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Jean-Dominique Durand

Historian, President of the Judeo-Christian Friendship in France
 biography

L'11 aprile 1963, Papa Giovanni XXIII pubblicò una delle encicliche più importanti del XX secolo, la Pacem in terris. Considerava la guerra "irrazionale" (alienum est a ratione bellum). 

Parlando di irrazionalità, Giovanni XXIII tendeva ad abbandonare i criteri della "guerra giusta", a moralizzare la guerra. Inoltre, l'espressione "guerra giusta" è assente dal testo. La guerra diveniva impensabile, espressione per eccellenza del Male. Papa Francesco ha parlato di assurdità" il 2 ottobre.

Giovanni XXIII, come Francesco oggi, si preoccupò di definire le condizioni per la pace, basata sui diritti umani, sullo sviluppo e su una certa idea di relazioni internazionali, relazioni costruite su una "comunità mondiale".

L'enciclica, nata dalla crisi di Cuba dell'ottobre 1962, in cui Giovanni XXIII ebbe un ruolo decisivo, ha proseguito il suo cammino attraverso il Concilio Vaticano II per giungere alla Gaudium et Spes. La Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo moderno, ha denunciato la disumanità della guerra, pur riconoscendo il diritto all'autodifesa. Ma essa invitava a "riconsiderare la guerra in uno spirito completamente nuovo", tenendo conto delle nuove capacità di distruzione:

"Ogni atto di guerra che tende indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni con i loro abitanti è un crimine contro Dio e contro l'uomo stesso" che deve essere condannato con fermezza e senza esitazioni". (§80)

Il Concilio ha denunciato la corsa agli armamenti come "una piaga estremamente grave per l'umanità" e ha invocato "l'assoluta proscrizione della guerra".

Il magistero pontificio non ha cessato in seguito di ribadire questa posizione e di affermare con forza la volontà di pace, in particolare Paolo VI nel suo discorso all'ONU del 4 ottobre 1964. 

La condanna della guerra ha assunto una nuova radicalità con Giovanni Paolo II: per lui la guerra è un'"avventura senza ritorno", frutto della rivolta di Satana contro Dio. 

Papa Francesco segue la stessa linea denunciando la guerra e affermando che solo la pace è santa. A proposito della guerra in Ucraina, ha denunciato la guerra come un atto "sacrilego", che causa una "ferita terribile e inconcepibile all'umanità".

Più di ogni altra, una guerra che coinvolga le religioni è inammissibile. Nessuna guerra può essere considerata santa. Al contrario, le religioni devono svolgere un ruolo di primo piano in pace come in guerra. Per questo motivo il tema della guerra è molto presente negli Incontri interreligiosi nello Spirito di Assisi.

Sappiamo che la guerra che si sta svolgendo attualmente in Europa è indiscutibilmente una guerra imperialista di conquista da parte di una grande potenza nucleare, la Russia, contro una nazione molto più piccola. Ma essa sta anche trascinando nella sua scia,  le chiese sedotte dal nazionalismo.

Vediamo di nuovo, come tra il 1914 e il 1918, religiosi che benedicono cannoni e fucili e incoraggiano i soldati ad andare in battaglia.

Come possiamo rendere attuale la formula del Patriarca Atenagora, "Chiese sorelle, popoli fratelli"? Quando le chiese sono in comunione, le persone vivono in pace.

L'Europa ha dimenticato il suo passato? Eppure, Papa Benedetto XV non aveva smesso di denunciare la guerra come "un'inutile strage” e Pio XII come "abominio".

L'Europa forse dimentica i milioni di morti civili e militari, e il crimine assoluto commesso contro gli ebrei con l'attuazione sistematica di un genocidio che ha colpito sei milioni di persone di ogni età e condizione? L'Europa dimentica il suo crollo nel 1919, dimentica la spaventosa miseria in cui si è trovata nel 1945, quell' "anno zero" per molti Paesi, come ha dimostrato il grande regista italiano Roberto 

Rossellini? Perché, come dice spesso Andrea Riccardi, la guerra è la madre di ogni povertà. Questo è visibile in ogni territorio del mondo in cui si svolge un conflitto armato, soprattutto in Africa, e oggi in Europa.

 

I cristiani non dimenticano il comandamento di Gesù di ricorrere sempre all'incontro e al dialogo? “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). L'azione umanitaria non basta: dobbiamo dialogare con i signori della guerra, prevenire per quanto possibile le tensioni, intervenire nel conflitto con la mediazione. Come dice Francesco nell'enciclica Fratelli tutti: "Tra l'indifferenza egoistica e la protesta violenta, c'è sempre un'opzione: il dialogo" (n. 199). Il Magistero pontificio sottolinea le cause morali ed economiche della guerra: odio, lotta di classe, avidità, cinismo, divinizzazione dello Stato, nazionalismo oltraggioso, egoismo collettivo e individuale, disprezzo per la giustizia. Esso oppone la forza morale del diritto, la richiesta di costruire istituzioni internazionali di mediazione e costrizione per evitare i conflitti. Per Sant'Egidio, la battaglia per la pace è la madre di tutte le battaglie. 

Andrea Riccardi ha scritto in uno dei suoi libri più importanti, La pace preventiva, che "la pace è il grande problema del nostro tempo". Lo ha scritto nel 2004. Sì, la pace è più che mai in pericolo. Ogni anno, quando riceve gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, il Papa stila una lista di Paesi devastati da conflitti. L'elenco continua a crescere. Dobbiamo perdere la speranza o continuare a credere nella profezia di Isaia: "Spezzeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci. Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione e non impareranno più la guerra" (2:4). 

L'Europa è in cattive acque, sta tornando ai suoi vecchi demoni, al nazionalismo, al ripiegamento, all'odio, all'antisemitismo di nuovo spudoratamente presente nella società. L'immagine degli arcipelaghi che si allontanano l'uno dall'altro, applicata alla Francia dal politologo Jérôme Fourquet, può essere ripresa per l'Europa. Eppure, l'Europa esiste, fondata nel 1950 sulle rovine di un'altra terribile guerra da visionari statisti cristiani che sapevano che solo politiche comuni avrebbero impedito il ritorno del peggio. Questa Europa umanista, che ha già superato molte crisi, sta affrontando una crisi esistenziale. Ma la speranza c'è ancora, la "piccola speranza" come diceva Charles Péguy, che sostiene il necessario impegno di tutti gli uomini di buona volontà.

 



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October 24 2022 | duration: 00

FORUM 5 - WAR CHALLENGES THE FUTURE OF EUROPE. FULL VIDEO

Jean-Dominique DURAND a #thecryforpeace:
Forum 5 - La guerra sfida il futuro dell'Europa
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