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Koichi Kawamoto

Director of the Academic Research Institute of Rissho Kosei Kai, Japan
 biography
Sentiamo spesso dire che il Giappone è un paese che si trova al sicuro rispetto ai migranti stranieri. Nonostante questo, al pari di altri paesi, in realtà abbiamo vari problemi in merito. Di recente ci sono state alcune situazioni a rischio, le quali sarebbero potute degenerare in conflitti e guerra, che hanno provocato ansia e paura nella popolazione. Fin dalle sue origini, il Buddismo è stato promotore di un’ideale di pace e il Buddha Shakyamuni era un convinto assertore della non violenza.
 
Come sapete il Giappone ha vissuto sulla propria pelle il bombardamento atomico sulle città di Hiroshima e Nagasaki. A quel tempo, la popolazione di Hiroshima era di circa 360 mila persone. Nei successivi quattro mesi dopo il bombardamento, da 90 mila a 166 mila persone persero la vita in seguito alle gravi ferite o agli effetti delle radiazioni. Se ci aggiungiamo le vittime di Nagasaki scopriremo che nel giro di pochissimo tempo la vita di più di 200 mila persone si è volatilizzata.
 
Nel 2017 un’Organizzazione Non Governativa chiamata ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons, o Movimento Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari) ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace. La stima delle armi nucleari diffuse nel mondo fatta nel 2017 ammonta a circa 1500 testate. Viviamo quindi sotto la costante minaccia di armi nucleari che potrebbero causare la morte improvvisa di tutti noi. L’utilizzo delle armi nucleari è in grado di provocare una catena inimmaginabile di danni e di conseguenti tragedie. Si tratta di un problema molto serio, gravissimo, che riguarda l’esistenza stessa dell’umanità. Ritengo quindi che la pratica della religione non possa assolutamente esimersi dal problema della pace.
 
1. Il concetto di pace nel Buddismo
 
Il fondamento del Buddismo è la compassione. La parola “compassione” viene espressa da due caratteri cinesi, ognuno dei quali traduce una parola sanscrita. Il primo è maitri, il secondo è karuna. 
 
Maitri significa dare beneficio e conforto al prossimo. Karuna significa avere misericordia e sentimento di partecipazione nei confronti degli altri, nonché di fare del proprio meglio per alleviarli dal dolore. Questo insieme di significati, togliere il dolore e dare tranquillità sono il significato della compassione buddista.
 
Nel Buddismo il concetto di “pace” viene espresso con la parola sanscrita santi. Questo termine indica una situazione di tranquillità della mente, di calma interiore. Nel Buddismo primitivo il concetto di pace, intesa come pace interiore, era un ideale da perseguire. In seguito alla nascita del movimento Mahayana e alla sua crescita e diffusione, il Buddismo accentuò la sua attenzione sul mondo inteso come vita concreta e quotidiana, piuttosto che insistere sulla tranquillità della mente. Naturalmente il Buddismo non aveva smesso di interessarsi alla pace nel cuore e nella mente: aveva semplicemente posto più enfasi sui cambiamenti della situazione nella quale l’uomo viveva, focalizzandosi di più sui fattori contingenti della vita. In altre parole, al fine di ottenere la vera pace completa, il Buddismo Mahayana considerava insufficiente il dedicarsi unicamente alla pace interiore del singolo. Questa è considerata la base della pratica sociale del Buddismo, il cui fondamento essenziale è la compassione.
 
Il Buddismo Mahayana enfatizza la via del bodhisattva. Il bodhisattva è una persona che, avendo conseguito la verità, nasce nel mondo della nostra realtà e pratica con le persone per realizzare assieme a loro un mondo ideale. Lo spirito della via del bodhisattva è quello di rimandare il proprio conseguimento dell’illuminazione per sé stessi entrando nel nirvana e di contribuire invece alla realizzazione di un mondo migliore offrendo completamente sé stessi. Il bodhisattva non cerca di evitare il dolore per liberarsi dal dolore. In accordo con questo pensiero, non si può ottenere la pace sottovalutando la pratica spirituale e, allo stesso tempo, non ci si può concentrare soltanto sul mondo spirituale. Il senso della via del bodhisattva è di accettare il mondo reale e di cercare in esso il mondo ideale.
 
Il nostro scopo è la realizzazione della vita che abbiamo ricevuto senza enfatizzare solo l’illuminazione per noi stessi. Il nostro impegno deve essere volto alla realizzazione di una società buona e migliore. Perciò, l’obiettivo del bodhisattva esiste solo nel suo comportamento, nella sua attività nel mondo. L’azione è una forma ideale del suo scopo. Percorrere la via del bodhisattva indica l’accettazione dell’esistenza del dolore e della gioia. Forse esiste più sofferenza che felicità, ma dovremmo cercare di non farci abbattere da  tutto il dolore del mondo. Al contrario, dovremmo avere la determinazione di aspirare alla costruzione di un mondo di pace accettando il fatto che gioia e dolore sono imprescindibili dalla nostra esistenza.
 
