Compartir En

Andrea Masullo

Universidad de Camerino, Italia
 biografía

Questa tragica storia ha inizio con la diaspora di alcuni dei migliori scienziati europei in fuga dal nazismo e dal fascismo. La maggior parte di essi trovò rifugio negli Stati Uniti. Il fisico ungherese Leo Szilard ed Albert Einstein manifestarono al presidente Roosvelt la convinzione che la Germania stesse lavorando alla realizzazione di un ordigno atomico, talmente potente, da volgere a suo favore l’esito della guerra. Così nacque il Progetto Manhattan, che, sotto la guida del fisico americano Robert Hoppenheimer, vide impegnati eccellenti scienziati statunitensie europei, fra i qualiil tedesco Hans Bethe e gli italiani Enrico Fermi ed Emilio Segré. Ma quella della bomba atomica non fu una corsa a due fra Germania e Stati Uniti, ma vide impegnati in analoghi programmi Il Giappone e l’Unione Sovietica. L’obiettivo si spostò presto oltre la fine della guerra, per la definizione degli equilibri di potere post-bellici. È questo che portò alla sciagurata scelta di bombardare Hiroshìma e Nagasaki quando l’esito della guerra era ormai già scontato. Questo atto rappresentò una svolta nel livello di brutalità delle guerre e ne risultò sconvolta anche l’idea di pace. La riflessione che vi propongo si muove attraverso 5 concetti: spersonalizzazione, cinismo, terrore, tecnocrazia, utopia necessaria.

Le due grandi guerre del Novecento hanno segnato un punto di svolta nella storia dei conflitti. Mentre le guerre dei secoli precedenti erano tragici eventi che si svolgevano essenzialmente sui campi di battaglia, la prima guerra mondiale, con l’utilizzo degli aerei, coinvolge tutta la popolazione, potendo colpire anche a centinaia di chilometri di distanza dal fronte. Nella seconda guerra mondiale poi assistiamo al fenomeno della spersonalizzazione della guerra. Osserva lo storico Eric Hobsbawm che “la tecnologia rendeva invisibili le sue vittime…. Giovanotti gentili, ai quali non sarebbe certamente piaciuto affondare la baionetta nel ventre di una giovane donna incinta di qualche villaggio, potevano assai più facilmente sganciare tonnellate di esplosivo su Londra o su Berlino, o bombe atomiche su Nagasaki e Hiroshìma” .In quest’ultimo caso bastò semplicemente premere un bottone.

Il secondo aspetto è il cinismo nel disprezzo della vita in nome della ragion di stato. Da un punto di vista scientifico, il bombardamento di Hiroshìma e Nagasaki fu il più grande esperimento su esseri umani mai condotto nella storia; ma fu solo il primo di una lunga serie post-bellica. Esplosioni sperimentali vengono eseguite sia in Cina che nell’Unione Sovietica con conseguenze sulle popolazioni tenute segrete. Negli Stati Uniti, il 7 dicembre 1993, il Ministro dell’Energia Hazel O’Leary rivela che erano state utilizzate cavie umane inconsapevoli per studiare gli effetti della radioattività. Fra gli altri esperimenti emerse che, fra il ‘46 e il ’53, una settantina di bambini disabili della Fernald School, nel Massachusetts, furono alimentati con latte e cereali contenenti isotopi radioattivi. Anche altri paesi non furono da meno in quanto a cinismo. La Francia ha condotto per almeno un trentennio esperimenti atomici nel Pacifico, in particolare sull’atollo di Mururoa. Fra gli abitanti, prima deportati e poi reinsediati vi furono gravi conseguenze, per molti di essi letali.

