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Claire Ly

Witness and writer, Cambodia
 biography
« Tutto è perduto con la guerra, nulla è perduto con la pace! », ci dice Papa Francesco, durante la preghiera dell’angelus del 3 giugno scorso. 
 
Sì, io ho perduto tutto durante la follia omicida dei Khmer rossi che infieriva in Cambogia, il mio paese d’origine, tra il 1975 e il 1979. I Khmer rossi hanno massacrato due milioni di persone su una popolazione di 7 milioni, ovvero un quarto della popolazione khmer. Tra le vittime c’erano mio marito, mio padre, i miei due fratelli… Sono stata internata con i miei figli per quattro anni in un campo di rieducazione attraverso lavori forzati. L’utopia omicida dei Khmer rossi è classificata come crimine contro l’umanità. Attualmente a Phnom-Penh, la capitale della Cambogia, è in funzione un tribunale internazionale per giudicare i responsabili di questo crimine.
 
Come testimoniare la pace quando si è visto il sangue dei propri cari sparso dalla follia degli uomini?
 
Di origine buddista, convertita alla fede cristiana all’età di 36 anni, rifugiata politica, naturalizzata francese nel 1989, faccio parte di quelle persone plasmate da due culture, due tradizioni spirituali. La Cambogia resta per sempre la mia terra natale, la sua cultura continua ad accompagnarmi in terra francese. Oggi appartengo a Cristo, ma sono stata strutturata come donna dalla tradizione buddista. Quest’ultima costituisce così la mia prima dimora. 
 
Lo Spirito di Cristo ha permesso che la cultura asiatica caratterizzata dal buddismo Theravada e la cultura occidentale impregnata dal cristianesimo si incontrassero nel cuore della mia esperienza di donna in un colloquio intimo. Sperimento in qualche modo nella mia vita «la cultura dell’incontro» di cui parla Papa Francesco: La Francese non ha respinto l’Asiatica, la cristiana non ha congedato la buddista.
 
Questo colloquio intimo tra la buddista che ero e la cristiana che sono oggi ha permesso che la parola si rigeneri come un sussurro. Un sussurro, perché la parola fu inaridita in me per lunghi anni dalle violenze fisiche e psicologiche subite. Un sussurro che stilla come una grazia sulle mie ferite, un sussurro che si presenta come una parola pacificata che non si accontenta di condannare, ma che desidera contribuire a ricostruire il vivere insieme. 
 
Questo dialogo interiore tra la Khmer buddista e la Francese cattolica è un interpellarsi reciproco. Perché non è un dialogo ingenuo che ignora e cancella le differenze che separano le due culture, le due tradizioni religiose. Questo dialogo è un interpellarsi reciproco, perché non ha lezioni da dare. Un interpellarsi reciproco è un impegno da prendere insieme. Questo impegno è possibile solo in un’atmosfera di fiducia e di amicizia che rispetti l’alterità dell’altro.
 
Il Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, nella sua lettera rivolta ai buddisti per la festa di Vesakh 2013 (2556 dell’era buddista), ha scritto :
L’urgenza per i buddisti come per i cristiani, sulla base del patrimonio specifico delle nostre tradizioni religiose, è creare un clima di pace per amare, difendere e promuovere la vita umana.
 
Difendere e promuovere la vita umana è un invito ad ogni tradizione religiosa a ritrovare la propria vocazione originaria. La vocazione di ogni religione è liberare la bontà degli uomini, secondo Paul Ricœur ed egli aggiunge: è la funzione reale di una religione. Se essa non fa questo, fa qualcos’altro: della politica, della violenza, del sociale. Ma la religione, è aiutare gli uomini a ritrovare il loro fondo di bontà.
 
Per impegnarsi a liberare la bontà degli uomini, i buddisti devono ritrovare l’intuizione originaria del Buddha Sâkyamuni che desiderava liberare gli umani dalle illusioni e dall’ignoranza che li tengono prigionieri nel Samsara, il ciclo delle morti e delle nascite; mentre i cristiani devono ricordarsi che il centro della loro fede è l’Incarnazione: E il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi (Giovanni 1,14).
 
Le due tradizioni spirituali hanno come fulcro comune il ripristino di ciò che è veramente umano. Si incontrano nell’umanesimo profondo che contrassegna la loro intuizione originaria.
 
Il mio paese d’origine è stato la terra di sperimentazione di un’ideologia omicida che ha spazzato via il desiderio più elementare dell’uomo. Ha riversato lutto sulla mia storia personale e su quella della Cambogia attraverso una politica di epurazione terrificante. Tutti i dittatori del mondo hanno sempre utilizzato le religioni per insediare il loro potere. Unisco quindi la mia voce di vittima a quella di Benedetto XVI, nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace, in gennaio 2013, per chiedere alle religioni di:
- denunciare le varie forme di terrorismo e di criminalità internazionali, i fondamentalismi e i fanatismi che sfigurano la loro vera natura,
- vegliare per non lasciarsi trascinare nelle ideologie che schiacciano l’umano.
 
