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António Vitorino

Director General de la Organización Internacional para las Migraciones (OIM)
 biografía

•  Questa mattina vorrei riflettere su alcuni dei più grandi spostamenti avvenuti in anni recenti, e su alcune tendenze future che noi dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni pensiamo che i politici, le comunità e i cittadini dovranno tenere in considerazione nella prossima generazione.

•  Viviamo in un’epoca di contraddizioni. Ci sono più persone in movimento di quante ce ne siano mai state prima, non soltanto per iniziare nuove vite o nuovi lavori, ma anche per viaggiare per turismo o per affari. L’Organizzazione mondiale del Turismo delle Nazioni Unite stima che gli arrivi turistici internazionali hanno raggiunto oltre 1,4 miliardi nel 2018; la cifra di migranti internazionali nello stesso anno è stata stimata in circa 258 milioni. 

•  Ma noi ci concentriamo in maniera sproporzionata su quelli che varcano le frontiere – temporaneamente, o in maniera permanente – come migranti, mentre quelli che si muovono nel loro paese – soprattutto i dislocati per conflitti o disastri naturali – vengono ignorati. Una stima dei dislocati interni è difficile da precisare, ma l’OIM da sola offre sostegno a circa 23 milioni di dislocati interni nel mondo, in Yemen, Libia, Iraq, Mozambico, Ucraina; la lista sembra infinita. 

•  In questo secolo, i fattori che spingono le persone a muoversi diventeranno più complesse e potenzialmente irrefrenabili. Gli elementi chiave che influenzano la mobilità e le migrazioni evolvono costantemente, ma i fattori fondamentali a livello globale – in particolare l’economia, la pace e la sicurezza – rimarranno determinanti di come evolveranno le dinamiche e gli atteggiamenti. I conflitti, sia civili che transnazionali, influenzeranno in gran parte i modelli di spostamenti e migrazioni.

•  Ma questo subirà anche l’impatto di un rapido cambiamento climatico, con effetti profondi e variegati sulla popolazione globale. Mentre alcuni gruppi saranno toccati direttamente da disastri naturali legati alle condizioni climatiche – come alluvioni, siccità ed eventi atmosferici estremi – altri saranno colpiti dalla desertificazione crescente, dall’erosione delle coste e dall’instabilità delle infrastrutture dovuta alla mancanza di risorse. Tutto ciò, insieme al perdurare delle ineguaglianze e della fragilità e al cambiamento demografico, porterà ad un aumento della mobilità interna, regionale e internazionale, perché le persone cercano delle fonti di sostentamento sufficienti per se stessi e per le proprie famiglie. 

•  Per farvi un esempio. Milioni di persone nell’Africa occidentale e centrale dipendono dal Lago Chad; tuttavia il volume del lago è diminuito del 90% negli ultimi 40 anni a causa di un aumento delle siccità e di un accresciuto prelievo per l’irrigazione. La scomparsa del lago non ha toccato soltanto la sopravvivenza di milioni di persone ma è anche fonte di tensioni e conflitti interni. 

•  Cambiamenti ambientali interconnessi come siccità e alluvioni, sfruttamento eccessivo di risorse e cambiamento climatico sono fattori che contribuiscono alla mobilità rurale verso la città e ad una mobilità periodica nell’ambito di paesi e sovranazionali nella stessa regione. Tuttavia in Europa spesso restiamo focalizzati sulla rotta attraverso la regione del Lago Chad che porta ad una barca che attraversa il Mediterraneo – piuttosto che sulle condizioni estreme che colpiscono le vite all’interno della regione.  

