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Brian Farrell

Vescovo, Segretario del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani.
 biografia

 Sono lieto di estendere a tutti voi un cordiale saluto a nome del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, l’organo della Curia romana incaricato di attuare l’impegno della Chiesa cattolica a favore dell’ecumenismo, ovvero della causa della riconciliazione e della pace tra i discepoli del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Vi porgo saluti anche da parte del nostro Presidente, il Cardinale Kurt Koch, ed, in un senso ideale, da parte di tutti coloro che pregano fiduciosi affinché si realizzi la preghiera pronunciata da Gesù durante l’Ultima Cena: che tutti siano una cosa sola (cfr. Gv 17,23).

Ciò che oggi chiamiamo “ecumenismo”, ovvero la ricerca di una più stretta comunione tra le Chiese, è sempre esistito in Medio Oriente. Si tratta di un ecumenismo locale, fondato sul solido terreno delle relazioni familiari, sull’amicizia, sulla collaborazione e sulla solidarietà. È l’ ecumenismo di vita, di incontro, di reciproco sostegno. I cristiani vedono innanzitutto ciò che hanno in comune, la loro professione di fede e la loro storia condivisa, e solo allora guardano alle loro differenze. E la maggior parte delle differenze sono accettate tranquillamente come legittime espressioni della diversità di culture, di etnie e di tradizioni risalenti agli inizi del cristianesimo. Questa diversità è vista come una ricchezza che va salvaguardata e sostenuta.

In questo senso, i cristiani in Medio Oriente si percepiscono come fratelli e sorelle di un’unica famiglia. Nelle loro sofferenze, si amano e si aiutano. E noi che viviamo in altri luoghi ed in altri contesti dobbiamo sentire il loro dolore come fosse il nostro, il loro bisogno come una chiamata del Signore: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito…” (Mt 25,35).

Le relazioni tra le Chiese non sono mai state una semplice questione di dottrine e di concetti meramente teorici o teologici. Oggi più che mai, nelle circostanze attuali, un discorso astratto sarebbe un’assurdità davanti alla violenza, alla miseria, ai drammi sociali causati dai vari conflitti.

L’agonia del Medio Oriente tocca ogni Chiesa, come tocca pure altri gruppi religiosi nella regione. Ma dobbiamo rimanere saldi nella speranza che, da queste terribili sofferenze, il Signore compirà il miracolo di una comunione spirituale e teologica ancora più profonda tra i battezzati e di una coesistenza ristorata, più pacifica, con i vicini musulmani. 

Le Chiese non sono in grado di risolvere i problemi macroeconomici e politici al cuore della tragedia odierna. Ma possono agire insieme per portare un aiuto materiale e spirituale ed un conforto alle popolazioni afflitte. Possono continuare a lanciare il loro appello in favore di un dialogo onesto e rispettoso con la tradizione religiosa maggioritaria della regione. Possono ricordare alla comunità internazionale il supremo dovere di difendere i diritti, la pace, la giustizia.

Possiamo fare nostri i sentimenti della Dichiarazione comune tra Papa Francesco ed il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, firmata lo scorso maggio a Gerusalemme: “vogliamo esprimere la nostra comune profonda preoccupazione per la situazione dei cristiani in Medio Oriente e per il loro diritto a rimanere cittadini a pieno titolo delle loro patrie. Rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera al Dio onnipotente e misericordioso per la pace in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. Preghiamo specialmente per le Chiese in Egitto, in Siria e in Iraq, che hanno sofferto molto duramente a causa di eventi recenti. Incoraggiamo tutte le parti, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose, a continuare a lavorare per la riconciliazione e per il giusto riconoscimento dei diritti dei popoli. Siamo profondamente convinti che non le armi, ma il dialogo, il perdono e la riconciliazione sono gli unici strumenti possibili per conseguire la pace.” Il Papa e il Patriarca ci ricordano che, come il sangue dei martiri fu il fertile seme che permise la crescita della Chiesa primitiva, così la sofferenza dei cristiani del XXI secolo contribuirà a costruire l’unità ecumenica.

Concluderò dicendo che, nella nostra preoccupazione per la tragica situazione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle cristiani in Medio Oriente, è fondamentale evitare ogni forma di esclusivismo ecclesiale. O i cristiani sopravvivranno insieme, o non sopravvivranno affatto. Il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani è profondamente riconoscente per ogni sforzo compiuto in loro aiuto. Ci auguriamo di cuore che tali sforzi avvicinino ancora di più le varie Chiese tra loro, di modo che, a breve termine, esse si sostengano vicendevolmente e parlino con una sola voce e che, a lungo termine, il movimento teso a ricomporre l’unità di tutti i cristiani venga rafforzato, affinché il mondo creda (cfr. Gv 17,21).