazione Pakistana di 174 milioni di persone; il 90% di essi vive nel Sindh. Nell’agosto del 2012 i problemi degli Hindu che vivono in Pakistan sono tornati alla ribalta quando una ragazza di 14 anni, Manisha Kumari, è stata rapita, costretta a convertirsi all’Islam e data in sposa. In seguito a ciò, 250 Hindu  hanno attraversato il confine per chiedere asilo in India. Essi sostenevano di aver subito vessazioni da parte di alcuni gruppi islamici e si sono lamentati dell’uso delle leggi sulla blasfemia fatto da alcuni intransigenti per attaccare gli Hindu e i cristiani. Questo argomento ha attirato l’attenzione internazionale da quando il governatore del Punjab, Salman Taseer, è stato assassinato per aver difeso una donna cristiana condannata a morte con l’accusa di aver insultato l’Islam. Oltre a questo, l’assassinio del Ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, un Cristiano, ha rimesso al centro la causa delle minoranze.
Queste emigrazioni hanno imbarazzato il Pakistan. Durante il suo discorso nel giorno dell’Indipendenza, il 14 agosto 2012, il capo delle forze armate pakistane, il Generale Ashfaq Kayani, ha fatto un riferimento preciso alla sicurezza delle minoranze. Senza riferirsi specificamente agli Hindu, Kayani ha affermato che le minoranze in Pakistan dovrebbero essere libere di vivere, lavorare e praticare la loro religione liberamente. La causa degli Hindu in Pakistan è stata sostenuta nel Parlamento Indiano dal leader del partito del Popolo Indiano (BJP) Rajnath Singh, il quale ha sottolineato con forza le violazioni dei diritti umani e religiosi che gli Hindu subiscono in Pakistan.

Il trattamento equo delle minoranze in India
Nell’esercizio dei poteri conferiti dal comma (c) della sezione 2 della legge della Commissione Nazionale per le Minoranze del 1992 (19 del 1992), il Governo centrale classifica come minoranze i musulmani, i cristiani, i sikh, i buddisti e i zoroastriani (Parsi).
Il 15 agosto 2012, quando l’India ha festeggiato il suo giorno dell’Indipendenza, le osservazioni di Sarosh Kapadia, il capo della Corte Suprema indiana, sono state pertinenti. Egli ha affermato che “l’India è l’unico paese dove un membro di una minoranza quale quella Parsi con 1.670.000 persone, cui appartengo, può aspirare ad ottenere l’incarico di capo della Corte Suprema. Ciò non avviene nei paesi a noi confinanti. Io sono orgoglioso di essere un indiano. Così realizziamo i valori degli ideali e dei principi costituzionali”.
A questo riguardo, sarebbe opportuno ricordare che, nonostante la comunità Parsi sia minuscola in una popolazione di 1,2 miliardi di persone, i suoi membri hanno ricoperto gli incarichi di maggior rilievo nelle forze armate e in molti altri ambiti del Governo indiano. Il nostro attuale Primo Ministro, il Dr. Manmohan Singh, un Sikh, appartiene anch’egli ad una minoranza. Pochi anni fa, l’incarico più alto, quello di Presidente dell’India, è stato ricoperto dal Dr. A.P.J. Abdul Kalam, della comunità musulmana.

Sarajevo, Bosnia, 8-12 settembre 2012