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Ahmad Al-Tayyeb

Großimam der Al-Azhar-Universität, Ägypten
 biografie

Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso

La pace, la misericordia e le benedizioni di Dio siano su di voi

Anzitutto desidero esprimere la mia profonda gratitudine alla Comunità di Sant’Egidio per avermi onorato dell’invito a questa conferenza annuale che si inserisce nel quadro della crisi del mondo contemporaneo, una crisi intellettuale, psicologica, sociale, che è un prodotto della madre delle crisi, vale a dire "la crisi della pace", derivante dal commercio delle armi di distruzione di massa, dallo scoppio di guerre tra popoli che vivevano in sicurezza e tranquillità, soddisfatti delle possibilità di esistenza che Dio aveva loro accordato e  che progettavano di continuare il cammino verso lo sviluppo, il progresso e i benessere.

 Il mio contributo in questa conferenza internazionale annuale, signore e signori, non rappresenta una novità mai sentita prima. Molti uomini delle religioni mondiali sono venuti a questo incontro, numerosi illustri saggi dell’islam in Oriente e in Occidente, i migliori tra i pensatori, i politici e gli economisti: tutti costoro si sono espressi con una sola lingua e hanno parlato a una sola voce dicendo:
pace, pace tra tutti gli uomini, anzi pace a tutta la creazione con tutti i suoi ordini di specie viventi e non viventi.

In verità, le religioni sono innocenti non hanno nulla a che vedere col sangue che è sparso in nome di questa o quella religione. Il terrorismo, che getta nel panico coloro che vivono in tranquillità e che li priva della loro sicurezza, della stabilità nella loro esistenza, non può essere opera di chi crede in una religione e nei suoi insegnamenti. Ma esso può essere solo opera di un gruppo di altre persone che sono facili preda della disinformazione, della seduzione e del lavaggio del cervello, della manipolazione delle coscienze e delle anime: della compravendita delle armi. Essi sono merce nei traffici di armi e fomentatori di guerre.

Ai sapienti delle religioni, ai saggi, agli intellettuali, ai pensatori, non sfugge questa realtà che è in cima alla lista delle dichiarazioni e dei documenti cui giunge questa grande conferenza. Tuttavia, nonostante questo lodevole sforzo, io sento che le ambizioni, le aspettative dei credenti verso la questione della pace mondiale, verso il diritto all’uguaglianza tra gli uomini e la convivenza tra loro, continuano a essere di gran lunga maggiori di quanto si realizza nella realtà e nel mondo degli uomini.

Per questo, il mio discorso potrebbe essere un parlare per immagini, ma esso è strettamente collegato alla realtà di sofferenza che vivono i miei simili in Oriente, preoccupati per il dolore dei poveri, degli orfani, delle vedove, che condividono le loro paure, la loro tristezza e il loro dolore.
Anche se non pretendo di essere a conoscenza dei motivi autentici che sottostanno alla crisi del mondo contemporaneo (specialmente per quanto riguarda le politiche della violenza reciproca e dell’odio, talvolta nascosto, talvolta manifesto), tuttavia è chiaro, a quanto credo, che i germi di questa crisi si annidano nella politica della nuova discriminazione razziale, e da ciò che ne consegue in termini di manie ossessive, di prevaricazione, del ricorso alla forza per sottomettere l’altro semplicemente perché diverso dalla propria cultura.

Somiglia piuttosto a uno scontro di culture o, con una espressione più corretta, uno scontro tra una cultura unica e il resto delle culture mondiali, che mira a svuotarle della loro originalità e a sradicarle dalle loro radici. Non è questione di scontro di civiltà come si dice e come si sostiene ora, e che pretende sia considerata come una realtà indubitabile, anche se dovesse farsi strada col sangue dei sofferenti tutt’intorno, e il suo obiettivo fosse l’eliminazione delle civiltà mondiali e la sopravvivenza di una sola civiltà cosmica, simile a una società costituita da una sola classe o a un paradiso perduto che ci sarebbe stato promesso da filosofie politiche che si fondano su centinaia e migliaia di intellettuali e dotti, che sono finite nel dimenticatoio della storia.

