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Joan

Orthodoxer Metropolit, Albanien
 biografie
I
 
Le statistiche che riguardano la povertà esistente oggi nel mondo ci offrono un panorama tetro. Circa metà della popolazione mondiale –più di tre miliardi di persone- vive con meno di 2,5 dollari al giorno mentre 1,3 miliardi di uomini vivono in condizioni di estrema povertà. Quasi 1 miliardo di bambini vive nella povertà e, secondo l’UNICEF, 22.000 di loro muoiono ogni giorno a causa della povertà. Allo stesso modo, 805 milioni di persone in tutto il mondo non hanno cibo a sufficienza per vivere. Circa 842.000 persone muoiono in un anno dalla mancanza di acqua potabile, vale a dire, 2300 persone al giorno. Nel 2011 più di 165 milioni di bambini non avevano avuto una crescita corretta, come conseguenza della  malnutrizione cronica. Il fossato tra poveri e ricchi viene continuamente allargandosi. Si tratta di una visione davvero dolorosa e vergognosa per  l’umanità, in un tempo in cui le capacità alimentari che vengono sprecate sarebbero sufficienti per nutrire tutti. Tutto ciò porta all’inevitabile domanda sul ruolo della Chiesa nell’alleviamento della povertà, come anche sulle responsabilità individuali ed istituzionali nell’affrontare tali problemi. Se al posto delle cifre che riguardano questi milioni di persone che vivono nella miseria e nella povertà mettessimo i loro volti, apparirebbe più chiaro che un aspetto essenziale della missione della Chiesa di Cristo nel mondo è il tentativo, per mezzo di azioni concrete e della preghiera, di sradicare la povertà, la miseria e l’ingiustizia.
 
Senza dubbio, tutte le religioni hanno avuto storicamente quale priorità  l’aiuto a favore dei poveri e dei bisognosi, come parte della loro specifica fede. Esse hanno sempre sollecitato ed hanno sottolineato la responsabilità personale che tutti noi abbiamo nell’aiutare i nostri fratelli che vivono nella povertà. Davanti ad una tale realtà, le religioni non possono restare indifferenti ed apatiche. Anzi, non è abbastanza mettere unicamente in evidenza e denunciare questa realtà. Occorre un’azione  influente e continua, sul piano individuale, come anche su quello locale e globale. La storia del ricco e del povero Lazzaro è significativa. Il ricco non venne condannato perché era ricco ma per il modo in cui egli usò della sua ricchezza, o meglio, ne abusò. Egli fu condannato proprio perché era rimasto indifferente ed indolente verso le sofferenze di Lazzaro. L’uomo è stato creato non come un individuo ma come una persona che vive in una comunità, cioè, come un individuo che ha legami con altre persone. Egli non può realizzare lo scopo della sua vita in modo isolato ed in solitudine. Unus Christianus Nullus Christianus – scriveva Tertulliano. Essendo, dunque, esseri comunitari, siamo legati gli uni agli altri e le nostre vite non possono essere divise, perché una vita egocentrica distrugge sia sé stessa sia gli altri. Dunque, per ogni cristiano è fondamentale che durante tutta la sua vita egli pensi, viva ed agisca non soltanto per sé stesso ma per tutti gli uomini. Perché soltanto aiutando gli altri noi possiamo davvero aiutare noi stessi. Dal nostro prossimo –diceva Sant’Antonio il Grande- passano la nostra vita e la nostra morte, il che  significa che noi perfezioniamo il nostro essere nelle relazioni e nei rapporti che stabiliamo con gli altri, soprattutto con coloro che sono nel bisogno. Anzi, i criteri del nostro giudizio, secondo la parabola raccontata da Cristo sul giudizio finale, sono proprio l’amore e la compassione verso tutti, soprattutto verso coloro che sono poveri, bisognosi, malati, soli ed emarginati. 
 
II
 
Fin dai suoi inizi, la Chiesa antica era totalmente assorbita nella cura dei poveri. Il rapporto del cristianesimo con i poveri è un rapporto particolare. Esso è una relazione personale, intendendo l’aiuto e la cura verso coloro che sono nel bisogno come un indicatore di amore e di compassione, un indicatore della stessa fede. Negli Atti degli Apostoli  abbiamo la testimonianza sia del servizio svolto dalla Chiesa di Gerusalemme per i poveri, sia dell’aiuto ad essa inviato da parte delle chiese dell’Asia Minore e della Macedonia, come un esempio della cura per i bisognosi all’interno della comunità cristiana. Tuttavia, i cristiani non si curano soltanto dei loro poveri. Essi servono i malati, danno da mangiare agli affamati, vestono gli ignudi, siano essi cristiani oppure no. L’imperatore Giuliano l’Apostata si lamentava: “Questi galilei infedeli danno da mangiare non solo ai loro poveri ma anche ai nostri”. La Chiesa non ha mai abbandonato questa missione, sebbene, come in  ogni cosa della storia umana, essa abbia attraversato alti e bassi.
 
