11 September 2023 16:00 | Haus der EKD

Intervento di Angelo Romano



Teilen Auf

Angelo Romano

Rektor der Basilika St. Bartholomäus auf der Tiberinsel, Gedenkort der neuen Märtyrer, Italien
 biografie
Cari amici,
 
il titolo di questa conferenza è il grido della pace: la voce dei martiri. Insieme a voi vorrei riflettere proprio sulla voce dei martiri e su come questa rappresenti un grido di pace. La prima considerazione da fare è che la voce dei martiri, nel nostro mondo globalizzato, è spesso sovrastata dalle grida dei violenti, o dai messaggi ripetuti con forza nelle reti social o nell’informazione; non è una voce che si impone, apparentemente rischia di perdersi nel rumore quotidiano del nostro mondo contemporaneo. I martiri cristiani sono persone inermi, che perdonano i loro carnefici, che rispondono al male con il bene, che espongono le loro vite per vivere da discepoli del Signore. Quella dei martiri sembra essere una vicenda destinata ad essere relegata ai margini delle vicende storiche del nostro tempo, nonostante abbia dimensioni rilevanti da un punto di vista anche numerico, come ricorda spesso Papa Francesco.
 
Ma è davvero così, la voce dei martiri è troppo debole?
 
Oggi abbiamo ascoltato voci diverse parlare di questo tema a partire dall’esperienza e dalla storia di diverse situazioni del mondo cristiano. Io vorrei portare l’esperienza di un luogo molto particolare, la Basilica di San Bartolomeo all’Isola, divenuto un Santuario per i nuovi martiri, dopo l’Anno santo del 2000. Qui, nella Basilica e in un Memoriale recentemente aperto nella cripta medievale, abbiamo raccolto, in circa venti anni, quasi 170 reliquie e memorie di martiri da tutto il mondo, di tutte le diverse chiese cristiane, sia del XX che del XXI secolo. Sono oggetti personali, libri di preghiere, rosari, oggetti liturgici, abiti, appartenuti a uomini e donne uccisi a causa del Vangelo: nei martiri troviamo il cammino per l’unità della Chiesa.
 
Personalmente, insieme ad altri amici della Comunità di Sant’Egidio, mi sono occupato di scoprire le loro storie, potremmo dire oggi di cercare di ascoltare le loro voci, superando la distanza del tempo e dello spazio. Proverò oggi a farvi ascoltare alcune di queste voci, scegliendo tra i nuovi martiri ricordati a San Bartolomeo: in realtà la voce dei martiri ha una sua forza, una forza debole, come quella del Vangelo, una forza che non obbliga, non costringe, ma attrae irresistibilmente, come indicato poco prima della sua Passione dallo stesso Signore Gesù quando disse: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32).
 
C’è qualcosa che unisce le voci dei martiri cristiani che ci provengono da diverse parti del mondo? Le loro sono testimonianze attrattive perché, in modo molto esplicito, ci parlano di Vangelo, sono vite di discepoli del Signore che lo hanno seguito con fedeltà. Sono voci che ci parlano di pace e di riconciliazione.
 
A San Bartolomeo, nel Memoriale dedicato ai nuovi martiri, è custodito il breviario di Padre Jacques Hamel, anziano parroco a Rouen, Francia, uomo di pace, di dialogo, che si spendeva con grande disponibilità per le esigenze di tutti ucciso, il 26 luglio 2016, mentre celebrava la messa da due giovani musulmani che avevano giurato fedeltà allo Stato Islamico conosciuto via internet. Padre Hamel era universalmente conosciuto come uomo aperto, con rapporti fraterni con tutti. Il capo del consiglio regionale di culto islamico della sua provincia lo ricordava come: “un uomo di pace che difendeva una concezione pacificata e aperta della religione”.
 
Padre Hamel, nella sua ultima lettera ai suoi parrocchiani, nel giugno 2016, scriveva: “Preghiamo per quanti hanno più bisogno, per la pace, per una convivenza migliore […] Che possiamo noi in questi momenti ascoltare l’invito di Dio a prenderci cura di questo mondo, a renderlo, lì dove siamo, un mondo più accogliente, più umano, più fraterno.” Forse il suo omicidio mirava a seminare odio e violenza tra cristiani e musulmani in Francia, si volevano provocare violenze: il risultato è stato il contrario. L’orrore per il gesto dei terroristi è stato anche accompagnato dalla ammirazione e attrazione per la dolce figura di questo prete anziano e saggio, umile e disponibile con tutti. La sua chiesa è divenuta oggetto di pellegrinaggio, e molti vengono a San Bartolomeo sapendo che il suo breviario è lì custodito. La voce di padre Hamel parla ancora, e contrasta con la sua testimonianza umile ma forte le urla dei diffusori di odio e violenza.
 
