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Brian C. Stiller

Embajador Global de la Alianza Evangélica Mundial
 biografía
Gli fu presentato un paralitico adagiato su un letto. Vedendo la loro fede, Gesù disse al paralitico: “Coraggio, figliolo, sono rimessi i tuoi peccati!”.
Ma alcuni scribi dissero fra sé: “Costui bestemmia!”. Gesù, conosciuti i loro pensieri, disse: “Perché pensate cose malvagie nei vostri cuori? Che cosa infatti è più facile dire: “Sono rimessi i tuoi peccati”, o dire: “Àlzati e cammina”? Ebbene: affinché conosciate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: Àlzati! – disse al paralitico – prendi il tuo letto e va’ a casa tua”.
Quello si levò e se ne andò a casa sua.
A tal vista le folle furono prese da stupore e glorificavano Dio per aver dato un tale potere agli uomini. 
(Matteo 9, 2-8)
 
Comincio con questa narrazione su Gesù perché va al cuore della questione della malattia e della guarigione.
 
Nel nostro lavoro scientifico di analisi del sistema uomo, siamo naturalmente portati a distinguere la realtà umana in ciò che possiamo vedere, che è tangibile, daciò che non lo è. La guarigione è spesso vista in termini di riassestare il fisico, effettuare un trapianto, eliminare cellule tumorali o mettere a posto un ginocchio dolorante.
 
Sappiamo sempre più che la malattia è qualcosa di più di ciò che può essere risolto con le medicine e con le operazioni chirurgiche. Coloro che lottano per sopravvivere dopo un trauma, possono dircelo, anche troppo bene.
 
Qui Gesù colma la distanza tra la persona che soffriva di una disabilità fisica – era paralizzata e probabilmente non poteva camminare – e l’altra faccia della sua malattia, quella che tutti i presenti avevano perduto di vista. Si trattava della sua realtà interiore di persona spiritualmente sfigurata.
 
Suggerirei di guardare a questa dualità di malattia e guarigione attraverso i suoi occhi e da ciò approfondire la nostra comprensione dei nostri bisogni e di ciò che Gesù ha voluto fare per essi.
 
Per prima cosa, quindi, la sua comprensione del problema.
 
Ritengo si sia svolta in due modi:
 
  1. È andato al cuore del dilemma umano. Guardiamo alla situazione com’era: il corpo sfigurato, la disabilità, i tessuti danneggiati. Ovvero, un’anima spezzata, emozioni compromesse, cuore traumatizzato. Così dovremmo fare anche noi. Gesù non era ignaro della condizione di quest’uomo. Ma l’autore biblico vuole farci sapere che Gesù ha fatto ciò che non ci si aspettava perché aveva un importante insegnamento da darci. Quindi in che modo ha inquadrato il problema? C’era di più di quanto l’occhio vedeva. L’uomo aveva bisogno di essere liberato dal peso e dall’egemonia del peccato.
     
  2. In secondo luogo, il suo perdono attivo è stato qualcosa di più che una lezione sulla condizione umana. Egli è penetrato nella vita di questa precisa persona e l’ha liberata da ciò con cui noi tutti conviviamo: una vita in cui la relazione con il nostro Creatore si era spezzata. E perché le cose stavano così? Come entra il peccato in questo contesto? La narrazione biblica è tale dato che gli esseri umani, fatti a sua immagine, recano in sé l’immagine del Dio eterno e creatore. Dire che siamo tali e quali al padre non è un’esagerazione. Noi proveniamo dalla sua realtà esistenziale, recando in noi la somiglianza a Dio, in forme che superano ogni ottimismo umanistico. Davvero è un modo di vedere la creazione, non solo inserita nel pensiero di Dio, ma come un marchio della sua [stessa] realtà. La imago Dei è il fondamento di una comprensione cristiana della nostra stessa creazione. Tuttavia, la rottura dell’amicizia col nostro Creatore, come descritta dal racconto della Genesi, è stata ed è devastante. Non solo ci esclude da una relazione, ma sfigura la nostra anima e il nostro corpo, sfociando in una schiavitù della tristezza, della malattia e del trauma. A volte subiamo il peccato, a volte lo compiamo noi stessi. In entrambi i casi, il risultato è la malattia dell’uomo.
 
In secondo luogo, come [Gesù] ha portato guarigione?
 
Ha iniziato dalla parte, spesso ignorata, del trauma umano, costituita dall’estraniamento dal Creatore e dalla rottura con gli altri e – da rimarcare significativamente – con se stessi.
 
