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Thelma Esperanza Aldana Hernȧndez

Leader politico ed ex Procuratore generale, Guatemala
 biografia
Buongiorno a tutte e tutti i distinti presenti. Desidero ringraziare di cuore la Chiesa di Bologna e la Comunità di Sant’Egidio per la loro ospitalità e il cordiale invito a partecipare al presente Meeting Internazionale  “Ponti di Pace”. Un evento che riunisce personalità di diversi paesi a livello mondiale con i quali, ne sono assolutamente convinta, condividiamo lo stesso obiettivo: essere attori del cambiamento con il fine di rafforzare l’unità, la pace e la solidarietà nei nostri popoli.  
 
In questa occasione discutiamo di un tema importante e al contempo complesso: La Globalizzazione.
Importante poiché ha consentito grandi progressi nello sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, favorendo e rendendo libero il commercio internazionale attraverso processi sempre meno burocratici;  situazioni queste che hanno creato condizioni più vantaggiose per l’apertura e l’espansione del mercato, generando di conseguenza importanti risultati economici per i diversi Stati.
 
Tuttavia risulta anche essere un fenomeno complesso in quanto, nonostante la Globalizzazione abbia significato migliori condizioni di vita per alcuni, non si può ignorare il fatto che ha ampliato il divario tra chi ostenta il privilegio delle risorse economiche e chi vive nella povertà e non può neanche avere accesso ai servizi fondamentali che garantiscano le condizioni minime di sviluppo. Questa dunque è risultata essere una globalizzazione sproporzionata, una globalizzazione ingiusta.
 
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres ha sottolineato che: “Per più di una generazione, i redditi dell’1% più ricco del pianeta, sono cresciuti ad un ritmo due volte maggiore di quelli del 50% più povero”.
Ne deriva una riflessione obbligatoria ed un ripensamento dei modelli economici che possano davvero generare opportunità di sviluppo integrale per la popolazione in generale; che la maggior parte delle nostre Costituzioni riconoscano l’obbligo degli Stati di garantire il bene comune. Nel caso del mio paese, il Guatemala, il testo costituzionale stabilisce addirittura che: “Il regime economico e sociale della Repubblica del Guatemala si basa sui principi della giustizia sociale”, un importante postulato che è ancora lungi dall’essere una realtà.
 
L’economia globale rende invisibili le popolazioni più vulnerabili come l’infanzia, i migranti, i popoli indigeni, gli anziani, le persone diversamente abili e ovviamente le donne. Le nostre società devono comprendere che una buona parte della trasformazione dei modelli economici, deve permettere di eliminare le diverse forme di discriminazione della donna, garantendole l’accesso alla salute, all’istruzione, alla sicurezza, al lavoro e, naturalmente, favorendo la sua attiva partecipazione nelle posizioni di controllo. 
 
La disuguaglianza non implica solamente la mancanza di accesso a condizioni basiche di sviluppo, ma favorisce anche realtà che generano maggiori poli di conflittualità, violenza, discriminazione e criminalità, minando l’armonica e pacifica convivenza sociale.
 
Nel caso del Guatemala, proprio la violenza strutturale, la chiusura degli spazi politici, il razzismo e la debole istituzionalità, escludente ed antidemocratica, hanno provocato il Conflitto Armato Interno che è durato 36 anni e che ha causato più di 200.000 morti ed oltre 45.000 “desaparecidos”, fino a quando nel dicembre del 1996 sono stati firmati gli Accordi di Pace.
 
Desidero aprire una parentesi e approfittare di questo momento per riconoscere e ringraziare, come cittadina guatemalteca l’importante ruolo della Comunità di Sant’Egidio nel facilitare le condizioni di dialogo e del negoziato di pace nel 1995 e 1996, la partecipazione attiva di persone come Roberto Bonini, amico della Comunità e del Guatemala, senza dubbio ciò ha direttamente contribuito al risultato. 
 
Un altro importante aspetto che dobbiamo sempre tenere presente, nell’analisi della disuguaglianza e la violazione dei Diritti Umani che questa provoca, è il cancro della corruzione che mette in evidenza le più meschine ed egoistiche intenzioni di coloro che, abusando del proprio ruolo, incarico o funzione, cercano di ottenere principalmente benefici economici a scapito degli interessi, dei diritti e della dignità del prossimo. La Convenzione delle Nazioni Unite contro la Corruzione indica che questo flagello genera problemi gravi per: “La stabilità e la sicurezza delle società, intaccando le istituzioni ed i valori della democrazia, l’etica e la giustizia, compromettendo lo sviluppo sostenibile e la supremazia della legge”.
 
