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Serafim

Metropolita ortodosso, Patriarcato di Romania
 biografia

La grazia di Dio : forza di cambiamento interiore

Vorrei innanzi tutto ringraziare la Comunità di Sant’Egidio per l’invito a questa tavola rotonda, in cui ci occupiamo di un soggetto estremamente importante per la nostra vita spirituale, che è innanzi tutto opera della grazia dello Spirito Santo nelle nostre anime. La grazia è quella potenza attiva di Dio in noi, quella forza invisibile, ma ben reale, che ci ispira, ci illumina, ci aiuta a compiere ogni opera buona. Tutto ciò che è buono e vero in questo mondo, tutto ciò che edifica la vita e gli uomini, la salvezza stessa, tutto è effetto della grazia. Un detto patristico afferma anche che nella vita spirituale, come nella vita del mondo, “tutto è grazia”, tutto è opera di Dio. La fede ci richiede di credere che nulla di ciò che esiste e di ciò che accade nella nostra vita è frutto del caso, ma è anzi effetto della grazia o della Provvidenza divina. Il Signore Gesù Cristo ci assicura: “Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura” (Lc. 12, 7). Credere senza esitazioni che “tutto è grazia” rigenera in noi il coraggio, soprattutto nelle prove della vita. Non siamo mai soli, Dio è sempre con noi, anche se in maniera discreta e misteriosa. Cristo – Emanuele significa proprio “Dio è con noi”.

Che “tutto è grazia” lo dice anche l’Apostolo Paolo: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil. 2, 13). E riprende anche: “Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio” (Ef. 2, 8).

Tuttavia, in virtù della libertà umana, la grazia non agisce in noi senza la nostra partecipazione, perché “siamo infatti collaboratori di Dio” (1 Cor. 3, 9). Dio non fa nulla senza la nostra libera partecipazione alla sua opera. In ogni istante ci invita ad essere coscienti che Egli è presente in noi, che ci ama e che senza di Lui non possiamo fare nulla di buono. Il Cristo lo dice espressamente: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv. 15, 5). Queste parole del Cristo non negano il valore intrinseco delle imprese umane, ma ci fanno riconoscere che da ultimo queste finiscono nel nulla se coloro che le compiono non sono in comunione col Cristo, il solo a poter conferire alla loro vita un valore eterno. Si tratta quindi di una misteriosa sinergia, o collaborazione, tra l’opera della grazia e l’opera dell’uomo. In tal senso, l’Apostolo Paolo afferma: “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere” (1 Cor. 3, 6).

All’atto pratico, è attraverso la fede e l’ascesi che l’uomo partecipa all’opera della grazia per l’edificazione della propria vita e della propria salvezza eterna. Credere in Dio non è facile, soprattutto per noi cristiani che viviamo in un mondo così scristianizzato. A prima vista o ad uno sguardo superficiale, sembra che attorno a noi non vi sia nulla che parla di Dio, come se Dio fosse totalmente assente. Troppo occupati dalle cose esteriori della vita e dai fatti di ogni giorno, molti di noi non sono capaci di scoprire il mistero che ogni cosa ed ogni fatto racchiudono. Molti hanno perso anche il sentimento della meraviglia innanzi a tanta bellezza che ci circonda e che si può contemplare nei nostri fratelli e sorelle, così come nella natura. Questo perché non pregano più. Orbene, “la vita e la preghiera sono inseparabili! Una vita senza preghiera è una vita piatta, senza profondità, una vita a due dimensioni: lo spazio e il tempo. Una vita soddisfatta del visibile, del nostro prossimo, ma del nostro prossimo fisico, di un nostro prossimo nel quale non scopriamo l’immensità e l’eternità del suo destino. Il valore della preghiera consiste proprio nello scoprire, affermare e vivere il fatto che tutto possiede una dimensione di eternità e che tutto possiede una dimensione di immensità” (così il metropolita Anthony Bloom).

