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Ahmad Al-Tayyeb

Recteur del'Université Al-Azhar, Egypte
 biographie
Nel nome di Allah Misericordioso, Compassionevole.
 
Lode ad Allah, e le preghiere e la pace siano sul Messaggero di Allah e sui suoi fratelli profeti e messaggeri.
 
Egregio pubblico! 
 
La pace sia su di voi, la misericordia di Allah e le sue benedizioni. 
 
Vorrei iniziare il mio intervento esprimendo le mie condoglianze al popolo del Regno del Marocco, dopo questa immane tragedia che ha infranto il cuore a noi tutti. Invoco dall’Altissimo perdono e misericordia per tutte le vittime, pazienza per i loro famigliari, consolazione per i loro cuori, come invoco dall’Altissimo pronta guarigione per i feriti. 
 
Vorrei ringraziare la Comunità di Sant’Egidio per avermi invitato a questo incontro che si tiene a Berlino, la capitale della Germania, la locomotiva del progresso europeo nella scienza, nell'industria, nell'economia e nella cultura. Questo incontro, che riflette la determinazione di Sant’Egidio nell’adottare l'appello per la fratellanza umana e la pace mondiale, che l’ha qualificata per l’assegnazione del "Premio Internazionale Zayed per la Fratellanza Umana" quest’anno. 
 
Signore e signori! 
Sarete d'accordo con me che il nostro mondo odierno è bisognoso di ascoltare la voce delle religioni celesti, la voce della ragione, della saggezza e della conoscenza reciproca, mai come nel passato. L'era degli orrori e dei disastri, degli abusi contro la vita e la sacralità del sangue, della derisione dei valori religiosi ed etici e della natura umana, voluta da Allah, l’era del disprezzo dei diritti degli oppressi, dei deboli e dei sofferenti sulla terra. Pensavamo, anzi, ci aspettavamo nei primi decenni del terzo millennio di vedere più civiltà e compassione nell'umanità e più conoscenza reciproca, nella stessa misura del progresso stupefacente registrato e dei balzi in avanti nei campi del progresso scientifico, industriale e di civiltà materiale, con tutti i benefici che l'umanità ha raggiunto nel campo della vita materiale. Eppure, la dolorosa realtà ha dimostrato che questo progresso non è stato accompagnato, purtroppo, da un progresso parallelo nel campo della responsabilità morale, secondo il richiamo della coscienza e rispondendo all'istinto divino che Dio ha elargito agli uomini. E si è visto che il rapporto tra progresso tecnico e di civiltà si è sempre più accompagnato - sfortunatamente – a guerre, nonostante le previsioni dei filosofi del Rinascimento, i quali avevano asserito che il progresso umano nella scienza e nella civiltà avrebbe messo un termine definitivo alle guerre e alle loro cause e che la pace avrebbe accompagnato il progresso civico di pari passo. Difatti il famoso filosofo francese Condorcet disse nel 1787: "Una graduale espansione della civiltà sulla terra, sarà accompagnata dalla scomparsa della guerra, così come dalla scomparsa della schiavitù e della miseria" . 
 
Tuttavia, questi desideri si sono rapidamente rivelati un sogno ad occhi aperti. Il clamore delle armi, i tamburi di guerra, il gemito delle vittime e la perdita di denaro contata in miliardi e trilioni fu l'amara realtà e la dolorosa realtà a cui oggi l'uomo si è risvegliato in Oriente e anche in Occidente. Il filosofo bulgaro contemporaneo Tzvetan Todorov, scomparso cinque anni fa, ha detto il vero quando affermava che «le culture con tutte le loro componenti tecniche e artistiche si diffondono sempre più rapidamente in tutta la terra, e sono conosciute da ampi segmenti della popolazione mondiale, eppure le guerre non si sono fermate, la miseria non si è ritirata e persino la schiavitù è stata abolita soltanto dalle leggi, ma a livello di pratica, essa rimane ancora".   
 