Nel corso della storia, in Giappone alcuni religiosi non si sono comportati come dei bodhisattva. Prima della Seconda Guerra Mondiale il Giappone ha invaso altri paesi asiatici, perpetrando crimini gravissimi. A quel tempo, non sono stati molti i religiosi che si sono opposti al governo, anzi: molti gruppi religiosi si sono dichiarati a favore dell’Impero e hanno promosso le campagne di guerra. Al giorno d’oggi, tutti i gruppi religiosi hanno chiesto scusa per il comportamento che hanno avuto a quell’epoca e hanno espresso la ferma risoluzione di incamminarsi verso la costruzione di una società di pace.
 
2. Le attività per la pace della Rissho Kosei-kai
 
Rissho Kosei-kai svolge le sue attività per la pace basandosi su questo ideale. Fra le molte attività del movimento, vorrei introdurre alcuni concetti che possono essere un ponte di pace.
 
1) Pratica per il conforto delle anime dei caduti
 
Rissho Kosei-kai svolge delle pratiche per il conforto delle anime dei caduti in guerra e le concentra in un programma di pratica spirituale per i giovani. Un gruppo composto da giovani segue questo programma per circa una settimana. Nel corso delle attività, visitano varie città: Tokyo, Hiroshima, Nagasaki (che hanno subito danni terribili); Kanoya di Kagoshima, Kure di Hiroshima (i luoghi ove c’erano le basi che hanno inviato gli aerei Kamikaze; e Okinawa (dove c’è stato il campo di battaglia più sanguinoso di tutto il Giappone). Se in futuro il programma si estenderà anche al di fuori del paese, i giovani partecipanti visiteranno anche le Filippine e la Corea del Sud.
 
Nel corso della pratica di conforto per le anime dei caduti di guerra a Okinawa, i giovani visitano i diversi campi di battaglia. Sulle montagne ci sono le grotte dove molti soldati e civili si erano rifugiati per evitare gli attacchi delle pesanti armi da fuoco delle truppe americane. La tragedia fu che, alla fine, queste persone si sentirono costrette a uccidersi assieme alla propria famiglia e ai propri amici. I giovani membri della Rissho Kosei-kai svolgono delle cerimonie di conforto per le anime dei defunti davanti a un monumento ai caduti o all’entrata delle grotte nelle quali si rifugiavano, visitano dei palazzi commemorativi e visionano dei documentari per apprendere ancora una volta gli orrori della guerra. 
 
Ogni 14 agosto, in Giappone si svolge una “cerimonia di conforto per le anime dei caduti in guerra per la pace”. Il rito si svolge a Chidorigafuchi, a Tokyo. Questa cerimonia viene organizzata dai rappresentanti e dai membri delle varie associazioni religiose del Giappone e quest’anno ha ospitato circa 2 mila persone. Riunendosi, i partecipanti concentrano la propria mente focalizzandosi sul desiderio di recare conforto alle anime dei caduti, rinnovando il proprio voto di non partecipare mai, per nessun motivo, ad alcuna guerra e a impegnarsi attivamente per la pace nel mondo. Quest’anno, un giovane ha condiviso un messaggio per la pace.
 
Il giovane in questione appartiene a un gruppo religioso e ha partecipato al programma per la pace. Dopo la sua partecipazione, le sue idee sulla guerra sono cambiate. Nel corso del programma ha visitato le Filippine. All’epoca aveva 17 anni. Ha avuto modo di scambiare opinioni con i giovani filippini andando al di là delle posizioni di aggressori e vittime. Nel suo discorso ha detto: “Credevo che i giapponesi fossero solo delle vittime del bombardamento atomico, ma nel corso del programma, studiando il caso delle Filippine, ho scoperto che in passato i miei connazionali sono stati anche degli aggressori.
 
Grazie a questa esperienza ho capito che noi giovani giapponesi dobbiamo assolutamente conoscere i fatti del passato sia dal punto di vista dei danni subiti dal Giappone che da quello del male che il nostro paese ha fatto agli altri. Dobbiamo inoltre guardare sinceramente negli occhi le persone che hanno subito ferite profonde nel cuore durante la guerra e creare un mondo nel quale potremo tutti parlare e ridere insieme, felicemente. Quel che ho imparato nel programma di pace è che non dobbiamo assolutamente fomentare o partecipare alla guerra, mai più, e che vinti e vincitori sono entrambi vittime e aggressori allo stesso tempo. Credo che l’unico modo per fermare i conflitti sia quello di perdonare gli altri.
 