Durante il periodo in cui ho ricoperto l’incarico di Procuratrice Generale della Repubblica e Capo del Pubblico Ministero, in sinergia con la Commissione Internazionale Contro l’Impunità in Guatemala - CICIG -, abbiamo intrapreso una lotta ferrea contro la corruzione e l’impunità, smantellando diverse organizzazioni criminali in seno allo Stato, come quella del caso “La Línea”, in cui si è messo in luce l’operato di un’organizzazione criminale, capeggiata dall’allora Presidente della Repubblica Otto Pérez Molina e dalla Vice Presidente Roxana Baldetti, dedita alla frode doganale attraverso il traffico di influenze. 
 
Mediante una rigorosa applicazione della legge, abbiamo portato al  banco della giustizia, tra gli altri, diversi casi di corruzione nella contrattazione e prestazione di servizi pubblici, nel sistema sanitario, nel sistema doganale e tributario, nel sistema politico elettorale, in cui sono coinvolti politici e altri privati che, mirando ai propri interessi personali, hanno minato le opportunità di sviluppo di migliaia di guatemaltechi e guatemalteche.
 
In base all’analisi realizzata dall’Istituto Centroamericano di Studi Fiscali - ICEFI - sui casi di corruzione prima indicati, il costo sociale della stessa, solamente nel 2015, è stato stimato in 538 milioni di dollari, il che significa: 2,6 milioni di bambini senza alimentazione scolastica né materiale di studio; 1,2 milioni di bambini con meno di cinque anni che non ricevono micronutrienti; più di 1 milione di bambini con meno di un anno senza poter essere vaccinati e oltre 300 mila donne prive di assistenza qualificata durante il parto. Tutto ciò mette dunque in evidenza la relazione diretta che esiste tra corruzione, sottosviluppo e povertà.
 
Come cittadini e cittadine del mondo dobbiamo essere coscienti della necessità e dell’importanza di continuare a lottare per rafforzare la giustizia, nella sua doppia accezione: come giustizia sociale e in senso stretto.
 
Dobbiamo ripensare la ragione d’essere ed agire dello Stato, continuare a sforzarci per ridurre la disuguaglianza, la povertà e la povertà estrema. Questo è esattamente l’obiettivo numero 1 tra gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile
 
I nostri Stati, rispetto alla Giustizia Sociale, devono responsabilmente assumere l’obbligo di sviluppare ed implementare politiche al servizio dei propri abitanti, tali da garantire realmente lo Sviluppo Umano Integrale.
 
Si devono creare maggiori e migliori opportunità di lavoro con le condizioni che rispettino la dignità della persona, ovviamente facendo uso in modo responsabile dell’ambiente e delle risorse naturali, consapevoli degli effetti del cambiamento climatico e, naturalmente, rispettando gli impegni che scaturiscono dagli strumenti internazionali come i processi di consultazione comunitari, contemplati nell’Accordo 169 della OIT.
 
Così come ha detto il Santo Padre Francesco, alludendo alla Costituzione Gaudium et Spes: “L’insieme dei processi di produzione deve, quindi, adeguarsi alle necessità della persona ed in particolare allo stile di vita di ciascuno”. 
 
Ma anche a partire dal concetto di Giustizia propriamente detto, dobbiamo continuare a potenziare le Istituzioni incaricate della sua erogazione. La lotta contro la corruzione e l’impunità è irrinunciabile. Mediante la supremazia della legge, si rafforzano gli Stati di Diritto, promuovendo la convivenza sociale in armonia.
 
Non possiamo permetterci di essere soltanto spettatori dalle nostre diverse posizioni ma, in modo attivo come messaggeri di pace, contribuire alla costruzione di società più umane e giuste. 
 
Concludo il mio intervento citando il libro di San Matteo, capitolo 5, verso 9: “Beati coloro che lavorano per la pace, perché Dio li chiamerà figli suoi”.
 
Molte grazie.
 


Discorso di Thelma Esperanza Aldana Hernández
Discorso di Thelma Esperanza Aldana Hernández
Discorso di Thelma Esperanza Aldana Hernández
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