In uno dei testi più antichi della Chiesa, la Didaché, ai cristiani veniva ordinato di dividere con gli altri tutto ciò che possedevano: “Se voi avete in comune tutto ciò che è eterno, tanto più dovete avere ciò che è passeggero”. San Gregorio il Teologo inizia il suo discorso “Sull’amore per i poveri” approfondendo le differenti virtù cristiane; e conclude che al di sopra di tutte le virtù, occorre vedere l’amore, come il primo e il più alto dei comandamenti, poiché esso riassume la Legge ed i profeti. San Gregorio trovava la sua parte più vitale nell’amore per i poveri, come anche nella misericordia verso la gente. San Giovanni Crisostomo nota che: “La regola più preziosa della vita cristiana è cercare quelle cose che fanno parte del bene comune…perché nulla può realizzare un imitatore del Cristo se non la cura per il suo prossimo”.  
 
Tutti i padri della chiesa hanno scritto e predicato dell’importanza dell’aiuto verso chi è nel bisogno. La loro Morale e la loro Etica si sostenevano nella teologia e nella rivelazione. L’uomo è stato creato ad immagine di Dio e ogni uomo, chiunque egli sia, deve essere rispettato e amato come icona di Dio e come Suo figlio o figlia. L’Etica dell’economia del Nuovo testamento riflette il messaggio del Vangelo di Cristo. Dio è il sovrano di tutta la creazione ed è generoso nei doni e nel perdono. Gli uomini, creati ad immagine di Dio, debbono agire allo stesso modo ed essere responsabili in qualità di amministratori della ricchezza di Dio. Essi debbono essere generosi con la loro ricchezza, perché il loro diritto alla proprietà non dà loro il diritto etico di essere privi di misericordia. San Giovanni Crisostomo scrive che non essere un difensore dei poveri è “la peggiore disumanità”. Essendo egli stesso un sostenitore ed un difensore dei poveri, il grande predicatore contestava tutti i maliziosi e falsi argomenti con i quali i ricchi del suo tempo -come accade anche ai nostri giorni- giustificavano la marginalizzazione dei poveri, la mancanza di misericordia e la loro indifferenza verso questi ultimi. Per San Giovanni Crisostomo –e allo stesso modo così deve essere oggi per noi - i poveri   sono le icone di Cristo, la Sua presenza nel mondo decaduto e non soltanto alcuni semplici disgraziati per i quali occorre nutrire misericordia. Cristo stesso si è identificato con i poveri. 
 
Nella concezione sociale della Chiesa Ortodossa si afferma: “Proseguendo sulla terra il servizio di Cristo, il quale si è identificato con il povero ed il bisognoso, la Chiesa deve sempre difendere coloro che non hanno forza e voce. Essa deve fare appello alla società perché sia garantita una giusta divisione dei frutti del lavoro, perché i ricchi sostengano i poveri, i sani i malati, i fisicamente abili gli inabili. Il benessere spirituale e la sopravvivenza della società sono possibili soltanto se lo sforzo di garantire la vita, la salute ed il benessere essenziale di tutti i cittadini divenga una indiscutibile priorità nella distribuzione delle risorse materiali”. 
 
III
 
Il cristianesimo non è nato come un sistema politico dotato di meccanismi economico-sociali atti a mutare l’ineguale rapporto della divisione delle ricchezze e del loro possesso. La Chiesa è servita principalmente come un pastore spirituale piuttosto che essere un riformatore sociale; tuttavia, attraverso la formazione spirituale è riuscita ad influenzare potentemente la stessa formazione sociale, mostrando che senza un cambiamento spirituale e morale delle persone nemmeno la società può essere trasformata. La società umana non è un meccanismo ma un organismo vivente, al centro del quale vi è l’uomo. L’insegnamento sociale della chiesa è un tesoro di sapienza per costruire una società equa nella quale vivere secondo giustizia le condizioni e le sfide della società moderna. Secondo tale insegnamento la vita è santa e la dignità di ogni uomo è il fondamento di una società giusta e morale. Noi crediamo che ogni persona è preziosa e che gli uomini sono molto più importanti delle cose.
 