Signore e signori,
ho imparato dalla religione in cui credo  e dalle mie letture riguardo alle religioni divine ciò che mi ha portato a credere con assoluta certezza che Dio, l’Eccelso, ha creato gli uomini diversi in maniera considerevole nelle loro razze, colori, lingue, credenze, modi di pensare.
Dio ha codificato un testo molto chiaro nel nobile Corano che afferma che gli uomini rimarranno diversi fino all’Ultimo Giorno di questo mondo, e ha chiesto loro che si conoscessero l’un l’altro per costruire questo mondo che ha creato perché lo custodissero e se ne prendessero cura, e gli ha proibito di danneggiare le anime, il sangue, i beni degli uomini stessi.

Proprio per questo risulta molto difficile, se non impossibile, per chi crede in Dio e nella sua Parola, accettare richiami o teorie che cercano di manipolare le persone perché abbiano un unico modo di pensare, di sentire, di riunirsi o altro; e chi ha una salda fede è convinto del fatto che i tentativi di imporre una cultura unica agli altri è un terribile colpo che compromette la volontà divina, i cui dolori sono noti e il cui destino è il fallimento.

La storia delle culture, dei loro contatti, dialoghi e collaborazioni, conferma questa legge divina, vale a dire la cooperazione delle culture e la loro integrazione. La cultura islamica si è mescolata nel Medioevo, ad esempio, in alcuni suoi aspetti, con culture diverse che la circondavano, come la cultura greca o quella persiana, indiana, la cultura cristiana e quella ebraica, nei paesi dell’Oriente, in Andalusia.
La storia non registra che una cultura abbia mai tentato di distruggere un’altra cultura o di imporsi come modello unico che occorre imitare. Anzi, la storia ha registrato un enorme patrimonio di sapienza, conoscenza, arte, progresso scientifico, sviluppo umano, e altre cose prodotte da queste culture proprio nel momento in cui esse si sono incontrate e mescolate, hanno influito l’una sull’altra e sono state influenzate l’una dall’altra.
Chi ha anche una lontana conoscenza della storia della filosofia islamica conosce la straordinaria fecondazione di questa filosofia con le altre filosofie, specialmente con quella greca di cui abbiamo studiato i testi filosofici nelle traduzioni arabe antiche, e conosce il tentativo di al-Farabi, uno dei maggiori filosofi islamici dell’antichità, nel suo “L’armonia delle opinioni dei due sapienti: Aristotele e Platone” e di come egli ritenesse che entrambi fossero saggi sapienti “nella realtà dei fatti” e che ciò che appare come una contraddizione nelle loro parole, è soltanto una contrapposizione apparente ma non reale. Egli, infatti, si assunse il compito di armonizzare ciò che sembrava contraddittorio nelle loro rispettive opinioni sulle questioni della sapienza.

Potremmo oggi non essere d’accordo sul valore da attribuire a questo interesse per l’equilibrio della sapienza, tuttavia continuiamo a imparare ad al-Azhar e a insegnare ai nostri studenti il valore di questa opera filosofica per quanto riguarda il rispetto delle culture dei popoli, e il divieto che consiste nell’aggredirle o nutrire dei pregiudizi nei loro confronti in qualsiasi misura.
E poi c’è Averroé, il filosofo musulmano noto nei circoli delle università in Oriente e qui in Europa, colui che ci insegna in poche parole come imparare dalla cultura degli altri, anche quando esse ci appaiono sbagliate e deviate dalla verità.
Questo filosofo dice: bisogna aprirci su quello che dicono i saggi del mondo e su quanto affermano nei loro libri, cioè che ciò che è in sintonia con la verità, viene gradevolmente accettato e ciò che non è in sintonia con la verità, diventa un campanello di allarme e motivo di richiesta di scuse.
Ciò che afferma il filosofo è collegato a una delle radici della cultura islamica, vale a dire il hadith che ci insegna che il saggio, se si impegna su un determinato argomento e vi trova la verità, riceverà una doppia ricompensa il giorno del giudizio: una ricompensa per l’impegno e una per la scoperta della verità. E se si impegna e sbaglia, riceve una sola ricompensa, per la fatica dovuta alla ricerca.