Vegliamo insieme :
 
La veglia dei buddisti sarà sostenuta dal rispetto incondizionato di ogni vita, insegnato dal Beato Sâkyamuni. Questo rispetto di ogni vita è amplificato dai quattro sentimenti incommensurabili, ovvero la benevolenza, la compassione, la gioia simpatica e l’equanimità. Ogni buddista sincero cerca di sviluppare nella propria vita questi sentimenti per essere « l’amico spirituale » di ogni uomo.
 
La veglia dei discepoli di Gesù Cristo sarà sostenuta dalla contemplazione della vita di Gesù di Nazareth. Il Vangelo mi lancia un appello pressante a lottare per difendere la qualità dell’umano. E questa lotta è vitale per la mia fede in un Dio che ha sposato la nostra condizione umana. Per questo, il cristianesimo che io confesso non è solo una religione, ma prima di tutto «buona novella». Gesù, con il suo sguardo su se stesso, sugli altri, sulla natura e su Dio, rivela che l’uomo può essere liberato dalle sue prigioni culturali, economiche, politiche, religiose che lo soffocano e non gli danno nessuna prospettiva di futuro.
 
Il rispetto di ogni vita, i sentimenti incommensurabili, la fede in un Dio che ha sposato la nostra condizione umana sono porte aperte sia per i buddisti che per i cristiani nella loro rispettiva tradizione. Queste porte permettono loro di tornare in dialogo con l’indifferenza religiosa di massa dei nostri contemporanei, sul continente europeo. Perché questa indifferenza proviene « da una coscienza molto viva del divario tra gli ideali delle grandi religioni e la loro impotenza a consolare la miseria di milioni di uomini e di donne che sono vittime di un ordine sociale mondiale ingiusto, o di conflitti etnici e politico-religiosi interminabili ».
 
Si, credo che “la cultura dell’incontro” permetta di spargere semi di pace. Ma questi semi possono diffondersi ancora di più se le religioni non limitano la cerchia dei dialoghi solo tra loro. Un dialogo che costruisce la pace è un dialogo aperto a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che lottano per salvare ciò che è veramente umano. Le religioni hanno anche la missione di interrogare all’interno dello spazio pubblico. Il dialogo interreligioso si espande allora in modo naturale in dialogo inter-culturale. Per Benedetto XVI, l’inter-culturalità è indispensabile per ogni cultura che vuol restare aperta e viva.
 
Si, io credo nella potenza inperscrutabile dello Spirito di Cristo che non si limita a semplici obiezioni dottrinali né ad un insieme di riti e di pratiche. Credo che il Risorto ci precede e ci attende in Galilea,  il punto di incontro delle nazioni.
 
Testimoni di Cristo, discepoli di Buddha, dobbiamo inventare un nuovo modo di vivere insieme perché l’incontro delle diverse culture e religioni non generi né una monofonia, né una cacofonia, ma una vera sinfonia, nelle società pluraliste dell’Europa che si cerca.
 
In questo giorno in cui proclamiamo che « nulla è perduto con la pace », permettetemi di formulare due richieste. Vi chiedo, cari amici, di accoglierle con benevolenza! Perché queste richieste non pretendono di giudicare, ancor meno di condannare. Sono delle domande, nella fiducia e nell’amicizia, a tutte le confessioni religiose e laiche.
 
La prima richiesta è quella di una vittima dell’ideologia barbara dei Khmer rossi. In questo giorno, uniamo le nostre voci per dire “no” a coloro che uccidono i loro simili in nome di un’ideologia, in nome di una religione, in nome di Dio. Diciamo a voce alta e forte che non vogliamo essere compiacenti con pratiche che sfigurano il volto di Dio, che tradiscono le nostre convinzioni e le nostre credenze.
 
La seconda richiesta è piuttosto un sogno, il sogno di una rifugiata politica di ieri e cittadina francese di oggi. Sogno che ogni persona abbia il diritto di circolare liberamente e di scegliere la propria residenza all’interno di uno Stato. Sogno che qualunque persona abbia il diritto di lasciare qualunque paese, compreso il proprio, e di ritornare nel suo paese. Sogno che l’enunciazione dell’articolo 13 della proclamazione universale dei diritti dell’uomo non resti lettera morta, nei paesi ricchi.
 
Vi invito a sognare con me. Quando si sogna da soli, è solo un sogno, quando si sogna in tanti, è già una realtà, ci diceva Dom Helder Camara.
 
Sogniamo insieme un’umanità riconciliata in cui ciascuno potrebbe prendersi cura dell’altro…
 
La Pace allora cambierà la storia, la storia in cui il sangue non sarà più versato…