L’utilizzo della bomba atomica segnò anche un’altra mutazione negativa; e questo è il terzo aspetto: il terrore come valore fondante della non-guerra e della distribuzione del potere economico su scala planetaria. Questo ha consentito di riempire gli arsenali di una quantità di armi atomiche in grado di distruggere più volte la vita sull’intero pianeta. La pace viene sostituita dal concetto di equilibrio del terrore che ha portato più volte l’umanità sull’orlo dell’auto-distruzione. Contro questo pericolo nasce il grande incontro voluto da Giovanni Paolo II ad Assisi, nell’ottobre del 1986, capostipite di una lunga serie di incontri che ci ha condotti oggi qui, a Tirana. In quell’occasione il Santo Giovanni Paolo II disse: “Anche se ci sono molte e importanti differenze tra noi, c’è anche un fondo comune, donde operare insieme nella soluzione di questa drammatica sfida della nostra epoca: vera pace o guerra catastrofica?” . Oggi la sfida è ancora in piedi, non solo per il dissolvimento dell’Unione Sovietica che ha portato ad un pericoloso allentamento dei controlli degli arsenali e dei depositi di materiali radioattivi, ma anche per lo sviluppo del nucleare civile che ha portato, oltre a Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, India, Pakistan, Corea del Nord, ufficialmente detentori di ordigni nucleari, molti altri paesi ad esserne probabili detentori o possibili costruttori; fra essi, Israele, Iran, Ucraina, Argentina, Brasile, Messico, Romania, Armenia, ecc. Inoltre l’accesso clandestino a scorie contenenti plutonio ed altri materiali fissili, può portare anche bande armate e gruppi terroristici alla costruzioni di ordigni atomici.

Il quarto aspetto che vorrei trattare è la tecnocrazia. Nel dicembre 1953, il neo presidente Eisenhower espresse, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il desiderio di voler promuovere l’uso pacifico del nucleare per produrre elettricità: il programma “Atoms for peace”. La presunzione che le tecnologie potessero garantire il controllo in sicurezza della fissione nucleare, un fenomeno che sviluppa temperature di migliaia di gradi e produce materiali fortemente radioattivi ed in grado di restare pericolosissimi per decine di migliaia di anni, come il plutonio, mostra chiaramente quel delirio di onnipotenza umana, che rende tutto fattibile. Produrre scorie che devono essere controllate per un tempo addirittura più lungo della storia della civiltà umana, al fine di produrre energia elettrica per appena una quarantina d’anni, rappresenta il culmine di una cinica irresponsabilità verso le generazioni future, che rischia di portare allo sviluppo di tecnologie contro l’uomo in nome di pretese necessità di utilità e di sicurezza. L’energia nucleare, sebbene sostenuta dai governi con fiumi di denaro per ricerca e sviluppo, nonché per i controlli, la sicurezza e la gestione delle scorie, non è mai diventata una credibile opzione energetica, come dimostrato dalla sua esiguità attuale e dalla progressiva scomparsa dagli scenari futuri dell’International Energy Agency, dimostrando di essere stata usata per decenni come foglia di fico per coprire la produzione di armi atomiche e cogliere l’opportunità di motivare con ragioni di sicurezza un controllo militare del territorio e della produzione di energia. La sua uscita tragica dalla scena è segnata dai gravi incidenti di Chernobyl e Fukùshima, e dalla loro scia di morti e tumori fra addetti ai lavori e popolazione. È l’unica tecnologia che in caso di incidente grave prevede, in protocolli predefiniti, sacrifici umani, attraverso l’esposizione di operai e tecnici a dosi letali di radioattività.

Guardando al futuro, il rischio della diffusione di armamenti nucleari si incrocia pericolosamente con l’effetto destabilizzante di un'altra grande sfida che minaccia l’umanità: i cambiamenti climatici. Vaste aree del pianeta rischiano nei prossimi decenni di divenire inabitabili a causa del riscaldamento globale. Questi fenomeni accresceranno le difficoltà dei paesi poveri alimentando tensioni e guerre, per l’acqua e per il cibo. In un mondo in così grande e rapido cambiamento, in cui gli stati che oggi possono sembrare affidabili potrebbero non esserlo più domani e viceversa, non si può certo pensare di gestire il controllo delle tecnologie nucleari con la politica del doppio binario, in cui alcuni decidono chi può essere abilitato e chi no. Allora la grande utopia necessaria è che il mondo tutto metta al bando ogni armamento nucleare ed ogni impianto o tecnologia in grado di produrne, oltre a tutte le altre armi di distruzione di massa, senza alcuna distinzione fra stati ed aree geopolitiche, distrugga le armi chimiche e batteriologiche e convogli i materiali radioattivi in depositi mondiali extraterritoriali, controllati da organismi democraticamente rappresentativi di tutti i paesi del mondo.

Vorrei concludere con le parole di Papa Francesco, prese dall’enciclica “Laudato si”: “l’umanità del periodo post-industriale sarà forse ricordata come una delle più irresponsabili della storia, c’è da augurarsi che l’umanità degli inizi del XXI secolo possa essere ricordata per aver assunto con generosità le proprie gravi responsabilità.”