La priorità della Chiesa Ortodossa è sempre stato il Vangelo del Regno di Dio ma essa intende questo Vangelo del Regno essere importante anche  durante questa vita. Dunque, essa ha sempre provato a salvaguardare il bilanciamento senza contestare, senza scegliere una cosa e metterne da parte un’altra, senza scegliere tra il Vangelo del Regno, in cui si trova l’opera pastorale per la salvezza dell’uomo, e il “Vangelo Sociale” in cui si trova il nutrimento dei poveri, la preoccupazione sanitaria ed educativa e la difesa dei deboli, poiché i due aspetti sono importanti e connessi. “Desiderate onorare il Corpo del Salvatore? –chiede San Giovanni Crisostomo commentando il Vangelo di Matteo. E risponde – Non disprezzare chi è nudo. Non onorare chi in chiesa veste stoffe di seta mentre fuori c’è chi è nudo e intirizzito a causa del freddo. Colui che ha detto: ‘questo è il mio corpo’ e così ha fatto con la sua parola, è lo stesso che ha detto: ‘Mi avete visto affamato e mi avete dato da mangiare. Tutto ciò che avrete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avrete fatto a me. Onoratelo, dunque, condividendo la ricchezza con i poveri. Poiché Dio non ha bisogno di calici d’oro ma di anime d’oro”.
 
Per la Chiesa Ortodossa i temi sociali hanno essenzialmente un’importanza morale. Anche noi oggi stiamo vivendo in un tempo difficile, nel quale tutto il mondo è avvolto da una crisi economica causata dal desiderio sfrenato degli uomini e dalla irresponsabilità della classe dirigente. Anzi, al suo fondo la crisi è etica e morale mentre le sue conseguenze sono finanziarie ed economiche. Il desiderio sfrenato per la ricchezza avvelena le relazioni tra le persone e le maniere di arricchirsi, stravolgendo così la giustizia e condannando il lavoro onesto. La tragedia che stiamo vivendo oggi con la crisi degli emigranti è un indicatore delle conseguenze catastrofiche del disorientamento globale, dello stravolgimento dei valori, della manipolazione della religione, dell’individualismo e dell’egoismo, del desiderio sfrenato e della sete di potere che hanno allontanato gli uomini dall’amore per Dio e per gli altri, impedendo così di riflettere nelle loro vite l’amore di Dio per tutta la creazione.
 
La Chiesa Ortodossa in Albania, sebbene con limitate possibilità finanziarie ed economiche, ha avuto come una delle sue priorità più importanti, l’aiuto verso i bisognosi. Sotto la direzione dell’arcivescovo Anastas sono state costituite all’interno della Chiesa strutture per rendere possibile quest’aiuto in maniera istituzionale. Sono state aperte mense per i poveri a Tirana, Korça e Berat, presso le quali vengono aiutate quasi ogni giorno centinaia di persone bisognose. E’ stato promosso il  volontariato e una cultura della misericordia e della generosità, affinché la gente condivida le proprie risorse materiali con i poveri. Tuttavia, la misericordia e la generosità non sono virtù che debbono praticare  solamente i ricchi. Queste virtù devono essere praticate dai cristiani a favore di tutti gli esseri umani, chiunque essi siano. Ogni uomo, ricco o povero, deve ricevere misericordia ed essere generoso verso coloro che sono nella povertà e nel bisogno.
 
Ciononostante, nel mondo odierno non è sufficiente soltanto una condivisione volontaria delle risorse. La costruzione di una cultura di pace richiede cambiamenti nelle istituzioni locali e globali e nuove pratiche economiche che indirizzino ad un livello più profondo le ragioni che causano la povertà. E’ richiesta un’integrazione della cultura cristiana della misericordia con le conoscenze umane raggiunte per mezzo dell’esperienza e del progresso delle scienze sociali ed economiche, per comprendere le origini strutturali della povertà. Solamente un impegno serio e dedicato da parte di tutta la società umana può rendere possibile lo sradicamento della povertà e della miseria.
 
In ultimo, ritengo che non siamo nella posizione di suggerire alternative concrete alla globalizzazione economica e neanche abbiamo l’esperienza necessaria per sviluppare complesse politiche e pratiche economiche atte a correggere l’economia globale. Tuttavia, dobbiamo essere presenti nella vita quotidiana della società per diffondere tra gli uomini, non solo a  parole ma con le opere e l’esempio personale, il caldo soffio dell’amore e della misericordia, per non permettere che la nostra società umana venga gelata dal freddo vento dell’egoismo e venga frantumata a causa dell’indifferenza e dell’apatia. Inoltre, dobbiamo essere sempre pronti e creativi per lavorare all’interno dei processi e delle possibilità offerte dalle società libere, in modo da costruire una struttura sociale dove i poveri non siano solo un oggetto di elemosina da parte dei ricchi, ma perché abbiano l’opportunità di lavorare e di prendere parte alle risorse dell’umanità. In questo modo, il povero acquisterà dignità, perché più del pane l’essere umano ha bisogno di dignità e rispetto, dignità che lo stesso Creatore gli ha donato quando lo ha creato a sua immagine.