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Jean Paul Messina

Catholic University of Central Africa, Cameroon
 biography
Bisogna sottolineare sin dall’inizio che c’è un dibattito aperto intorno all’espressione immigrazione clandestina. Alcuni giuristi pensano che in virtù della filosofia dei diritti dell’uomo, ogni uomo ha il diritto di stabilirsi dove vuole in nome della dignità umana, e dei diritti che gli sono riconosciuti. L’aggettivo ”clandestina” che qualifica la migrazione quindi non ha senso. Altri, al contrario, ritengono che il mondo è regolato da leggi che bisogna rispettare, anche a rischio di cadere. 
Il realismo ci impone tuttavia di tener conto della nozione di Stato, nella sua dimensione geografica, e di quella di frontiera, in senso giuridico e territoriale, che ci costringono a riconoscere che l’uomo non può più spostarsi nel mondo come vorrebbe o come gli piacerebbe fare. Purtroppo esistono delle leggi e tutti quelli che vogliono, per così dire, lasciare l’Africa, devono conformarsi ad esse. In questo senso possiamo parlare di immigrazione clandestina senza cadere nell’eresia giuridica. In ogni caso, la questione dell’immigrazione si accompagna a un vasto movimento di esodo africano già da molto tempo.
 
Le lezioni della storia
Volendo fare una storia dei movimenti migratori, emerge subito l’Africa della Tratta dei negri, ancora conosciuta alle origini come tratta atlantica. Dal XVI al XIX secolo la deportazione degli schiavi neri verso il nuovo mondo si è subito inscritta nella storia dei movimenti migratori massivi, su scala planetaria. Questa immigrazione forzata ad opera dei coloni e dei negrieri occidentali non aveva niente di legale. Si è dovuti arrivare al XIX secolo perché il movimento abolizionista prendesse coscienza del carattere ignobile ed abominevole del commercio che aveva ridotto il valore dell’uomo nero a quello di una merce, come l’avorio, l’oro o i diamanti. Il congresso di Vienna nel 1844, animato da preoccupazioni umanitarie, ha voluto restaurare in Europa i valori fondamentali della civiltà umana, cercando di costruire una nuova Europa, pacifica, egualitaria, fraterna…
Questo congresso non suscita che una coscienza di breve durata, perché a partire dal 1884, con il fenomeno dell’imperialismo che sfocia nella colonizzazione, in occidente si perde qualsiasi riferimento morale. Adesso sono l’una o l’altra potenza colonizzatrice ad inviare a loro volta in una terra che non gli appartiene carichi di uomini e donne per portare la civiltà agli africani, al punto che si è voluto giustificare l’impresa coloniale con la missione civilizzatrice dell’occidente. Questo movimento di Europei, a sostegno della colonizzazione, verso l’Africa, non ha trovato un aggettivo qualificativo: era legittimo o illegittimo? clandestina o legale? non si è riusciti a stabilirlo.
 
Quel che è certo è che questi due eventi storici, ovvero la tratta negriera e la colonizzazione, hanno influenzato negativamente il mondo africano, a tre livelli: morale, politico ed economico.
•  Con la tratta degli schiavi l’Africa ha perduto i suoi uomini più validi, nella forza degli anni, del pensiero e dell’azione. Le cifre sono delle stime tanto approssimative quanto spaventose: da 100.000 a 1 milione di uomini e donne. Alcuni intellettuali africani, come Engelbert Mveng, pensano che il ritardo economico dell’Africa nera, in particolare, è dovuto a questo fenomeno della tratta. Mveng parla di annichilimento antropologico.
•  Con la colonizzazione, l’Africa subisce una spoliazione economica e una deconsiderazione senza precedenti della sua personalità, meglio della sua condizione umana. Lo stesso Engelbert Mveng ha parlato di depauperazione antropologica.
 