La mia esperienza personale, signori, nella mia vita, che sta per toccare la sua ottava decade, conferma quello che dice questo filosofo. Sono nato dopo la seconda guerra mondiale nel 1946, e non appena ho raggiunto l'età di dieci anni, la mia città è stata distrutta: la città di Luxor, che comprende un terzo del patrimonio archeologico mondiale, è stata colpita dall’aggressione tripartita nel 1956 con la distruzione dell’aeroporto civile. Ho conosciuto - con i miei coetanei nella nostra prima infanzia - il significato di orrore e paura, trascorrendo le notti nell'oscurità totale, e nelle grotte sotto le montagne dove ci rifugiavamo con l'ultima luce del giorno, per uscirne dopo l'alba, per sfuggire ai razzi illuminati bengala seguiti da esplosioni terrificanti. Undici anni dopo l’Egitto ha vissuto la guerra del ‘67, e abbiamo vissuto dei giorni peggiori della guerra del ‘56, seguiti da anni duri di economia di guerra e perdita di vite umane; e non posso dimenticare una bomba lanciata su una scuola elementare affollata di bambini, insegnanti e lavoratori, trasformandoli in pochi attimi in corpi smembrati in mezzo alle macerie. Poi ci fu la guerra di liberazione del Sinai nel ‘73, e con essa abbiamo conosciuto il significato di orgoglio, dignità e fortezza. 
 
Pensavamo che l'era delle guerre nella nostra regione - dopo la guerra di liberazione - fosse finita per sempre e che una vita piena di sicurezza, pace e prosperità stesse ritornando, che le grandi istituzioni internazionali si impegnassero a proteggerla dal caos delle guerre, dalle decisioni avventate, dalla produzione e dal commercio delle armi, e dalla priorità di tutto questo sulla vita umana, sui diritti e sugli interessi. Tuttavia, la situazione si è rivelata ben diversa e si è arrivati - in un ordine misterioso e oscuro – all’insorgenza del terrorismo che ha provocato uccisioni nel nome dell'Islam in tutta la nostra regione. E non appena lo abbiamo sconfitto siamo stati travolti da una nuova serie di guerre i cui effetti distruttivi si riproducono e si moltiplicano in continuazione. A cominciare dalla guerra del Golfo, poi l'invasione dell'Iraq e la distruzione di molte delle sue istituzioni civili, militari ed economiche, e poi la guerra in Siria e Libano, poi la guerra nello Yemen, poi il suo volto orribile si è diretto verso la Libia. E dopo il mondo arabo, è toccata ai paesi del Sahel in Africa, poi ha attraversato il Mediterraneo dividendo il mondo intero in due campi che si combattono, fino al flagello di quest'ultima guerra con un impatto mondiale. E se sappiamo com’è iniziata questa sequenza, di certo non sappiamo coma andrà a finire né come sarà il mondo dopo di essa.
 
Signore e signori, 
 
non sono pessimista o superstizioso, ma vi confesso che - dal mio punto di vista, e a quanto vedo – questa crisi mondiale non ha via d’uscita se non con la luce della religione rivelata da Allah, guida e misericordia per l’umanità, diversamente da alcuni credenti che la usano come merce nel souk della politica e delle competizioni elettorali.  Per questo motivo, mi sono recato dal caro amico Papa Francesco, portando avanti uno scambio negli anni, culminato con la dichiarazione del Documento sulla Fratellanza Umana, firmato ad Abu Dhabi nel 2019, un documento che si basa sui valori umani e religiosi. Siamo stati spinti da una fedele lettura della realtà che ha confermato che la logica della "forza" e dell'"ingiustizia" è diventata la base di governo per le relazioni tra gli stati, in alternativa alla logica della compassione, della cooperazione e della giustizia. Basti sapere che l'1% della popolazione mondiale rappresenta il gruppo che gode di maggiore ricchezza e prestigio, e qui ricordo la saggezza islamica che dice: "Allah Altissimo ha incluso nei possedimenti dei ricchi il cibo dei poveri, e la fame del povero è riconducibile a ciò che possiedono i ricchi". 
 
