Condividi su

Colette Guiebre

Coordinatrice del Programma “BRAVO!”, Burkina Faso
 biografia

 Nell’aprile 2001, la nave Etireno, partita dal porto di Cotonou, in Benin, si dirigeva verso il Gabon trasportando illegalmente circa 200 bambini destinati al traffico di esseri umani, pronti per essere venduti come forza lavoro. Era quasi giunta a destinazione, quando un’avaria costrinse l’equipaggio a chiedere aiuti. Fu così che il particolare “carico” venne scoperto. Sia il Gabon sia il Camerun, paese limitrofo, rifiutarono l’attracco alla nave che rimase in mare, senza viveri né acqua, per circa due settimane. Un numero imprecisato di bambini morì di stenti. La notte del 20 aprile, alla nave fu permesso di attraccare a Cotonou, per sbarcare i bambini. Il tentativo di riconsegnarli alle famiglie andò a vuoto. Nessuno di loro era in possesso di documenti e i loro nomi non risultavano nei registri dello stato civile dei Paesi da cui dicevano di provenire.

 
L’anno successivo, su una nave in partenza dallo stesso porto, durante un'ispezione, furono trovati più di 100 bambini, pronti per andare a lavorare nelle piantagioni di cacao della Costa d'Avorio. Riportati a terra, risultò impossibile - ancora una volta- individuare i loro genitori, perché non erano iscritti allo stato civile. 
 
Nel 2003, alcune centinaia di piccoli guineani, tra i quattro e i quindici anni, furono rimpatriati dalla Nigeria: era stato scoperto un traffico di esseri umani nella zona delle miniere illegali nello Stato di Ogun. I piccoli schiavi lavoravano senza paga e senza cibo, dall’alba al tramonto a estrarre metalli preziosi. Rientrati in Guinea, ancora una volta, non fu possibile restituirli alle famiglie.
 
Simili episodi accadono di frequente in molti paesi africani: le reti televisive trasmettono spesso foto di minori “rimpatriati” o fermati perché trovati a lavorare in condizioni di schiavitù. Si vuole, in questo modo, spingere i genitori a presentarsi alla polizia per riavere i bambini. Le famiglie, però, spesso non sono in grado di dimostrare la parentela perché in larga parte i bambini non sono iscritti allo stato civile 
 
Si tratta di un problema enorme: la tratta dei bambini e l’assenza della registrazione allo stato civile in molti paesi. Si tratta di piccoli, rapiti (o qualche volta consegnati dai genitori con l’illusione di un futuro migliore), costretti a lavorare come schiavi in piantagioni, miniere o utilizzati come domestici o nella prostituzione. 
 
La povertà, la consuetudine alla migrazione per i lavoratori stagionali e la facile penetrabilità delle frontiere, oltre che la corruzione, facilitano il dilagare del fenomeno.
 
Il traffico di esseri umani, in Africa, si stima renda 9,5 miliardi di dollari l'anno, attraendo organizzazioni criminali e aumentando la corruzione su scala globale. Assai spesso i piccoli vittime di tratta provengono da zone rurali, dove il sistema di stato civile è insufficiente. Moltissimi sono quelli che, non essendo stati registrati, non possono essere rimpatriati e difficilmente potranno essere restituiti ai loro genitori.
 
