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Jorge Carlos Fonseca

Président de la République du Cap Vert
 biographie
Signore e signori,
 
Uno degli elementi al quale l'uomo ricorre, per emanciparsi dalle contingenze della natura, è la sua capacità di astrazione, di trascendere se stesso e la natura stessa, forgiando una nuova dimensione della vita attraverso la promozione della Cultura o istituendosi, in quanto religioso, strumento di una Entità Creatrice, che, in ultima analisi, ordinerebbe i destini del mondo, i destini degli uomini, il divenire della natura.
 
La Religione e la Cultura, che si influenzano a vicenda, saranno quindi l'espressione forse più compiuta della dematerializzazione dell’Uomo, i pilastri della sua stessa umanità. È attraverso di esse che la capacità umana di simbolizzazione raggiunge dimensioni inimmaginabili e si dirige, anche se non sempre in modo lineare, verso l'universalizzazione.
 
È un fatto che anche la cultura assume su di sé quel particolare che l'universale contiene, e che gli conferisce quella ricchezza di originalità che le consente di essere, allo stesso tempo, generale e particolare.
 
Tuttavia, è altrettanto vero che, con una certa frequenza, l’esacerbarsi di alcune specificità, e la loro assolutizzazione, conduce alla negazione dell’universale .
 
A volte, inoltre, interpretazioni religiose particolaristiche o addirittura fuorvianti, portano a situazioni in cui alcune pratiche, che negano i principi religiosi, vengono fatte proprie, in nome della Religione stessa. Quest’ultima è negata, vilipesa, distrutta. La comunione dell'uomo con il divino è irrimediabilmente compromessa, in nome di quella stessa comunione.
 
Questi movimenti centrifughi in campo religioso e culturale, hanno da sempre accompagnato l'uomo, rappresentando spesso l’abito con cui vengono rivestite le tensioni di altra natura, o semplicemente costituiscono una pura manipolazione .
 
È vero che la recente evoluzione delle relazioni internazionali è stata accompagnata dalla relativizzazione, se non addirittura dall'abolizione di ogni differenza culturale, linguistica e identitaria, nel seno delle nazioni e dei popoli. Allo stesso modo aumenta il pericolo dell’imposizione attraverso la forza, di criteri, valori e misure di ogni genere, in un terreno di coltura della cultura della violenza, dell’intolleranza e dell’uniformazione delle idee di civiltà, che può certamente portare alla perdita di uno dei più grandi tesori dell'umanità, inseparabile dal rispetto della dignità umana, fondamento di ogni comunità di giustizia e di pace: la sua pluralità linguistica, culturale e storico-sociale.
 
Tuttavia, l’esacerbazione di particolarismi religiosi e culturali si traduce in una pericolosa reazione a questa realtà plurale.
 
Molto spesso queste differenze sono utilizzate nella difesa di interessi oscuri, e per attentare ai religiosi e o culturali .
 
Con il pretesto di proteggere e preservare gli aspetti sopra descritti, interessi economici e politici vengono difesi sotto questo tipo di bandiere, a volte con brutalità scioccante .
 
Gran parte dei conflitti attuali trova nelle differenze religiose o culturali uno dei suoi elementi chiave.
 
A questa realtà – va sottolineato – ha contribuito anche l’incapacità di molti stati di offrire uno spazio alle proprie minoranze etniche e culturali, e ciò alle volte favorisce l’ingarbugliarsi di interessi politici, economici, etnici e regionali.
 
Non è una novità per nessuno che, per cause diverse, in molte parti del mondo si assiste a un certo discredito della classe politica, così necessaria in un regime democratico.
 
In verità le persone hanno bisogno di spazi, di mediazioni attraverso cui canalizzare le tensioni, livellare i conflitti, aspirare alla PACE.
 
Ed è pertanto un fatto molto positivo il sorgere di spazi, organizzazioni e persone che si preoccupano dell’assenza della Pace, elemento fondamentale per la felicità dei popoli e per lo sviluppo delle Nazioni. “Il Coraggio della Speranza”, e le iniziative correlate, possono fare la differenza.
 
In verità le tensioni, i conflitti, i dissensi, gli scontri tra gli interessi fanno parte della quotidianità delle persone e degli Stati. Ovvero, sorgono storicamente come vettori che svolgono la funzione di livellare i conflitti affinché vengano preservate condizioni minime di convivenza sociale.
 
Lo stato dispone, di per sé, dei mezzi per educare, persuadere, negoziare, giudicare e reprimere, necessari a preservare l’ordine e il buon funzionamento della società.
 
Ma quando, davanti allo scorrere della complessità dei processi o alla fragilità dello Stato stesso, così come di altri organi deputati alla risoluzione dei conflitti (che nel resto sono inerenti alla vita stessa), questi ultimi non sono capaci di assumere tale funzione, è inevitabile che si ricorra ad altre strutture, a altri strumenti che permettono il livellamento di tali conflitti affinché non degenerino nello scontro violento - o almeno durino il meno possibile.
 
Sono proprio queste le situazioni in cui le organizzazioni religiose sono chiamate a svolgere un ruolo di rilievo, in particolare quando i cittadini non si sentono protetti o peggio, si sentono perseguitati dallo Stato stesso.
 
In una molteplicità di situazioni, è a tali organizzazioni che si fa ricorso come a un’ultima spiaggia, come a un rifugio sicuro per persone che, in ragione di una molteplicità di conflitti, vedono offesa la propria dignità, calpestati i propri diritti, messa a repentaglio la loro stessa vita.
 