Se non perdoniamo gli altri e continuiamo ad attaccare, l’odio reciproco non farà che aumentare, causando sempre nuove guerre. I conflitti quotidiani nascono dal fatto che, nel profondo del nostro cuore, non riusciamo a perdonare gli altri.” 
 
2) Un’amica della Corea Sud
 
Il Giappone ha dominato la penisola coreana per 36 anni, dal 1910 al 1945. Attualmente la penisola è divisa in Corea del Sud (Repubblica Coreana) e Corea del Nord (Repubblica Democratica Popolare della Corea). Abbiamo diversi appuntamenti regolari e varie occasioni per meditare sulla pace nell’Asia nord-orientale. Di solito questi eventi cominciano con le nostre scuse al popolo della penisola coreana per gli orrori di guerra perpetrati in passato dal nostro paese.
 
Vorrei introdurre l’esperienza di una nostra amica della Corea del Sud, la quale è anche membro della Rissho Kosei-kai. Dice così:
 
“Un giorno ho visitato una signora anziana che aveva subito l’orrore del bombardamento atomico di Hiroshima. Ho sentito la sua storia e ho compreso quanta sofferenza si era diffusa in Giappone a causa della bomba atomica. Dopo la conversazione con quest’anziana, sono uscita fuori con l’amica che mi aveva accompagnato. Mi sono spaventata, perché il panorama del giardino della casa di quella donna mi è sembrato diverso rispetto a quando ero entrata. Per me è difficile spiegare con esattezza la differenza fra questi due panorami. Quello che posso dire è che ho compreso che i giapponesi sono persone normali come noi. All’uscita, dopo aver parlato con quella donna, il giardino, un cane e un anziano passante mi sono sembrati amichevoli e affettuosi e non più ostili come prima.
Mi sono resa conto che osservavo i giapponesi con un pregiudizio che veniva dal mio subconscio. Da quel momento sono diventata più coscienziosa sulla relazione fra Corea del Sud e Giappone.
Ho anche visitato Okinawa. Dopo aver appreso dei fatti terribili avvenuti a Okinawa, ho sentito che nel mio cuore c’erano dolore e una profonda tristezza. Ma d’altra parte, ammetto che pensavo questo: in Corea del Sud voi giapponesi avete fatto cose ancora più brutali. In pratica, provavo odio e rabbia nei confronti dei giapponesi che facevano la loro pratica di conforto per le anime dei caduti. Dopo un paio di giorni, mi sono sentita molto addolorata proprio a causa di questa discriminazione che sentivo fra coreani e giapponesi. La retribuzione del passato per quanto successo fra questi due paesi continua ancora oggi. Questo pensiero mi faceva impazzire.” 
 
Quest’esperienza è stata molto pesante per questa donna. Noi siamo persone di fede e cerchiamo di mantenere un contatto con entità come Dio e Buddha. Però, quando i coreani cominciano ad avvicinarsi ai giapponesi e ai loro sentimenti, nel loro cuore può nascere una sensazione di paura e avversione. Come se essere amici dei giapponesi significasse tradire i coreani. Non è facile vestire i panni degli altri e guardare le cose dal loro punto di vista. Quando cerchiamo di capire una persona che ha fatto del male possiamo provare una certa esitazione. Detto questo, se non facciamo niente che richieda uno sforzo, possiamo star certi che non cambieremo mai. Credo che per fare davvero dei passi in avanti, dovremo affrontare i dilemmi con mente aperta e rivolgerci al prossimo con le parole più adatte.
 
3) Il ruolo dei religiosi
 
Qual è il ruolo dei religiosi? Un comportamento che sia un vero ponte per la pace è quello di trasmettere ai giovani l’idea che la guerra è una cosa senza senso. Da queste esperienze noi capiamo che le nuove generazioni sono genuine e hanno la potenza di camminare avanti. Però, c’è una atmosfera fra di loro in qui sentono che la guerra era stata successa nel passato molto lontano e non percepiscono le cose reali della vita. Allora, noi dobbiamo cercare di far sforzo di comunicare i fatti precisamente e è importante che loro sentano la tristezza e il dolore che circondano attorno alle vittime.
 
Ormai siamo ben coscienti di cosa significhi lavorare per la gente e per il mondo. Non è una cosa facile. È una via di dolore. Ci sono persone che sono contro di noi, che si oppongono alle nostre attività. Noi tutti, che crediamo che Dio e il Buddha ci abbiano affidato la missione di creare un mondo ideale, dobbiamo cercare onestamente di unire più persone possibile allo scopo di essere utili al prossimo e di anelare alla pace. Adesso è il momento, adesso è importante, adesso è il futuro. La nostra azione è il futuro.