La lettura della realtà ci ha anche confermato una verità molto amara: l'ingerenza straniera negli affari di alcuni paesi - in particolare i paesi arabi - per trasformarli in un mercato fiorente per il commercio delle armi, con tutto quello che esso comporta come il risveglio delle sedizioni e dei fanatismi etnici, religiosi e confessionali, oltre a rafforzare l'avidità dei ricchi e dei potenti che corrompono la terra e distruggono l'ambiente e fanno pagare ai paesi poveri le conseguenze dei loro crimini. 
 
I recenti sviluppi hanno confermato a tutti - e con profondo rammarico - un odio verso le religioni che non ha precedenti e un’aggressività nei confronti dei loro simboli e valori sacri. È ovvio che bruciare il Sacro Corano in alcuni paesi occidentali, noi in Oriente lo avevamo ritenuto un comportamento individuale insensato, sintomo di uno stato d'animo deviante o di una malattia nervosa, se non avessimo letto del sostegno di alcuni governi a questo comportamento provocatorio nei confronti di due miliardi di fedeli che santificano questo libro sacro, con il pretesto della "libertà di espressione", che è un ingenuo disprezzo per la mente e per l’ovvia differenza cruciale tra libertà di espressione e libertà di creare scompiglio nell'offendere gli altri e i loro valori sacri. 
 
I musulmani, a cominciare da Al-Azhar Al-Sharif e dal Consiglio dei Saggi Musulmani, hanno condannato il crimine di bruciare e demolire le chiese in Pakistan. Al-Azhar ha dichiarato che questo è equivalente al crimine del rogo del Corano, ed è un peccato e una aggressione. Questa è la posizione ferma dei musulmani, di tutti i musulmani, a partire dal Sacro Corano che impone lo stesso rispetto per il Profeta dell'Islam e per i suoi predecessori, per il Corano e per gli altri libri celesti che lo hanno preceduto, che il Corano descrive come guida e luce per l’umanità, come anche tutela le chiese e i templi, esattamente come tutela le moschee. 
 
Concludo sottolineando tre questioni: 
 
punto primo: questa ingiustizia nei confronti della donna musulmana in un antico stato islamico come è l'Afghanistan, negandole il diritto all'istruzione e all’insegnamento e il suo diritto a servire la propria società e l’esercizio di funzioni appropriate per la sua natura, ebbene, tutti questi diritti della donna sono riconosciuti dall'Islam e predicati da quasi mille e cinquecento anni.
 
Punto secondo: l'ingiustizia contro la famiglia come l'umanità l’ha conosciuta dai tempi di Adamo, la pace sia su di lui, che deturpa la sua natura e mette in gioco il futuro e i diritti dei bambini, oltre agli orientamenti che le religioni rifiutano, avvertendo dalla loro pericolosità, e che questo percorso errato porterà inevitabilmente all’estinzione del genere umano. 
 
Punto terzo, e ultimo, tra le tragedie e sofferenze: la somma ingiustizia che dura da tempo: la privazione del popolo palestinese dei propri diritti e della vita sulla propria terra e il silenzio del mondo civile di fronte a questa tragedia umana di lunga durata. 
 
Infine, se concorderete con me – signore e signori – sul fatto che il mondo intero oggi è come un villaggio, vorrei dire che la pace del mondo è più strettamente legata alla pace dei popoli e ribadire il principio secondo cui non c’è pace se non è per tutti: e cioè, non c'è pace in Europa senza la pace del Medio Oriente, in particolare in Palestina, nessuna pace in Asia senza la pace dell'Africa, nessuna pace in Nord America senza la pace del Sud America. 
 
Grazie per il cortese ascolto.
 
La pace sia su di voi, la misericordia di Allah e le sue benedizioni.