Nella complessa mappa del traffico, la Nigeria e il Gabon sono individuati come paesi che ricevono e collocano bambini provenienti da Mali, Burkina Faso, Togo, Benin, per l’accattonaggio, nei mercati, nelle piantagioni, nei lavori domestici, in stato di servitù, nella prostituzione. Anche in Africa orientale, il traffico di esseri umani finalizzato al lavoro forzato o allo sfruttamento sessuale è in preoccupante aumento. In Tanzania i ragazzi vittime del traffico sono impiegati nelle piantagioni, nelle miniere, nel settore ittico e in altre attività dell’economia sommersa, mentre le ragazze sono destinate alle aree urbane di Zanzibar, ma anche ad alcuni Paesi mediorientali, dove sono impiegate nei lavori domestici e nel giro della prostituzione. Una parte viene condotta in altri Paesi africani, in Medio Oriente, in Arabia Saudita o negli Emirati Arabi Uniti. Il fenomeno sta diventando preoccupante anche in paesi quali Mozambico e Sudafrica. Negli ultimi anni, oltre cinquanta casi di traffico di minori e di donne sono stati denunciati in Mozambico, mettendo in luce un problema di tutta l’Africa del Sud. Ogni anno, almeno un migliaio tra donne e bambini del Mozambico vengono fatti entrare illegalmente in Sudafrica, con la promessa di un lavoro o opportunità di studio, per finire invece nel mercato della prostituzione. In Sudafrica si ha notizia anche di un traffico di minori destinati esclusivamente all’espianto degli organi. Alla fine del 2014, la polizia locale ha individuato una rete internazionale di trafficanti di organi che “riforniva” un ospedale privato di Durban. In questa città, erano attivi centri in cui i trapianti venivano effettuati su pazienti provenienti dall’Europa o dalle Americhe, in grado di pagare un organo su “commissione”.  In Mozambico si assiste da tempo al continuo aumento del numero di minori che ogni anno finisce nella rete dei trafficanti di “merce umana” del continente; un fenomeno che sta assumendo proporzioni spaventose.
 
I bambini, separati dalle famiglie e dalle loro comunità d’origine, sono spesso costretti a lavorare mediamente dalle 10 alle 12 ore al giorno, senza ricevere denaro. Se è previsto un salario, viene sequestrato dai loro “tutori”. Malnutriti, poco vestiti, non vanno a scuola, non sono curati, subiscono ogni tipo di maltrattamento; in più, spesso, le bambine sono vittime di violenza sessuale, esposte a contrarre ogni tipo di malattia. 
 
Nel luglio 2006 ventisei paesi africani, hanno sottoscritto un “Piano d’azione contro il traffico di esseri umani e lo sfruttamento del lavoro minorile”. È stata la prima volta che un così gran numero di Stati di origine e di destinazione delle persone vittime del traffico, si riunivano e trovavano un’intesa. L’accordo, prevede di migliorare il controllo e la gestione delle frontiere, di adottare una legislazione che punisca severamente la tratta degli esseri umani, di creare programmi informativi a favore della popolazione e di migliorare i sistemi di stato civile.
 
Infatti, come mostrano queste drammatiche vicende, essere registrati allo stato civile -e quindi essere titolare di documenti di identità- è una garanzia indispensabile per godere della protezione dello Stato. Il certificato di nascita, in particolare, è decisivo per difendere i bambini da simili forme di violenza e abuso. In molte nazioni si comincia a far strada la consapevolezza che non avere uno strumento come lo stato civile è una grave debolezza, che impedisce la lotta alla tratta dei minori, rallenta lo sviluppo e vanifica gli sforzi in ambito economico e sociale. 
 
Il Burkina Faso, il mio paese, è stato uno dei primi ad adottare delle linee guida elaborate a questo scopo. Nel continente, oggi, è diventato un modello, per le buone pratiche messe in atto e l’impegno nel miglioramento dello stato civile grazie alla presenza del programma Bravo! della Comunità di Sant’Egidio. 
 
La Comunità di Sant’Egidio si è resa conto del problema a partire dalla vicenda concreta di tanti bambini che ha aiutato a crescere e a studiare. Tra gli oltre 80.000 minori che frequentano le Scuole della Pace nel mondo, infatti, il problema della mancata registrazione è molto diffuso. Sono moltissime le iniziative prese per dare a tutti un’esistenza legale: in Africa e in Asia, i continenti più toccati dal problema e le Scuole della Pace si sono particolarmente impegnate su questo aspetto. Qualche esempio: Jenny, della municipalità di Cainta, a Manila, è una dei circa due milioni e mezzo di bambini definiti “unofficial”. Si tratta di piccoli invisibili mai registrati dalla propria famiglia. Ora, con l’aiuto della Scuola della Pace, Jenny e molti altri bambini hanno avuto un documento, hanno potuto frequentare le scuole e conseguire un diploma.
 