Egregio pubblico,
gli stati che oggi provano a difendere la loro cultura e il loro patrimonio lamentano l’egemonia culturale occidentale e la sua promozione nei paesi orientali a volte con la persuasione e a volte con l’intimidazione, la minaccia di sanzioni verso chi si oppone a questi modelli o si oppone ad esso.
Le vostre Eccellenze potrebbero concordare con me che questa politica è una guerra crudele non dichiarata da cui non c’è scampo contro il nostro mondo contemporaneo perché questo modello entra in collisione con gli altri modelli culturali in Oriente.
La prova di questo è che la cultura islamica è ed è stata dal principio una unica cultura, che non divideva in due culture opposte, una religiosa e l’altra mondana. L’islam ad esempio è la pietra angolare delle culture del mondo arabo e musulmano e quando ordina al musulmano di guardare il mondo da un punto di vista scientifico-fisico, Dio gli ordina anche di badare alla sua dimensione metafisica, psicologica e sociale, in modo che queste conoscenze si concilino in una “unità intellettuale” che tuteli l’intelletto del credente dalla scissione culturale tra il suo spirito, il suo corpo, tra questo mondo e l’altro.

Il frutto di questa unione è stato l’apparizione di decine, centinaia di modelli di sapienti resi famosi grazie al ruolo pionieristico nel corpo delle scienze sperimentali e metafisiche come Avicenna che ha scritto “Il Codice di medicina”, e “La Guarigione”, opere nel campo della metafisica, della teologia, della teoria dell’esistenza dell’anima, sul movimento e sul tempo.
Tuttavia, la situazione fu diversa per la cultura occidentale che si era suddivisa prima dell’era scientifica industriale nella teologia e nelle scienze umanistiche che hanno dato luogo alla cultura teologica e a quella umanistica, fino ad arrivare oggi alla cultura moderna e post-moderna che è andata oltre al pensiero religioso cristiano, offrendo all’essere umano una libertà illimitata e liberando il suo pensiero e il suo sentire dalla sottomissione ad ogni potere intangibile e insegnandogli che la religione è meramente uno stato di incoscienza che si articola in ultima analisi in tre principi: il principio della individualità, quello della libertà e della razionalizzazione e infine il principio della desacralizzazione. È ovvio che questi principi lasciano poco spazio al credere in Dio, alla rivelazione e alla vita ultraterrena, e poco spazio all’etica che ne deriva. Provate ad immaginare l’impatto dell’imposizione di un simile approccio a culture radicate da migliaia di anni nella religione e nel suo magistero e di cui costituiscono gli elementi mentali, psicologici e storici fondanti. Provate ad immaginare le conseguenze di una simile egemonia che sono: scontro, violenza e odio reciproci.

Signore e signori,
chiedo scusa per essermi dilungato. Concludo dicendo che è giunto il momento per noi credenti in Dio, nell’umanità e nei valori della giustizia e dell’uguaglianza, è giunto il momento, dicevo, di individuare un approccio operativo serio che possa portare la salvezza ai poveri, agli orfani, ai deboli, che possa salvaguardare i popoli vittime delle uccisioni, sottoposti all’esodo forzato dalle proprie terre e dai loro paesi sotto gli occhi del mondo e dei suoi saggi.
Ormai nulla ferma più gli arroganti che disprezzano le vite altrui, il loro sangue e i loro diritti nella loro terra patria. Queste misere vittime non trovano più sostegno né una voce si alza per rivendicare i loro diritti. Il silenzio, il nostro silenzio, non potrà discolpare noi credenti né davanti all’Altissimo nel giorno del giudizio, né davanti alle prossime generazioni né davanti alla storia.
Grazie per il vostro ascolto.

TRADUZIONE NON UFFICIALE



Discorso del Grande imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb alla Conferenza internazionale
Discorso del Grande imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb alla Conferenza internazionale
Discorso del Grande imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb alla Conferenza internazionale