Visitando San Bartolomeo, c’è un altare dedicato ai nuovi martiri dell’Africa. E’ esposta una Bibbia, appartenuta ad un giovane congolese, Floribert Bwana Chui, responsabile della Comunità di Sant’Egidio di Goma, nell’est del paese. La sua provincia, il Kivu, non ha conosciuto pace dal 1994. Dopo il genocidio dei tutsi in Ruanda infatti, circa un milione di ruandesi hutu vennero in gran parte costretti a spostarsi in Congo dagli autori del genocidio. Da allora, la regione è stata avvolta in una spirale infinita di conflitti, divenendo il terreno di quella che successivamente è stata chiamata la prima guerra mondiale africana, che è “costata la vita a oltre tre milioni di persone, in larga parte civili, tra il 1996 e il 2004.” Il conflitto civile è ancora aperto, ed ha diffuso una cultura di violenza e corruzione. In questo contesto difficilissimo si colloca la vicenda di Floribert. Enormi ricchezze minerarie sono da decenni sfruttate da gruppi armati, che però immettono sul mercato materie prime necessarie all’industria digitale mondiale senza che questo abbia mosso nessuno per trovare soluzioni a livello internazionale.
 
Floribert, giovane, incontra Sant’Egidio, e si impegna con grande passione nella Scuola della pace, gratuita, per i bambini, luogo di educazione alla convivenza pacifica, di rifiuto della violenza, di gioia. Si impegna particolarmente ad aiutare i bambini di strada, orfani, che a centinaia affollano le strade di Goma. Inizia a lavorare alla dogana come funzionario di Stato e, all’inizio di luglio 2007, Floribert confida a un amico: «Si ricevono molte pressioni..."
 
Floribert era rimasto attratto dal modo in cui Sant’Egidio con la forza del dialogo aveva ottenuto la pace in Mozambico, dal fatto che «la Comunità era riuscita a riconciliare chi si combatteva da anni». Quell’esperienza gli dava la forza di parlare ai giovani.
 
Uno dei suoi fratelli testimonia che Floribert non si sia mai piegato ad alcun ricatto: «Volevano far passare comunque delle derrate alimentari avariate, senza che venissero distrutte. Gli avevano offerto dei soldi, lui aveva rifiutato, lo avevano minacciato. Floribert me lo aveva accennato. Ma aveva insistito sul fatto che non avrebbe mai accettato denaro in cambio della vita di qualcuno, perché chi si fosse trovato a mangiare quel cibo deteriorato sarebbe potuto morire».
 
Il 7 luglio Floribert viene rapito e ucciso. Due giorni dopo, a mezzogiorno, viene ritrovato senza vita da un motociclista. Il suo corpo porta i segni delle percosse e delle torture subite nelle ore di prigionia.
 
Ha scritto Andrea Riccardi: «Questa storia merita attenzione […]. È una vicenda molto triste, che mostra la forza della corruzione e il clima di violenza. Ma è anche la storia della “forza debole” di un giovane che crede. Indica la via della risurrezione dell’Africa, che comincia dai giovani e dai laici».
 
In un contesto di violenza diffusa e, apparentemente senza soluzione, in cui il messaggio ricorrente è che ognuno deve pensare solo a se stesso, in un sistema economico distorto che tollera che il business sia fondato sullo sfruttamento e la morte, la testimonianza di Floribert mostra la forza di un giovane con il Vangelo nel cuore, che rifiuta di far morire gli altri per salvare se stesso. Papa Francesco, nel suo recente viaggio nella Repubblica democratica del Congo, ha ricordato Floribert parlando ai giovani: “Mi viene in mente la testimonianza di un giovane come voi, Floribert Bwana Chui: quindici anni fa, a soli ventisei anni, venne ucciso a Goma per aver bloccato il passaggio di generi alimentari deteriorati, che avrebbero danneggiato la salute della gente. Poteva lasciare andare, non lo avrebbero scoperto e ci avrebbe pure guadagnato. Ma, in quanto cristiano, pregò, pensò agli altri e scelse di essere onesto, dicendo no alla sporcizia della corruzione. Questo è mantenere le mani pulite, mentre le mani che trafficano soldi si sporcano di sangue. Se qualcuno ti allungherà una busta, ti prometterà favori e ricchezze, non cadere nella trappola, non farti ingannare, non lasciarti inghiottire dalla palude del male. Non lasciarti vincere dal male, non credere alle trame oscure del denaro, che fanno sprofondare nella notte. Essere onesti è brillare di giorno, è diffondere la luce di Dio, è vivere la beatitudine della giustizia: vinci il male con il bene!”
 
Cari amici,
 
le voci dei martiri ci parlano di resistenza al male, sia a quello che si diffonde con la violenza e l’odio, sia a quello che si presenta sotto la forma della corruzione e dello sfruttamento economico. Papa Francesco ha voluto recentemente istituire una commissione nuovi martiri, come fece Giovanni Paolo II prima del 2000, perché possa raccogliere le testimonianze dei testimoni della fede del secolo XXI in preparazione del Giubileo del 2025. La loro è una testimonianza di pace perché non segue la logica del salvare se stessi, ma segue Gesù sul cammino dell’amore di Dio e del prossimo: come il chicco di grano della parabola evangelica, hanno accettato di morire per dare molto frutto.