Questa condizione di porto sicuro è proprio il frutto dell’universalità, appannaggio di quasi tutte le religioni. Nonostante le differenze, a volte significative, le religioni – praticamente tutte - vedono nelle persone il prodotto di una volontà divina che le rende eguali e le redime da mancanze ed errori.
 
Sebbene esistano significative differenze nella considerazione attribuita a testi considerati divini, o nell’organizzazione del culto in onore dell’Essere Supremo, praticamente tutte le religioni sostengono la dignità della persona e la pratica di condotte di vita degne come condizione per avvicinarsi al Creatore e stare con lui.
 
E’ un fatto che alcuni aspetti, derivanti da culture diverse, o risultanti da circostanze storiche, segnano differenze considerevoli, alle volte apparentemente irriducibili.
 
Tuttavia, partendo dal principio per cui la vita umana è un valore trascendente, e che tutto deve essere fatto al fine di preservarla, è possibile fondare una base sulla quale costruire la soluzione a problemi che minacciano l’uomo e mettono a repentaglio la vita individuale o sociale.
 
Non si tratta quindi di un esercizio che ha l’obiettivo di dimostrare la supremazia di una verità sull’altra, bensì di contribuire affinché la violenza, l’intolleranza e l’ingiustizia siano debellate, e la vita umana sia preservata e protetta.
 
Le organizzazioni religiose hanno dunque un ruolo di primo piano da svolgere, costruendosi con misure larghe, nello sforzo di creare un’autentica riserva morale in un mondo dove i punti di riferimento hanno sofferto una grave erosione.
 
Solo il dialogo può condurre a un avvicinamento tra diversi. In verità, il diverso esiste perché la diversità è l’essenza della vita - che in ultima analisi è la sintesi perfetta della differenza o addirittura della contraddizione.
 
Il dialogo interculturale può divenire (e lo è stato) un fattore decisivo nella promozione e nel raggiungimento della Pace. La relazione, l’intercambio di valori culturali diversi tra loro, è qualcosa che avviene in maniera spontanea - a condizione che culture diverse tra loro si possano incontrare – anche in scenari di scontro o dominazione.
 
Tale potenziale, quando se ne fa uso in modo cosciente, con mente aperta e determinazione, è altamente arricchente e offre una prospettiva molto positiva della diversità culturale, una delle più grandi ricchezze dell’umanità.
 
In effetti, già nel 1968 il poeta e presidente Senghor, in una conferenza realizzata  a Francoforte, in Germania, affermava che “grazie ai progressi della cultura, della scienza e delle tecnologia, ci apriamo - lungo il ventesimo secolo - gli uni agli altri; ci stringiamo gli uni agli altri nel corpo e nell’anima. L’unica lezione da trarre da questa interdipendenza interplanetaria è quella a cui conformarci su scala mondiale: andare verso la pace e vivere nella pace”.
 
In un contesto culturale caratterizzato dall’interscambio di valori, dalla comunione tra popoli diversi, e dalla ricerca permanente di relazioni, il dialogo tra le civiltà può rappresentare in modo efficace il motore della pace.
 
Il rispetto verso le differenze è un atteggiamento da promuovere con perseveranza. Le diverse lingue, abitudini, forme di mettersi in relazione con il divino vanno intese come elementi che strutturano quel grandioso mosaico, che è l’umanità.
 
[Le potenzialità che il dialogo tra culture e religioni mette a disposizione in un mondo in costante evoluzione e che spesso si serve di tali elementi per alimentare la violenza - e in situazioni in cui non sempre il dialogo è facile - sono incommensurabili.
 
Oggi, la ricerca permanente di questo interscambio è divenuta quasi un imperativo per la sopravvivenza umana]
 
Provengo da un paese che, al fondo, è la risultante di un incontro tra culture diverse, rimodellatesi in un particolare contesto. Non siamo tanto il risultato del dialogo, quanto il dialogo stesso, in termini culturali e addirittura genetici, giacché studi recenti hanno rivelato che siamo il popolo dove è avvenuto il maggior incrocio tra razze di tutto il globo.
 
La comunità di Sant’Egidio ha costantemente promosso questi valori a partire dalle sue attività e progetti realizzati in paesi dei quattro continenti, uno dei quali è il nostro. I premi ricevuti dalla Comunità sono la vetrina perfetta di questo suo impegno e determinazione per la pace. Crediamo infatti che gli sforzi, quali quelli condotti da questa organizzazione, potranno influenzare gli Stati e gli stessi cittadini a contribuire affinché, gradualmente, la pace, la democrazia e la cittadinanza vengano trasformati in abitudine: l’unica forma attraverso la quale possano assumere lo statuto di irreversibilità.
 
Abbiamo qui l’occasione di dare rilievo alla speciale importanza rivestita dall’intervento, ormai proverbiale, della Comunità di Sant’Egidio, un grande punto di riferimento nel mondo, che ha reso possibile il dialogo tra protagonisti di scontri apparentemente insolubili. 
 
Nel promuovere l’odierno importante evento, la Comunità di Sant’Egidio compie un ulteriore, importantissimo passo nel campo del dialogo, nel sentiero della Pace. Mi sento molto onorato nel partecipare a questo così importante forum, e mi auguro dal profondo del cuore che i partecipanti traggano ispirazione dall’esempio di quel grande uomo che, in condizioni particolarmente difficili, ha trasformato l’impossibile dialogo in uno strumento dal valore inestimabile. Mi riferisco al venerando Nelson Mandela
 
Grazie molte.