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Carissimi amici e amiche,
vi ringrazio dell’invito che mi avete fatto, perché è sempre bello sperimentare concretamente la fraternità. E qui, in questi incontri, è possibile vivere la fraternità e la comunione ecclesiale ed extra-ecclesiale come una realtà tangibile. C’è un reale bisogno nel mondo contemporaneo di questi momenti di riflessione e di dialogo autentico.
 
Voglio iniziare questo mio intervento con alcune parole che Papa Francesco ha detto recentemente a Napoli in occasione di un incontro sul Mediterraneo, organizzato dalla Facoltà teologica dell’Italia meridionale. 
 
Non è possibile leggere realisticamente tale spazio se non in dialogo e come un ponte ― storico, geografico, umano ― tra l’Europa, l’Africa e l’Asia. Si tratta di uno spazio in cui l’assenza di pace ha prodotto molteplici squilibri regionali, mondiali, e la cui pacificazione, attraverso la pratica del dialogo, potrebbe invece contribuire grandemente ad avviare processi di riconciliazione e di pace. Giorgio La Pira ci direbbe che si tratta, per la teologia, di contribuire a costruire su tutto il bacino mediterraneo una “grande tenda di pace”, dove possano convivere nel rispetto reciproco i diversi figli del comune padre Abramo.
 
