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Grégoire Ahongbonon

Attivista per i diritti delle persone vulnerabili, Benin
 biografia

Grégoire Ahongbonon
(Madrid – 17 settembre)

Ringrazio la Comunità di Sant’Egidio, in particolare per l’impegno che svolge in Africa.
La prima cosa che vorrei condividere con voi è la mia contentezza per questa assemblea che comprende comunità religiose diverse fra loro eppure insieme in questa sala. Ci sono, nel mondo, bambini, comunità, persone che sono abbandonate. Sembra che a volte siamo portati ad allontanarci da loro. Ma in tutte le comunità, ebree, musulmane, cristiane, i poveri occupano un posto privilegiato nel cuore di Dio, quindi non possiamo dimenticarci di queste persone e non possiamo neppure scegliere una categoria di poveri, perché tutti i poveri, tutti gli uomini, sono stati fatti a immagine e somiglianza di Dio. Rappresentiamo quindi la sua immagine.

Segue la proiezione di un video-reportage sull’esperienza dell’Associazione Saint Camille de Lellis, fondata dallo stesso Ahongbonon. Questo, in sintesi, il testo del video:

Un cattolico del Benin, cercando l’avventura, è andato in Costa d’Avorio nel ’71. Per 5 anni ha vissuto bene, aveva un taxi, vendeva pneumatici. Poi ha avuto dei problemi enormi, voleva addirittura suicidarsi. Sono stati i consigli della fede, di un religioso, che lo hanno allontanato da questo cammino.
Continuò a chiedersi cosa fare, poi andò a Gerusalemme e quando tornò iniziò ad aiutare i lebbrosi, coloro che avevano bisogno. Quando incontrò una persona che andava nuda per strada e cercava nelle immondizie, si rese conto che questo uomo, che tutti questi uomini, si aspettavano di essere trattati con dignità, perché erano i tuoi vicini, il tuo prossimo cui fa riferimento Gesù.
Quindi tutte le sere preparava acqua, preparava cibo per loro e lo distribuiva, però non gli sembrava sufficiente. Allora dietro l’ospedale costruì una piccola casetta e con l’aiuto di alcuni psichiatri iniziò a prendersi cura di quelle persone. La voce cominciò a girare e da luoghi anche remoti venivano persone a chiedere aiuto.
Un padre non accettava che ci si prendesse cura del proprio figlio, che stava letteralmente marcendo. Lo trovammo in queste condizioni. Era legato, incatenato con del fil di ferro. Lo trattammo almeno con dignità.
In questi anni ho visto con orrore come le famiglie trattano i propri parenti che soffrono di malattie mentali: spesso li tengono legati, incatenati per 10, 20, 30 anni addirittura, come animali. Li tengono fuori casa anche se piove o se c’è un sole che li potrebbe uccidere.
Quindi questa associazione ha creato, ha costruito, il suo centro assistenziale per dare una risposta a queste necessità. Vent’anni dopo i centri sono 4 in Costa d’avorio e un quinto in Benin che ormai è quasi completato. In ognuno di questi centri ci sono 200 pazienti che si riescono a recuperare dal punto di vista fisico e mentale. I pazienti aiutano, collaborano nei centri, e quelli che si è riusciti a mandare a studiare addirittura sono diventati infermieri o hanno preso un diploma. Un paziente addirittura è diventato direttore, dopo 6 anni, dopo essere stato infermiere. C’è anche un dispensario, dove ci sono delle monache, uno psichiatra e una unità mobile di infermeria che controlla le prestazioni fuori dalla struttura.
Guardate la stessa persona (cambiata) che avete visto prima. Che cosa vuol dire? Che nessuno agli occhi di Dio è una persona persa, nessuno non ha il diritto di essere recuperato. Io che sto parlando, anch’io potrei essere stato in questa situazione, perché quando sono arrivato in Costa d’Avorio ho avuto fortuna, ho iniziato a riparare pneumatici, ho guadagnato soldi, però all’improvviso ho perso tutto. Ero sul punto di volermi suicidare.


Le immagini si interrompono e riprende a parlare Ahongbonon:

Grazie ad un missionario sono stato recuperato. Probabilmente non sarei qui se non avessi avuto fortuna. Si è preso cura di me, mi ha pagato il biglietto per andare a Gerusalemme, è un po’ come la storia del figliol prodigo. Quando sono tornato da Gerusalemme è iniziato questo progetto. Dio mi ha accolto, mi ha aiutato moltissimo.
Oggi viviamo in una situazione della quale vorrei che tutti fossimo coscienti, perché non ci può essere un mondo di pace se non ci preoccupiamo di queste persone che vivono in una situazione assolutamente inumana. Sono persone che non esistono per gli altri, abbandonate da tutti. Tante volte, addirittura, pronunciamo il nome di Dio per maltrattarle ulteriormente. Che mondo di pace vogliamo? Che mondo veramente vogliamo?
In Africa li chiamiamo pazzi o senzatetto e a volte, in Africa, vengono incatenati. In Europa sono legati a dei letti, perché? E’ proprio necessario? Dobbiamo cambiare il nostro comportamento, dobbiamo sapere che tipo di uomini e donne sono. Perché l’uomo può essere maltrattato fino a questo punto? Passiamo davanti a loro come se non li vedessimo, come se non esistessero. Non sono nati ammalati, probabilmente sono nati abbandonati, questo sì. Non sono nati pazzi. Non sappiamo più come li chiamiamo, utilizziamo un sacco di parole per dimenticarci di loro.
Se ci consideriamo dei credenti dovremmo aiutarli, dovremmo soccorrerli, l’autorità politica non pensa a loro. Sono persone che non hanno studi, che non hanno nulla, sono persone come me. Dio mi ha dato la forza per attuare questo progetto. Se tutti potessimo mobilitarci potremmo ridare loro la dignità. Dio dice che dobbiamo tutti coinvolgerci perché siamo tutti colpevoli della miseria di queste persone.
(Si mette al collo una catena)
Guardate questa. Oggi stiamo parlando di queste persone: oggi, nel terzo millennio, sono incatenati con questo tipo di catene. Incatenati, abbandonati in casa o fuori dalle case. Abbandonati da tutti, assolutamente da tutti. Qual è la loro colpa? Cosa hanno fatto? Perché? Rispondetemi: perché? C’è una risposta secondo voi? Cosa hanno fatto di male?
Che mondo di pace stiamo cercando? Sapete tutti cosa rappresentano i poveri per Dio, i cristiani sanno che Gesù Cristo si è identificato con queste persone. Non possiamo considerarci credenti se facciamo questo tipo di cose. Dobbiamo aprire gli occhi ed è importante che tutti apriamo gli occhi: è la nostra immagine. Nessuno degli organismi internazionali vuole realmente, vederli, ascoltarli. Perché? Io vorrei una risposta perché non riesco a trovarla. Cosa hanno fatto queste persone?
Grazie per l’attenzione.