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Michel Santier

Vescovo cattolico, Francia
 biografia
Sono il vescovo di Créteil, in una diocesi, di un dipartimento di 1.400.000 abitanti, dove vivono fianco a fianco 90 nazionalità, cristiani di tutte le confessioni, protestanti, ortodossi, copti, armeni e cattolici, credenti di diverse religioni: ebrei, musulmani, buddisti, cristiani e anche non credenti che si dicono atei o agnostici e tutti quelli che sono indifferenti alla dimensione religiosa; capite subito che vivere insieme rappresenta un’autentica sfida ma che può anche dimostrarsi un’opportunità, una grande ricchezza.
 
1-La prima sfida è quella di uscire da sé, dalla propria comunità di appartenenza culturale e religiosa per andare incontro all’altro, a quelli che sono diversi da me per lingua, cultura, colore, religione. Senza l’incontro, rischiamo di rinchiuderci nella paura e nei pregiudizi nei confronti dei fratelli e delle sorelle che condividono la nostra umanità.
 
Da cinque anni a Créteil, durante l’estate, diamo vita ad un’operazione che si chiama “Aiuto Soccorso Alimentare”, perché ci siamo accorti che molte persone non andavano al mare per le vacanze perché non ne avevano i mezzi, le disponibilità finanziarie. Il primo anno, i volontari, che prima di distribuire i pasti vivevano un momento di condivisione evangelica, hanno distribuito 30.000 pasti (quest’anno, in due centri, più di 100.000).
 
Tra i beneficiari si trovavano numerosi musulmani provenienti dall’Africa o dai paesi del Maghreb, ma anche delle famiglie cristiane. Allora ci siamo recati a incontrare l’imam alla moschea e gli abbiamo proposto di metterci insieme a distribuire i pasti ai più indigenti, poiché tra di essi si trovavano delle famiglie musulmane.
 
Il diacono permanente responsabile dell’attività mi ha detto di aver inteso dei commenti negativi quando, il secondo anno, delle giovani donne musulmane sono venute a distribuire i pasti. Ma alla fine del mese di agosto, le stesse persone sono tornate dal diacono per scusarsi e hanno detto che queste giovani col velo erano molto simpatiche e vivaci.
 
Quando ne ho parlato all’imam Hyacène, egli ha sorriso e mi ha detto: “Anche quando alla moschea abbiamo chiesto che dei volontari venissero a distribuire i pasti ai più indigenti, ci sono stati dei commenti: con dei cristiani!” Alla fine del mese esse hanno detto: “Non guarderemo più i cristiani allo stesso modo”.
 
Andare incontro all’altro e mettersi insieme al servizio dei più poveri ha rimosso i pregiudizi che i volontari nutrivano all’inizio, gli uni nei confronti degli altri.
 
2-La seconda sfida in un’ottica di convivenza è quella di non accontentarsi di idee astratte sul dialogo, ma di vivere insieme nei fatti, mettersi insieme al servizio dei più indigenti.
 
Gli attentati che si sono succeduti, Charlie Hebdo, l’ipermercato kasher, il Bataclan, Nizza, l’assassinio di padre Jacques Hamel, paradossalmente ci hanno ravvicinati tra ebrei, cristiani e musulmani. Mi ricordo che due giorni dopo l’attentato contro i giornalisti, su invito del prefetto ci siamo ritrovati presso il monumento ai caduti per un momento di raccoglimento. Hyacène era crollato: “Tutto quello che facciamo è distrutto, voglio dimettermi”. Ho inteso la sua profonda sofferenza e gli ho detto con decisione: “Non è il momento” e siamo finiti l’uno nelle braccia dell’altro.
 
Dopo l’attentato al Bataclan, ci siamo ritrovati alla moschea di Créteil, accolti dal rettore e dall’imam, io, il pastore protestante ed il rabbino e abbiamo preso a turno la parola. Ho detto due cose: che i musulmani non dovevano portare la responsabilità così terribile degli attentati e che ognuno doveva impegnarsi a rivolgere l’un l’altro, tra cristiani e musulmani, tra ebrei, cristiani e musulmani, uno sguardo di stima.
 
Come fatto concreto, aggiungo anche l’aggressione avvenuta ad una giovane coppia di ebrei, la cui giovane donna è stata violentata. In macchina, appena ho ascoltato la notizia alla radio, mi sono precipitato alla sinagoga; il gran rabbino ne è stato profondamente commosso e abbiamo parlato a lungo. L’indomani, ci siamo ritrovati alla sinagoga coi nostri amici ebrei, il rettore della moschea, l’imam e me, ed abbiamo rilasciato una dichiarazione comune. 
 
Sono venuti al servizio che ho presieduto il 15 luglio in cattedrale dopo gli attentati di Nizza, ma erano ancora più numerosi per il servizio del 1° agosto, per padre Jacques Hamel, al ritorno dalle Giornate Mondiali della Gioventù di Cracovia.
 
Erano profondamente scioccati del fatto che ce la si potesse prendere con un prete di 87 anni mentre celebra l’Eucarestia. Sono venuti con rami d’ulivo che avevano raccolto dagli ulivi della spianata della moschea e li hanno intrecciati in un bouquet che ci hanno offerto in segno di pace e di compassione. Ci siamo abbracciati da amici, da fratelli.
 
Le nostre relazioni non fanno che approfondirsi man mano che ci incontriamo, in particolare attraverso gli incontri “Insieme con Maria” che hanno avuto origine in Libano, dove cristiani e musulmani festeggiano insieme Maria il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, l’annuncio della nascita di Gesù a Maria da parte dell’angelo Gabriele. Oggi questi incontri si stanno allargando in Francia e in Europa.
 
Il 31 marzo 2016, l’incontro si è svolto nella cattedrale, dove Anouard Kbibech, presidente del Consiglio del Culto Musulmano, ha detto che Maria era la creatura più perfetta voluta da Dio.
 
Il 23 marzo 2017, l’incontro ha avuto luogo nella moschea, dove i musicisti, come in cattedrale, hanno cantato dei canti magnifici, ma non avrei mai immaginato di parlare del “cuore” di Maria attraverso il racconto dell’annunciazione nel Vangelo di Luca, del suo abbandono alla Volontà di Dio, in una moschea piena!
 
Oggi, quando ci incontriamo alla moschea per il pasto dell’iftar, o nella chiesa di san Pietro per l’ASA (Aiuto Soccorso Alimentare), non siamo più degli estranei, ma degli amici, dei fratelli, e troviamo che i nostri incontri siano troppo brevi.
 
Hyacène, quando prende la parola in pubblico, o Raffaëlo, quando parla di me, dicono “il nostro vescovo” e quando siamo andati assieme, il 18 agosto scorso, ad incoraggiare i volontari che servono i pasti e le famiglie beneficiarie, guardandomi: “Michel, dobbiamo andare ancora più lontano”. Ho risposto: “Sì, insieme raccoglieremo la sfida”.