Normalmente l’uomo moderno crede che sia difficile conciliare la vita e la preghiera. Secondo lui, la vita significa agitarsi per risolvere i problemi di ogni giorno e la preghiera consiste nel ritirarsi per dimenticare il mondo. Questo è falso. Perché la preghiera non significa ritirarsi dal mondo, ma anzi entrare nel mondo interiore del nostro cuore, dove si concentra l’intera nostra persona, così come l’intera umanità ed il cosmo, e dove si trova anche la grazia che ci ispira e ci dà la forza di risolvere i problemi della vita. Per la Bibbia e la tradizione cristiana, il cuore è il centro della persona, ove si radunano, come presso un focolare, tutte le potenze (le energie) fisiche e spirituali dell’essere umano. Tuttavia il nostro cuore è spesso diviso, frantumato dal peccato, che è essenzialmente dimenticanza di Dio, e queste potenze sono smarrite o in conflitto, cosa che ci fa soffrire. È per questo che abbiamo bisogno di pregare, perché la sola preghiera può ripristinare l’armonia delle potenze interiori e donarci la pace del cuore, più preziosa di tutte le ricchezze del mondo. E questa pace interiore rifulge sul viso e dona una qualità totalmente diversa alla nostra vita ed al comportamento nei confronti del prossimo e della natura. S. Serafino di Sarov (morto nel 1833) diceva: “acquisisci la pace del cuore e migliaia intorno a te troveranno la salvezza”. Il mondo ha bisogno – come dell’aria pura – di uomini e donne pacificati, capaci di pacificare l’atmosfera intorno a loro. Ben lungi, quindi, dal dimenticare la vita, la preghiera ci colloca nel cuore della vita e le dona la [sua] qualità autentica, quella dell’eternità. Tuttavia pregare non è sempre facile. Abbiamo bisogno di una certa disposizione interiore che viene da Dio quando Gli si domanda umilmente, come gli Apostoli: “Signore, insegnaci a pregare; Signore, aiutaci a pregare”! Una volta abituati a pregare, si sperimenta che la preghiera si radica sempre di più nel cuore: l’intelletto, che è un’energia del cuore, cessa di disperdersi nelle cose del mondo, si fissa sulla preghiera e “discende” nel cuore. Solo la preghiera che unisce l’intelletto e il cuore è un’autentica preghiera mossa dalla grazia, che realizza in noi l’unità delle potenze interiori e ci dona un “cuore compassionevole” e “la pace del cuore”. Questa pace è avvertita come un senso di calore che invade il cuore. È il calore della grazia, dell’amore divino per tutta l’umanità, per la natura e per tutto ciò che esiste. Perché l’intera esistenza si ricapitola in noi. L’uomo è veramente un micro-cosmo! È il suo destino temporale ed eterno. Noi siamo chiamati a divenire uomini universali, uomini che, come il Cristo, non sono più separati da nulla e da nessuno perché tutto vive in essi.

Questa mutazione ontologica che la grazia opera in noi è un processo che dura tutta la vita. Ogni giorno, durante tutta la vita, siamo chiamati a collaborare con la grazia che è in noi tramite l’ascesi della preghiera ed anche tramite lo sforzo di vivere nella temperanza in ogni campo: temperanza nel nutrimento, nel bere, nella vita coniugale, nel lavoro, come nel riposo, cioè di condurre una vita armoniosa ed equilibrata. [Siamo chiamati] anche a sforzarci di evitare i conflitti e di avere sempre un cuore riconoscente per i benefici ricevuti da Dio e dal nostro prossimo. La grazia è esigente. Essa ci impegna a lottare fino al sangue contro il peccato (cfr. Ebr. 12, 4) e contro tutto ciò che è male, in noi e intorno a noi. Ci impegna soprattutto a fare sempre il bene senza neppure attenderci la ricompensa.

Il detto patristico “tutto è grazia” dev’essere completato da un altro detto, pure patristico: “dai il tuo sangue per ricevere la grazia”. Il che significa: fa’ tutto ciò di cui sei capace affinché la grazia possa trasformarti a misura di Dio stesso. Perché ogni uomo è chiamato a divenire “Dio attraverso la grazia”!