Queste parole, che condivido totalmente, sono estremamente importanti e mi permettono una riflessione ulteriore. Prima di tutto sul Mediterraneo come spazio. In secondo luogo, sull’eredità di Giorgio La Pira.
Il Mediterraneo è, infatti, uno spazio fisico e sociale di grande rilevanza nella storia del mondo. È il luogo della “triplice famiglia di Abramo”, la culla delle tre religioni monoteiste – ebraismo, cristianesimo e islamismo – ma è anche luogo di commerci, di scambi culturali, di incontri e perfino di guerre. Andrea Riccardi, commentando le parole del Papa, lo ha definito come “il mare dell’irriducibile complessità”. Un luogo di incontri e di scontri in cui “le religioni giocano un grosso ruolo” e dove ha svolto una funzione profetica Giorgio La Pira. Il sindaco “santo” come lo chiamano a Firenze, ricorda ancora oggi, scrive Riccardi, “a un’Europa distratta e a cattolici autoreferenziali come il Mediterraneo sia un sistema di convivenza unitario e complesso, dalle cui crisi si esce insieme e in cui si deve vivere insieme tra cristiani, ebrei e musulmani”.
Questa è senza dubbio la più grande sfida di oggi. Rispetto ad una parte del mondo che si vuole chiudere a riccio dietro a un’ideologia o, peggio, dietro a un muro, lo sguardo profetico di La Pira fatto proprio da Francesco, invece, ci invita ad aprirci, ad andare incontro, ad uscire dalle nostre piccole sicurezze. Rispetto ad un’ondata emotiva caratterizzata da paura e rancore, che sembra percorrere tutta l’Europa, quella visione profetica del sindaco fiorentino ci esorta, invece, alla fraternità e alla pace, al dialogo e alla convivenza.
Questo è il difficile crocevia che abbiamo di fronte. Un crocevia che ci obbliga a compiere una scelta di vita importante per noi, per le nostre comunità e per il nostro continente. Ci impone una scelta decisiva, non certo tra due opzioni politiche, ma due visioni della vita completamente differenti: tra l’amore e l’odio, tra la carità e la paura, tra la responsabilità e l’indifferenza.
Questo complesso crocevia della storia ci impone una scelta di campo tra un mondo che vuole essere ancora partecipe di quell’umanesimo cristiano a cui faceva riferimento Paolo VI alla fine del Concilio Vaticano II, e un mondo che invece ha dimenticato totalmente la sorgente della fede che a monte animava l’umanesimo a cui faceva riferimento papa Montini. Un umanesimo che era indubbiamente Cristocentrico ma che, al tempo stesso, si accostava ai bisogni della persona umana. 
Ho detto, non casualmente, che oggi una parte della nostra società “ha dimenticato” questi insegnamenti che Paolo VI condensava con un’espressione impegnativa: costruire “una civiltà dell’amore”. Il mondo contemporaneo ha dimenticato perché non ha più memoria di ciò che è stato, non sa più ricordare e non ha più dimestichezza con la dimensione della storia che presuppone un “prima” e un “dopo” le nostre esistenze. Molti uomini e donne di oggi vivono, invece, in un presente ossessivo, dominato da un “io assoluto”, che li fa vivere, purtroppo, come ciechi di fronte alle sfide del mondo contemporaneo. Questa condizione rende difficilissima ogni forma di scambio, di dialogo e di incontro in Europa e nel Mediterraneo che, invece, sono luoghi ricchi di esperienze fede e densi di storia. 
Lo sapeva bene Giorgio La Pira che, essendo cresciuto in Sicilia e abituato da sempre a contemplare il Mar Mediterraneo, elaborò un’immagine che svilupperà lungo tutta la sua vita: la cosiddetta «storiografia del profondo». La «storiografia del profondo» evoca l’idea di una storia «messianica» con cui La Pira descrive «il movimento teleologico della storia sotto la ferma e immutabile guida di Dio e il soffio trasformatore dello Spirito». È un’immagine che il sindaco di Firenze elabora proprio dall’osservazione del Mar Mediterraneo: «sotto le tempeste della superficie, temibili per le singole barche – scrive Piersandro Vanzan – le immote profondità marine incanalano, senza deviazione possibile, correnti impetuose e sorreggono immobili l’alternarsi delle maree».
In questo equilibrio cosmico e in questa visione profetica, La Pira sviluppa la sua visione sul Mediterraneo. Una visione di incontro tra le tre religioni di Abramo ma anche e soprattutto una visione di pace. Ecco un’altra parola densa di significati, troppe volte evocata con leggerezza, e che invece ha un’importanza cruciale per il mondo contemporaneo. Mentre nella vecchia Europa si affermano, sempre più, parole di inimicizia, nel Nord Africa e nel Medio Oriente continuano a svilupparsi guerre intestine, morti innocenti e nuove schiavitù.
Mai come oggi, pertanto, c’è un enorme bisogno di pace. Pace nei nostri cuori, indubbiamente, ma anche pace per tutti quei migranti che trovano la morte nel Mediterraneo e pace per tutte quelle famiglie in Siria che hanno perso tutto: gli affetti, la casa, la vita. Papa Francesco a Bari, nel 2018, ha detto che “la speranza ha il volto dei bambini”. E ha poi aggiunto: “In Medio Oriente, da anni, un numero spaventoso di piccoli piange morti violente in famiglia e vede insidiata la terra natia, spesso con l’unica prospettiva di dover fuggire”. Questa è senza dubbio “la morte della speranza”. Per opporsi concretamente a queste atrocità bisogna aprire, come ha detto Francesco, dei “sentieri di pace” dove si possa volgere “lo sguardo a chi supplica di convivere fraternamente con gli altri”.
Ed è quello che, come Chiesa italiana, stiamo cercando di fare, anche sull’esempio di La Pira. Il sindaco di Firenze nel lontano 3 ottobre 1958 inaugurò a Firenze i «Colloqui mediterranei» con lo scopo ambizioso, come disse nel suo discorso iniziale, di «cooperare alla costruzione della pace nel Mediterraneo e nel mondo». La pace era l’unico, vero, grande obiettivo di La Pira che concluse il suo storico discorso dicendo: 
 
La pace, l’amicizia e la solidarietà fra Israele e Ismaele; la pace, l’amicizia e la solidarietà fra i popoli prima colonizzati e quelli prima colonizzatori; la pace, l’amicizia e la solidarietà fra tutte le nazioni cristiane, arabe e la nazione di Israele. Questa pace del Mediterraneo sarà inoltre come l’inizio e il fondamento della pace fra tutte le nazioni del mondo. Quando questa pace del Mediterraneo sarà fatta e quando sarà fatta la pace fra tutte le nazioni, allora noi potremo ricordarci con gioia i divini messaggi di pace che sono risuonati su queste stesse rive.
 
