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Sharon Rosen

Direttore del "Religious Engagement, Search for Common Ground", Israele
 biografia

 Ancora una volta sono felice di partecipare agli incontri annuali di Sant’Egidio, un movimento per cui ho un enorme rispetto e ammirazione – sia per i suoi appassionati membri sia per le sue attività di promozione della pace nel mondo.

 
Quando mi fu chiesto di parlare a questo panel – Donne e Pace – mi sono venute alla mente due domande: ‘ perché c’è bisogno di una sessione su Donne e pace?” Qualcuno avrebbe pensato di tenere un panel su ‘ Uomini e pace’? Inoltre, mi chiedevo perché gli onorevoli partecipanti siano tutti donne. E’ semplicemente una questione di donne da discutere tra donne?
 
Per rispondere alla prima domanda, è chiaro che c'è bisogno di far luce sul ruolo delle donne come operatrici di pace e sull'importanza cruciale di garantire che esse abbiano un posto al tavolo dei negoziati di pace - a livello comunitario, nazionale e internazionale. Ancora oggi vediamo che le donne non sono naturalmente incluse di norma nelle discussioni per far progredire la pace. Se fosse "naturale", le donne sarebbero presenti al tavolo dei negoziati semplicemente in virtù del fatto che costituiscono il 50%  della popolazione e che sono membri della società. Non si può ancora dire che sia la "norma", se occorre l'intenzione di includerle nei negoziati di pace.
 
Questo è tanto più vero dei sistemi religiosi, che in genere sono basati su tradizioni patriarcali fondate su antiche culture. In queste tradizioni, in cui gli uomini detengono posizioni di autorità e sono privilegiati sulle donne, che di solito sono escluse dalla sfera pubblica, è ancora più difficile per le donne assumere ruoli di primo piano e far sentire la loro voce per la pace.
 
Non sto dicendo che le donne siano "operatori di pace naturali", sebbene il ruolo che hanno svolto nel costruire e sostenere relazioni all’interno di famiglie e comunità per centinaia di anni ha certo affinato le loro capacità. Non sto dicendo che tutte le donne siano operatrici di pace. Dio sa che abbiamo esperienza di tante nel mondo che non lo sono!
 
Ma le caratteristiche femminili - e lasciatemi dire che si trovano sia negli uomini sia nelle donne - che privilegiano la cura, la compassione, la mediazione e il dialogo su tratti più mascolini di forza, dominio, assertività e competizione, dovrebbero giocare un ruolo maggiore nei processi di pace - e il modo più facile perché questo accada è di far crescere più donne come leader pubblici in questo campo.  Dobbiamo anche trovare e incoraggiare gli uomini che sostengano le donne leader in questo ruolo. Questi tratti femminili sono alla base di modelli alternativi di leadership che non sono normalmente prevalenti nel nostro mondo e che, francamente, sono veramente necessari data la situazione di rischio in cui viviamo.
 
Detto semplicemente, non possiamo permetterci di escludere le donne dai processi di pace. Studi di UN Women mostrano che quando le donne sono coinvolte nei processi di pace, aumenta del 20% la probabilità che la pace duri più di 2 anni e del 35% la probabilità che duri più di 15 anni. Tuttavia, meno del 4 % dei firmatari di accordi di pace sono donne e solo il 10% dei negoziatori sono donne.
 
Per rispondere alla mia seconda domanda - è solo una questione di donne da discutere fra donne - rispondo assolutamente no, se siamo davvero impegnati a ridurre i conflitti violenti e a far progredire la pace nel mondo. Gli uomini devono partecipare a questa conversazione e sostenere il ruolo delle donne. Come disse una volta Kofi Annan "l'ingrediente migliore per la pace sono le donne". Egli è stato determinante nell'attuare la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza ONU su Donne, Pace e Sicurezza, che, tra le altre raccomandazioni, incoraggiava la partecipazione delle donne ai processi di pace.
 
Nel tempo che mi resta, vorrei proporre alcune suggestioni che ricavo da un affascinante progetto che ho diretto negli ultimi anni in Israele, con attori religiosi molto influenti, uomini e donne, ebrei e musulmani.
 