In Costa d’Avorio dove si stima che solo il 55% della popolazione sia iscritto allo stato civile, molti genitori spesso non sanno che il certificato di nascita è necessario per l’iscrizione dei figli a scuola. È successo alla mamma di Etienne come a molte altre. Credeva che fosse tutto a posto, perché il figlio frequentava regolarmente la scuola da anni. In prossimità dell’esame della scuola primaria, però, gli insegnanti le hanno detto che non avrebbe potuto sostenere la prova finale, perché non aveva il certificato di nascita. Etienne ha perso un anno ma ha potuto riprendere gli studi perché i suoi amici della Scuola della Pace sono riusciti a iscriverlo.
 
Quando non è possibile procedere speditamente a registrare allo stato civile -a causa di procedure lunghe e complesse- la Comunità di Sant’Egidio consegna ai bambini delle Scuole della Pace una sorta di attestazione provvisoria che testimonia l’imminente registrazione: un badge con i dati anagrafici. Questo strumento sostitutivo è un primo passo per proteggere i piccoli.
 
Ma nel 2008, la Comunità di Sant’Egidio dà vita ad un’azione mirata, con lo scopo di affrontare la mancata registrazione su vasta scala, in particolare nei paesi africani. Nasce così il Programma Bravo! (Birth Registration for All Versus Oblivion! – Registrazione alla nascita per tutti contro le sparizioni!) al fine di aiutare le amministrazioni statali a migliorare i sistemi di stato civile e per coinvolgere le popolazioni. Il riconoscimento legale di una persona infatti è una competenza specifica degli Stati che però non sempre, come si è visto, riescono a registrare l’intera popolazione.
 
In Burkina Faso, tra il 2009 e il 2010, il governo con il Programma BRAVO! ha lanciato una campagna gratuita di registrazione allo stato civile per tutti coloro che ne erano privi. Infatti, nel Paese, più del 40% della popolazione non aveva un certificato di nascita, specialmente nelle zone rurali. La campagna ha portato alla registrazione di oltre tre milioni e mezzo di persone, il 62% delle quali minorenni. Bravo! ha realizzato un sogno: quello di far esistere 3 milioni e mezzo di persone invisibili! Questa campagna ha avuto il suo grande successo grazie a 3 determinati elementi: l'universalità, perché ha raggiunto l'intera popolazione e si è così diffusa nelle regioni più marginali del paese; la gratuità per la popolazione; la prossimità, perché a questo scopo si sono formate equipes mobili che hanno raggiunto le popolazioni nei loro villaggi. Bravo! crede che per impedire che i bambini siano privi di identità bisogna sostenere la prossimità dell’amministrazione statale, creare una cultura nuova, facilitare la registrazione dalla nascita aumentando il numero dei centri di registrazione. Infatti BRAVO! ha scelto di creare dei centri di registrazione gratuiti nelle maternità e nei centri sanitari che sono presenti in quasi tutti i villaggi e godono di una grande considerazione fra la popolazione. Più del 90% delle donne che abbiamo incontrato sono tornate a casa con l’atto di nascita dei propri figli, con grande soddisfazione di tutti. BRAVO! ha introdotto nei centri sanitari la figura delle attiviste. Sono giovani donne e uomini, presenti ogni giorno nei centri, preparati e formati, che parlano con le madri dell’importanza di registrare i figli e che si alleano con loro per proteggerli.  È un grande lavoro culturale che salva i bambini dai rischi della non registrazione e valorizza il ruolo delle donne. Voglio fare un esempio: molti ragazzi fra i 10 e i 13 anni lasciano la scuola e vanno nelle miniere illegali del Burkina Faso nella speranza di guadagnare qualcosa. Molti sono portati in Mali dove il fenomeno è molto diffuso. Vogliono soprattutto bambini senza documenti. Molti sono attratti da false notizie che promettono guadagni facili. Per questo il lavoro delle attiviste e degli attivisti è particolarmente importante perché sensibilizzano e informano le famiglie sulle necessità della registrazione allo stato civile per proteggere i bambini da ogni forma di abuso. Tra gli effetti della non registrazione in Burkina Faso c’è anche quello dell’abbandono scolastico, come ho detto.  Il Programma BRAVO! organizza per questo dal 2014 campagne gratuite di registrazione nelle scuole primarie del Paese. Alla fine del 2019 le campagne di BRAVO! permetteranno gratuitamente di continuare la scuola a circa 65.000 bambini. 
 