Queste parole profetiche sono ancora oggi valide e rappresentano un monito di eccezionale importanza per gli uomini e le donne di ogni tempo. Un monito così importante che ormai da circa un anno come Chiesa italiana stiamo lavorando per l’organizzazione di un grande incontro di riflessione e spiritualità che si svolgerà a Bari dal 19 al 23 febbraio 2020 e si concluderà con una celebrazione eucaristica alla presenza di Papa Francesco.
Quest’incontro, che si intitola Mediterraneo frontiera di pace, permetterà l’incontro tra tutti i vescovi cattolici dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo ed è basato sull’ascolto e sul discernimento comunitario. Si tratta dunque di un’assise unica nel suo genere, che incarna la visione profetica di Giorgio La Pira, permetterà di valorizzare il metodo sinodale e cercherà di compiere un piccolo passo verso la promozione di una cultura del dialogo e verso la costruzione della pace in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo. Si tratta infatti di un incontro di vescovi del Mediterraneo che hanno a cuore il Mediterraneo concreto, non un sogno di Mediterraneo.
La gravità delle crisi che attraversano l’area mediterranea è sotto gli occhi di tutti e come Chiesa abbiamo il dovere, non solo di non chiudere gli occhi, ma di comprenderla e denunciarla con forza. La crisi del Mediterraneo è innanzitutto una crisi di squilibrio economico, causato da un sistema economico che troppo spesso moltiplica le diseguaglianze. La crisi del Mediterraneo è una crisi internazionale estremamente grave e pericolosa per l’Europa e il mondo intero: la mancanza di stabilità nella sponda sud del Mediterraneo significa, infatti, anche una mancanza di stabilità nella sponda nord. La crisi del Mediterraneo è poi una crisi dei diritti umani: in particolar modo nei campi e nelle prigioni, in Libia, nei campi profughi di Turchia, nelle isole greche come Lesbo. La crisi del Mediterraneo è inoltre una crisi demografica perché è la faglia fra due realtà demograficamente opposte, una di decrescita e l’altra di crescita. Anche per questo la situazione migratoria non può essere letta solo alla luce della mancanza di sviluppo e della instabilità ma deve essere inserita, invece, in un processo epocale che va governato con carità e responsabilità. 
Per questi motivi, non dobbiamo e non possiamo unirci al coro dei profeti di sventura – di tutti coloro cioè che lamentano esclusivamente l’aspetto negativo delle migrazioni – ma riconoscere che qualcosa di nuovo può e deve nascere anche nell’area mediterranea. 
 
Cari amici e care amiche, mai come oggi dobbiamo acquisire la consapevolezza che non c’è Europa senza Mediterraneo e non c’è Mediterraneo senza Europa. Non ci potrà mai essere un’Europa stabilmente in pace, senza pace nel Mediterraneo. 
Il Mediterraneo unisce e divide i popoli rivieraschi, unisce e divide il mondo. La storia dell’Europa moderna ci dice che quando il Mediterraneo è usato per dividere, i poveri – a qualsiasi riva appartengano – finiscono per soffrirne. È un inganno demagogico e pericoloso far credere che la divisione offra garanzie: l’interdipendenza dei popoli, infatti, non è una scelta ideologica “buonista”, è un dato di realtà che va gestito! 
Questa la sfida che ci troviamo a vivere, care sorelle e cari fratelli: una sfida che noi cristiani cogliamo per rimanere fedeli alla sequela di Gesù!