Quando è spezzata la comunione con Dio, la piena comunione con gli altri è impossibile. Non si può offrire acqua, nel momento in cui la fonte stessa della propria esistenza non fluisce. Non si può offrire vita, perché qualcosa è morto in se stessi. Gli uomini tenderanno a dominare le donne e le donne a trovare una compensazione nei figli. I loro corpi possono ancora funzionare in una forma che rappresenta la pienezza. Essi possono copulare e concepire un figlio, ma l’essenza della pienezza e della comunione è perduta. L’armonia tra i loro cuori, le loro menti e la loro sessualità è perduta. Il dolore per questa perdita è sepolto molto in profondità; spesso non è neanche riconosciuto. 
(Jean Vanier, Il corpo spezzato)
 
Ciò che noi facciamo agli altri e a noi stessi viene rielaborato attraverso una riscrittura della nostra storia che fa di noi il soggetto maltrattato o ignorato dagli altri. E tutto questo invece di chiederci cos’è che, nella nostra condizione umana, esacerba il malessere, generato tanto dai peccati degli altri quanto dai nostri.
 
Passo quindi a spiegare in che modo i nostri peccati sono perdonati e le malattie delle nostre vite affrontate. Nella sua morte lui stesso si è fatto carico del peso, del dolore e del prezzo della nostra condizione di peccatori. Il Gesù che ci viene mostrato dalla storia cristiana, trae origine dal suo essere pienamente umano. E nella sua condizione umana, pur conservando la sua divinità, egli ha provato tutto il peso del peccato e della disperazione. La sua resurrezione ha spezzato le catene che ci legavano alla nostra condizione di peccato e ci ha offerto la libertà eterna. È questo che si trova nel nucleo essenziale della sua offerta di guarigione dalla nostra malattia.
 
E ora fate attenzione a come termina la narrazione.
 
Gesù, conosciuti i loro pensieri, disse: “Perché pensate cose malvagie nei vostri cuori? Che cosa infatti è più facile dire: “Sono rimessi i tuoi peccati”, o dire: “Àlzati e cammina”? Ebbene: affinché conosciate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: Àlzati! – disse al paralitico – prendi il tuo letto e va’ a casa tua”.
Quello si levò e se ne andò a casa sua.
A tal vista le folle furono prese da stupore e glorificavano Dio per aver dato un tale potere agli uomini.
 
Dato che non si può dimostrare fisicamente la liberazione da tale prigionia, Gesù va oltre e compie quanto non ci si aspettava: egli guarisce l’uomo, così che questo può camminare.
 
In questa brevissima riflessione su questo tema vitale, voglio concludere con una cosa troppo spesso dimenticata. Gesù guarisce per davvero. Sì, egli solleva il peso della frattura interiore. Sì, egli rimuove il dolore della colpa e reca guarigione alla memoria delle nostre colpe. Ma la sua voce si fa sentire anche nelle giunture, nei tessuti e negli organi del nostro corpo e reca guarigione.
 
Conosco le domande che ne seguono: perché non sono guariti tutti? La mia malattia è causata dal mio peccato o da un altro? Perché un Dio che è amore permette innanzitutto la malattia?
 
Posso ricavare dal testo biblico la documentazione delle sue guarigioni. E secondo me accettare una parte di quanto egli ha detto e fatto, e non le altre, è a mio parere una lettura fortemente sbagliata del testo.
 
Inoltre, nelle nostre storie personali e collettive di cristiani, sappiamo di altri, e forse di noi stessi, che hanno testimoniato l’autentica guarigione del Cristo sia nel corpo che nell’anima.All’età di 12 anni, mio padre, che era prossimo alla morte, con una diagnosi di pochi mesi di vita, fu portato fuori dall’ospedale dai pastori suoi confratelli e unto con l’olio secondo le istruzioni del testo biblico. Alcuni giorni dopo egli usciva dall’ospedale sulle proprie gambe, guarito.
 
Nella vita, oggi faccio esperienza della profonda sofferenza e del pesante fardello di nipoti che trascorrono le loro vite con gravissime disabilità mentali, accumulando dolore e richiedendo impegno alla loro famiglia che se ne prende cura. Al centro di questo percorso personale, vedo la morte e la resurrezione di Gesù come fonte di entrambe le forme di guarigione.
 
Nella nostra ricerca di soluzioni alla sofferenza, permettiamo dunque ai nostri cuori di essere attratti verso Gesù che, nel suo amore, conosce la profondità del nostro dolore e della nostra sofferenza! Pure, egli offre guarigione e sollievo dalla disperazione che ci priva di ciò che la sua impronta – la imago Dei – afferma e promette.
 
Nel pieno della malattia, scopriamo dunque il valore della vita! Ma cerchiamo di non razionalizzare la nostra malattia senza permettere così alla grazia e alla misericordia di un Dio d’amore di entrare nelle nostre vite.
 
La sua autentica essenza è quel qualcosa che guarisce la malattia sia del cuore che del corpo.
 


Discorso di Brian C. Stiller
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