Bravo! ha iniziato le sue attività anche in Mozambico nel 2010, in Malawi nel 2015 e in Guinea quest’anno. In Mozambico si stimava che i non registrati fossero il 65% della popolazione e le distanze massime nelle zone rurali dai centri di registrazione arrivavano anche a 150 Km. In Malawi Bravo! ha collaborato nel 2010 alla stesura di una nuova legge sulla Birth Registration, che ha delineato il sistema di stato civile, inesistente fino a quella data, iniziando ad avvicinarsi agli standard internazionali di protezione dei minori. Bravo! nella provincia di Balaka, la più popolosa del paese, ha creato 12 centri con più di 250.000 bambini registrati nelle maternità contribuendo a cambiare profondamente la mentalità delle donne e degli uomini malawiani. In alcune zone del Malawi mandare un bambino a lavorare nelle piantagioni, affidarlo a un trafficante perché vada all’estero a lavorare, sembra un’opportunità da cogliere per non restare ai margini e guadagnare. Ma se ci sono adulti che hanno compreso il valore della vita dei più piccoli e li hanno protetti con la registrazione allo stato civile, le cose vanno diversamente. Voglio fare un esempio: Joseph, dodicenne, viveva con i suoi genitori che non erano in grado di provvedere a lui a causa delle difficili condizioni economiche. Vagava di giorno per le strade della città per chiedere denaro e cibo. E’ stato registrato nel corso di una campagna di Bravo! nella città di Balaka. Un giorno, uscì di casa come sempre, ma inaspettatamente non fece ritorno. I genitori si preoccuparono e ne segnalarono la scomparsa alla stazione di polizia locale. Potevano farlo grazie al certificato di nascita di Joseph in loro possesso. La polizia riuscì a rintracciarlo vicino Mwanza: Arrestarono un uomo che cercava di attraversare il confine con il Mozambico con un gruppo di bambini senza documenti; tra loro c'era Joseph. Quell’uomo aveva persuaso Joseph e i suoi amici a seguirlo promettendo loro una vita migliore e del denaro. Così il certificato di Joseph ha salvato anche gli altri bambini. In vite difficili, alle prese magari con pregiudizi e superstizioni, si fa strada una consapevolezza nuova: il certificato di nascita è una protezione. L’iscrizione allo stato civile è l’occasione di comprendere che lo Stato ha il dovere di proteggere i cittadini e che questi hanno diritti e doveri. E’ un grande cambiamento di mentalità, e segna la crescita di una nuova coscienza civile.
 
Al centro del lavoro di Bravo! c’è il valore della vita umana anche della più indifesa come quella di un bambino, la promozione della donna attraverso la sensibilizzazione delle madri, il valore della gratuità e la diffusione di un senso di cittadinanza nelle popolazioni anche le più emarginate. Tutto questo favorisce la scolarizzazione e la coesione sociale, diffondendo un nuovo spirito di solidarietà e la fiducia nelle istituzioni, sperimentando la vicinanza dello Stato, riavvicinando periferie e centro. Il lavoro di Bravo! concorre in questo senso a rendere più stabile la società, e la rende anche più giusta perché ridona i diritti a chi prima non li aveva perché privi di identità legale. In un momento di instabilità per il mio Paese e - non lo nego - di paura per una stagione di terrorismo che non ci aspettavamo, credo che il programma BRAVO! dia un contributo tutto particolare. Bravo! restituisce la possibilità di godere dei propri diritti: sono quasi 5 milioni i bambini, gli uomini e le donne che hanno ricevuto con BRAVO! il loro certificato di nascita e sono usciti dall’invisibilità. È la strada maestra per la giustizia e quindi per la pace, quella pace che qui in tanti cerchiamo a Madrid.