Lo scopo del progetto è estendere promotori di pace tra comunità profondamente religiose che sono generalmente percepite come ostacoli ad un accordo di pace negoziato che ponga fine al conflitto arabo-israeliano. Nel progetto ci concentriamo su come i leader religiosi possano essere parte della soluzione e non del problema.
 
I partecipanti discutono testi sacri che possano gettar luce su questioni nodali del conflitto. Attraverso l'ascolto e l'apprendere gli uni dagli altri all'interno di propri gruppi intra-religiosi, e quindi il confronto con coloro che appartengono all'altra fede, i leader sviluppano un "linguaggio religioso" che forma la base per raccomandazioni su come far avanzare la pace politicamente. I leader effettuano anche attività pratiche per far progredire la pace all'interno delle loro comunità. 
 
Tuttavia, piuttosto che parlare delle attività generali del progetto, voglio concentrarmi su quella che, inaspettatamente, è diventata un delle nostre sfide   -le tensioni di genere - e che ha quasi fatto fallire il progetto. Uno dei principi-guida dell'organizzazione che rappresento - Search for Common Ground - è il principio di inclusione. Noi riteniamo che includere una gran varietà di punti di vista sia un modo efficace per produrre cambiamenti positivi.  Quindi, volevamo ingaggiare un ugual numero di uomini e donne. Ma dal momento che il capo del gruppo musulmano aveva detto che non c'erano praticamente donne religiose, abbiamo ingaggiato donne profondamente religiose che erano leader in altri campi - istruzione, attività sociali, diritto.
 
Fortunatamente, non abbiamo avuto problemi a reclutare donne leader ebree; direttori di seminari religiosi femminili, di dipartimenti universitari e simili. Ma questo portò a differenti livelli di conoscenza religiosi tra le due parti.
 
Ci furono discussioni animate durante il progetto che accrebbero le tensioni di genere, ma il punto cruciale arrivò quando le donne ebree e musulmane vollero tener incontri sui sacri testi senza uomini presenti. Gli uomini capi-gruppo erano molto sospettosi e fecero obiezione a quella che percepivano come un'agenda femminista. Insistevano sul sapere quello che si discuteva. Si rifiutavano di "consentire" alle donne di tenere incontri separati senza la loro presenza di supervisori. Invece di scontarci frontalmente su questa questione - che minacciava la continuazione del progetto - raggiungemmo un compromesso, per cui i due uomini capi gruppo potevano partecipare agli incontri ma solo come osservatori.
 
Dopo il primo incontro, gli uomini non sono più intervenuti - le loro paure si erano placate. Avevano visto che le donne non stavano complottando per prendere il controllo! Semplicemente essere desideravano l'intimità e l'opportunità di discutere i testi in un modo che non sarebbe stato possibile in un incontro misto. Le donne ebree e musulmane si dimostrarono i partecipanti più impegnati nel progetto e molto influenti nel promuovere la pace nelle loro comunità
 
In conclusione da questo progetto abbiamo imparato 3 lezioni dall'inclusione delle donne in processi di riconciliazione religiosi:
 
La flessibilità è necessaria nell'ingaggiare le donne. Qualche volta non si trovano leader religiosi donne, ma se si getta la rete più al largo, si trovano donne che possono prendere il loro posto e "imparare sul campo".
 
Sensiblità – includere le donne su un piano di parità con gli uomini può sembrare una sfida a strutture e norme sociali/religiose tradizionali e porta a reazioni di rifiuto.  La soluzione è creare un'esperienza di rafforzamento sia per le donne sia per gli uomini, ed essere sensibili alle paure di entrambe le parti, ad es. la mancanza di fiducia e di formali conoscenze religiose o, negli uomini, la paura di perdere potere e privilegi.
 
Adattabilità è un ingrediente cruciale nel campo religioso e della costruzione della pace. Nonostante la necessaria programmazione, molto spesso, dobbiamo adattarci a seconda del bisogno - tanto più se le donne sono una parte integrante del progetto.
 
 
Se volete sapere quale sia la differenza tra flessibilità e adattabilità, la prima è necessaria per la crescita, la seconda per la sopravvivenza. Per fortuna le nostra società, incluse le nostre religioni, hanno imparato ad adattarsi più rapidamente al ruolo essenziale delle donne nella costruzione della pace. La nostra sopravvivenza può dipendere da questo.