L’Occidente si è allora imposto nella coscienza della maggior parte degli Africani come la parte del mondo dove regna la prosperità, la sicurezza materiale e finanziaria, la felicità/il benessere; insomma, la parte del mondo le cui briciole gli africani possono raccogliere per assicurarsi la propria sopravvivenza, sempre più incerta nei loro paesi d’origine.
Si parla di afro-pessimismo perché questo uomo africano non crede più né in sé stesso né nell’avvenire dell’Africa, di fronte ad un eurocentrismo strabordante di ricchezze e dunque sufficientemente attraente da promettere le migliori condizioni di vita ai giovani che vengono dall’Africa. Se consideriamo che attualmente il 65% della popolazione africana ha meno di 35 anni possiamo comprendere l’ampiezza dell’esodo.  I candidati all’emigrazione sanno bene che essi non saranno mai ricchi quanto gli occidentali nei loro paesi, ma sanno anche che se la loro avventura riesce saranno meno poveri dei poveri rimasti in Africa. Ecco perché il fenomeno è destinato a durare. Nessuna legge, nessun metodo repressivo, nessuna politica favorevole o sfavorevole a questo fenomeno delle migrazioni, riuscirà a ridurre o contenere i flussi. I pericoli di morte legati al percorso scelto dai giovani migranti non costituiscono in alcuna maniera un fattore di dissuasione. Alcuni giovani pensano che morire di miseria in Africa, nel deserto del Sahara o durante la traversata del Mediterraneo non cambia niente del loro destino. Quello che può cambiare il loro destino è di aver tentato l’avventura. Un tale ragionamento è molto vicino a una scelta di suicidio.
 
Quali sono le categorie sociali interessate da questo fenomeno? 
1.      Le categorie interessate
Tra le categorie più interessate ci sono:
-  i giovani dai 14 ai 20 anni, attirati dalla champion league (il calcio fa guadagnare molto);  
-  le donne dai 18 ai 30 anni, attirate dai piccoli lavori (di pulizia), in cerca di un marito europeo o interessate alla prostituzione. Ma la maggior parte resta incinta durante il percorso;
-  gli uomini dai 25 ai 40 anni, in cerca di lavoretti;
-  le categorie professionali, in particolare i medici e gli ingegneri, in cerca di una retribuzione migliore e di una maggior valorizzazione del loro lavoro. Il che significa che in questo fenomeno di esodi c’è anche la fuga dei cervelli.
 
La maggior parte di questi candidati, per lanciarsi nell’avventura sono incoraggiati e sostenuti dalle loro famiglie. Altri si indebitano con i TIRES e promettono di rimborsare tutto una volta che l’avventura è andata a buon fine. Si capisce perché il ritorno è impossibile finché si sa che c’è un debito da saldare.
Alla domanda sul perché la gioventù africana sia costretta a correre il rischio dell’avventura occidentale, la risposta – senza essere difficile – resta complessa. Pensiamo che questa migrazione non sia necessaria e che essa non porti quasi niente all’Africa. C’è un problema di dignità umana. E’ d’altronde sorprendente che di fronte a questo problema i governi africani, come anche l’Unione Africana, mantengano una discrezione che sfiora l’indifferenza- E’ difficile accettare questa retorica che ci presenta l’Africa come il continente del Futuro mentre tutti i giorni dei giovani africani muoiono di stenti o sequestrati nel deserto del Sahara o, se riescono ad attraversare il deserto, annegano nel Mediterraneo per aver cercato di sfuggire la miseria. Bisogna trovare una soluzione africana alla questione dell’emigrazione cosiddetta “clandestina”. La gioventù che parte non torna quasi più in Africa. Questi giovani sono perciò una forza lavoro che l’Africa perde ogni giorno. Se si aggiunge la fuga dei cervelli, l’Africa approfondisce il suo ritardo nella strada dello sviluppo. L’esodo dei cervelli fa pensare alla diserzione e accentua il sottosviluppo in Africa. Benché le condizioni di lavoro siano ancora cattive, è necessario che gli intellettuali africani smettano di fare del loro sapere un potere per avere. Come promuovere il cambiamento in Africa se tutti se ne vanno? No, la migrazione “clandestina” non è un’esperienza prometeica, perché il candidato che intraprende questa strada non è sicuro di trovare il fuoco da rubare in Occidente, e ancor meno riportarlo in Africa. Pone i giovani in situazione di conflitto permanente con se stessi. Eppure delle soluzioni adatte sono alla portata dei nostri governi.
 
Sul piano politico: la vera apertura democratica, la creazione di posti di lavoro per i giovani;
 
Sul piano socio-culturale: assicurare l’Educazione delle masse e creare delle strutture sportive e sviluppare le attività culturali;
 
Sul piano economico: fare dell’agricoltura la leva dello sviluppo e liberare il settore informale per ridinamizzare l’economia.