•  Per l’OIM, il cambiamento climatico significa che c’è bisogno di una risposta più complessa in sempre più ambiti critici, sia da un punto di vista politico che nella prassi. In Bangladesh, per esempio, l’OIM lavora con altre agenzie per sostenere i rifugiati Rohingya che vivono nei campi mentre infuria la stagione dei monsoni. Solo la settimana scorsa, 15 frane, 25 temporali e 5 alluvioni hanno provocato la dislocazione temporanea di circa 15.000 persone, sia nella comunità ospitante sia nei campi. Dopo pochi mesi, eventi atmosferici estremi creano un profondo sconvolgimento per una popolazione già estremamente vulnerabile. 

•  Di fronte ad un’accresciuta vulnerabilità di quanti si spostano, spesso assistiamo alla paralisi politica, soprattutto nell’affrontare i fattori più urgenti come il cambiamento climatico. 

•  E mentre le migrazioni rappresentano il primo punto nelle agende politiche del globo – soprattutto qui in Europa – è diventato più difficile parlarne in modo obiettivo e ragionato. E’ diventato anche più difficile trovare modi ragionevoli per implementare elementi di politica migratoria che erano stati considerati fondamentali e fuori discussione: migrazioni legali (ingressi legali), ricongiungimenti familiari, accesso alla cittadinanza, inclusione sociale. Anche il ricollocamento, che era stato messo raramente in discussione come una soluzione positiva per i rifugiati maggiormente in difficoltà in tutto il mondo. C’è una tendenza crescente a dare a queste misure un tratto negativo, o a limitarle in maniera illegittima. 

•  Possiamo essere spesso miopi nelle nostre preoccupazioni. Mentre noi – giustamente – ci preoccupiamo profondamente per quanti si imbarcano in viaggi sempre più pericolosi attraverso il Mediterraneo centrale, dimentichiamo spesso che oltre 85.000 persone soprattutto Etiopi hanno attraversato il Mar Rosso verso lo Yemen nel 2019 fino ad ora. Non solo la traversata è piena di rischi, ma la destinazione stessa è pericolosa. I diritti e i bisogni di quanti si spostano dovrebbero essere considerati ugualmente meritevoli di risposte, indipendentemente dalla geografia. 

•  La maggior parte del dibattito in Europa resta incentrato sulla paura di una crescita demografica nelle regioni vicine e di un aumento esponenziale di migrazioni illegali in Europa. La realtà è molto più complicata. Per esempio, l’Africa ospita più di un quarto della popolazione rifugiata del mondo – e questo non include quelli che si trovano dislocati all’interno dei confini del proprio paese. I cinque paesi che più producono rifugiati – Sud Sudan, Somalia, Sudan, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana – a malapena compaiono nell’elenco delle nazionalità dei richiedenti asilo in Europa. Un lungo viaggio è un lusso lontano, e la sicurezza è la priorità. 

•  E questo oscura molto del potenziale che esiste. Nel 2017 c’erano 19 milioni di persone di nazionalità africana che vivevano in un altro paese africano, in confronto con gli 8,75 milioni in Europa (e i 17 milioni nel mondo). La mobilità interna all’Africa ha un potenziale di trasformazione, non ultimo con l’avvento della zona di libero scambio dell’Unione Africana, accompagnato dallo sviluppo di un libero movimento. (C’è un’ironia nel fatto che questo stia accadendo mentre le aree di libero movimento in Europa sono più rigide). I governi della regione stanno investendo in politiche migratorie che faciliteranno un movimento sicuro e legale, soprattutto di identità legale, e daranno ai cittadini l’opportunità di muoversi per cercare lavoro. 

•  In un tempo così breve non posso pensare di affrontare tutti i temi che, all’OIM, vediamo all’orizzonte. Ma spero di essere riuscito ad offrire diverse prospettive, e argomenti per i responsabili in questo campo. All’OIM siamo prudenti ma ottimisti. Con un forte sostegno, non soltanto da parte di governi lungimiranti, ma da parte di quanti hanno interesse e mezzi da investire in un futuro positivo per i migranti, possiamo garantire che le persone che scelgono di migrare possano farlo in maniera sicura, ordinata e regolare.