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Daniel Sperber

Rabbino, università “Bar Ilan”,Israele
 biografia

Poco più di mezzo secolo fa, nel 1965, la Chiesa Cattolica pubblicò un documento fondamentale, Nostra Aetate. Senza dubbio la pubblicazione di questo documento ha costituito per gli ebrei un punto di svolta. Esso creava una nuova relazione tra Ebraismo e Chiesa Cattolica, e di conseguenza Cristianesimo in generale. Esso preparava la strada ad un dialogo più significativo ed aperto in cui i problemi posti innanzi ad entrambe le religioni potessero essere discussi suggerendo approcci possibili, congiunti o specifici.  Senza dubbio le autorità pontificie dimostrarono grande coraggio ed onestà nell’assumere questa posizione radicale. Chiunque sfogli le bozze preliminari vedrà la grande tensione e la fatica anche solo per trovare la giusta formulazione. Non occorre dire, che questa enciclica, man mano che veniva conosciuta nel mondo ebraico, fu accolta con molto favore.

Venne vista come un atto di contrizione tragicamente tardiva, che arrivava dopo la terribile rivelazione pubblica della piena estensione dell’olocausto. Si percepì che essa rifletteva la colpa della Chiesa, il senso del tentativo di una sorta di riparazione, tanto più vista la posizione della Santa Sede durante il periodo della Shoa.

Inoltre, fu vista come l’ammissione di quella che, dal punto di vista ebraico, era stata un’accusa totalmente irrazionale contro gli ebrei, che aveva suscitato quasi due millenni di odio, sofferenza, spargimento di sangue, inquisizione, per ricordare solo alcune delle molte espressioni di questo odio.

Quindi, la Nostra Aetate venne vista da molti intellettuali ebrei, soprattutto i sopravvissuti all’olocausto, come un’ammissione del tutto tardiva di una terribile ingiustizia storica che aveva segnato due millenni di vista ebraica nella società cristiana con il suo seguito di orrori.

Tuttavia, per quanto tardiva, fu e deve essere benvenuta. Perché, come detto prima, essa preparava la strada a una nuova relazione tra le due religioni, nella quale ciò che è comune e simile ha più peso delle differenze.

Ha creato un processo molto positivo e un dialogo creativo, non inter-religioso, ma intra-filiale. Così nel 2002 la Pontificia Commissione Biblica ha pubblicato un documento intitolato “Gli ebrei e le loro sacre scritture nella Bibbia cristiana”, in cui leggiamo il seguente brano (paragrafo 20):
 

… Dalla prospettiva teologica il dialogo con l’ebraismo ha un carattere completamente diverso ed è su un livello diverso rispetto a quanto accade con le altre religioni mondiali. La fede degli ebrei testimoniata nella Bibbia, presente nell’Antico Testamento, non è per I cristiani un’altra religione, ma il fondamento della loro propria fede, sebbene chiaramente la figura di Gesù sia l’unica chiave per l’interpretazione cristiana delle Scritture dell’Antico Testamento. La pietra angolare della fede cristiana è Gesù (Atti 4:11` 1 Pt 2:4-8). Tuttavia, il dialogo con l’ebraismo occupa una posizione unica per i cristiani. Il cristianesimo è alle sue radici legato all’ebraismo come con nessun’altra religione. Quindi, il dialogo ebraico-cristiano può solo con riserva essere definito inter-religioso nel vero senso della parola: si potrebbe parlare di una sorta di dialogo sui generis intra-religioso o intra-familiare. Nel saluto nella sinagoga di Roma, il 12 Aprile 1986, papa San Giovanni Paolo II ha espresso la situazione con queste parole: “La religione ebraica non è estrinseca a noi, ma in certo senso è intrinseca alla nostra religione. Con l’ebraismo quindi abbiamo una relazione quale non abbiamo con nessun’ altra religione. Voi siete i nostri cari fratelli e, in un certo senso, si potrebbe dire che siete i nostri fratelli maggiori."


E nel paragrafo 25 si legge:

L’Ebraismo e la fede Cristiana come sono visti nel Nuovo Testamento sono due modi con cui il popolo di Dio può far proprie le Sacre Scritture di Israele. La Scrittura che i cristiani chiamano Antico Testamento è quindi aperta in entrambe le direzioni.

Allo stesso modo si legge nel paragrafo 22:

I cristiani possono e devono ammettere che la lettura ebraica della Bibbia è una lettura possibile, che si trova in continuità con le sacre Scritture ebraiche dall'epoca del secondo Tempio ed è analoga alla lettura cristiana, che si è sviluppata parallelamente ad essa. Ciascuna delle due letture è correlata con la rispettiva visione di fede di cui essa è un prodotto e un'espressione, risultando di conseguenza irriducibili l'una all'altra.

Tra le varie risposte ebraiche, il 9 Dicembre 2015, 28 rabbini ortodossi hanno rilasciato una dichiarazione attraverso il Centro per il dialogo e la cooperazione ebraico-cristiana, e dichiarando il loro apprezzamento per la Nostra Aetate, hanno affermato:

Ora che la Chiesa Cattolica ha riconosciuto il Patto eterno tra Dio ed Israele, noi ebrei possiamo riconoscere la continua validità costruttiva del cristianesimo come nostro alleato nella redenzione del mondo, senza paura che questo sarà sfruttato a scopi missionari.

Questa è stata una diretta conseguenza della Nostra Aetate e delle successive encicliche che hanno creato relazioni sempre più strette e una comprensione reciproca tra cattolicesimo ed ebraismo.
Alla luce di questa nuova relazione possiamo confrontare le nostre comuni sfide, siano essere relative alla società – come la secolarizzazione, – o alla teologia – come i concetti di vita, dopo vita, salvezza,… con le loro implicazioni, aborto, controllo delle nascite, eutanasia – o all’etica – come la santità della famiglia, la santità di spazio e tempo, l’uomo e il lesbismo, etc. Questi sono problemi per entrambi, così come le difficili sfide dell’ecologia e della conservazione che sono state recentemente affrontate dalla Santa Sede. Così pure la globalizzazione con le sue profonde implicazioni, e qualsiasi ulteriore questione possiamo onestamente e risolutamente affrontare. Unendo le forze apertamente e in modo non apologetico, ricorrendo alle nostre tradizioni congiunte e alla saggezza accumulata e alle somiglianze dei nostri codici morali, facendo appello ad una comune eredità, speriamo di poter aprire la strada ad ulteriori correzioni dei molti pregiudizi che ci affiggono e a rimedi per i molti mali che ci affliggono tutti, a quello che in ebraico è chiamato Tikkun Olam.