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Daniela Pompei

Comunità di Sant’Egidio, Italia
 biografia
Nel 2017 gli immigrati rappresentavano il 3,4 % degli abitanti del mondo. In quasi 60 anni l’aumento dei migranti a livello globale è stato piuttosto contenuto, meno dell’1%. La banca mondiale commenta così il dato: “i tassi dei migranti come percentuale della popolazione globale sono rimasti perlopiù invariati per più di 50 anni a causa del forte effetto dissuasivo delle frontiere nazionali, delle distanze, delle differenze culturali e dell’ostacolo della lingua”.  Insomma, non siamo di fronte ad una invasione di immigrati. 
 
Lo spettro dell’Europa sono le migrazioni dell’Africa Sub-Sahariana
 
L’invasione degli africani sub-sahariani è lo spettro di molti politici europei e in particolare quelli dei paesi cosiddetti Visegrad, ma anche di alcuni dei paesi del Centro Europa, Austria e Italia. Questa paura ha coinciso, in parte, con il maggiore afflusso dei migranti del 2015-2016. 
 
In particolare si teme l’aumento demografico di alcuni paesi del Sahel. Secondo la teoria fisica dei “vasi comunicanti” e viste le proiezioni demografiche che indicano per i paesi sub-sahariani il passaggio dagli attuali 970 milioni a 2, 2 miliardi di abitanti nel 2050, si paventa che molti giovani africani si riversino in Europa. Gli studiosi, i demografi dell’INED, gli economisti della Banca Mondiale e dell’FMI contestano questa teoria con 3 considerazioni. 
 
1. La povertà, gli africani dei paesi sub-sahariani emigrano poco a causa della loro povertà. Chi conosce i migranti - e io stessa ne sono testimone - sa che emigra chi è più ricco, chi ha studiato, chi ha la capacità di organizzare un viaggio. Questa è una verità profonda, anche per coloro che sono forzati alla fuga a causa della guerra. I più poveri restano nei campi profughi africani. Lo abbiamo riscontrato anche con i corridoi umanitari che sono stati attivati dall’Etiopia. Nell’enorme area dei campi profughi dei sud- sudanesi di Gambella -più di 500 mila persone- i profughi non vogliono emigrare. 
 
2. Coloro che oggi emigrano, per il 70%, si spostano verso un altro paese subsahariano e solamente il 15% si dirige in Europa. I restanti vanno nei paesi del Golfo o in America del Nord. 
 
3. Infine nelle proiezioni demografiche dell’Onu, i migranti subsahariani aumenteranno nel Nord del mondo e quindi anche in Europa ma resteranno minoritari. Nel 2050 gli studiosi prevedono che saranno fino al 4% della popolazione. 
 
Questa insistenza sui dati è per riportare su un piano di realtà la discussione sulla migrazione. Un modo irrazionale, spaventato, strumentale, di parlarne compromette pesantemente non solo il futuro di chi viene in Europa alla ricerca di salvezza o di una vita migliore, ma rischia di compromettere anche il futuro degli italiani e più in generale degli europei. 
 
La Banca Mondiale, osservatore demografico tra i più acuti, ha pubblicato pochi mesi fa il rapporto “In Movimento per la Prosperità: Migrazioni globali e mercato del lavoro” con un sottotitolo molto significativo “Le migrazioni internazionali possono fortemente contribuire a mettere fine alla povertà nel mondo”. Si dimostra nel rapporto come le migrazioni abbiano permesso a milioni di esseri umani di uscire dalla povertà e abbiano stimolato la crescita economica dei paesi di partenza e di accoglienza. “Compito degli stati, secondo il rapporto, è quello di gestire con delle politiche giudiziose per portare a frutto per tutti la risorse dell’immigrazione”.  
 
Molto del nostro futuro, quindi, dipenderà da come sapremo affrontare in modo positivo il fenomeno delle migrazioni. Vorrei brevemente soffermare l’attenzione su alcuni paesi europei. La Polonia, la Germania e l’Italia. La Polonia è un paese ricco, ha un buon PIL, tra i più alti dell’Unione Europea (il 4,7% nel 2017), e per mantenerlo ha un estremo bisogno di lavoratori, che non ha al suo interno. Ha stimato di aver necessità di ben 4 milioni di lavoratori stranieri entro il 2030. Dagli ultimi dati Eurostat emerge che in Polonia sono stati rilasciati nel 2017 quasi 700.000 (n. 683.228) nuovi permessi di lavoro   . Si tratta quasi unicamente di cittadini dell’Ucraina. La Polonia quindi cerca lavoratori, ma li vuole scegliere in maniera selettiva: armeni, bielorussi, georgiani, moldavi, russi e ucraini in nome dell’affinità culturale. Cerca, poi, di attrarre i filippini cattolici e i vietnamiti attraverso accordi bilaterali. I migranti, d’altro canto, considerano la Polonia un paese di transito. Gli ucraini o le ucraine entrano, prendono il soggiorno, lavorano qualche mese e ritornano nel paese o vanno in un altro paese europeo, così è vero anche per le georgiane. Per i migranti, la Polonia, non sembra un paese in cui stabilirsi, ma piuttosto un trampolino verso altri paesi. 
 
La ricchezza attuale della Polonia è il frutto dell’essere stato nei decenni scorsi un paese a forte emigrazione. Infatti, è divenuto un paese ricco, anche grazie alle rimesse dei suoi emigrati.  Nel 2016 -ultimo dato disponibile- sono entrati 3 miliardi di euro da cittadini polacchi  emigrati in altri paesi europei. 
 
Vorrei ora soffermarmi sulla Germania che, in Europa, è il paese più attrattivo per gli immigrati, ed è il secondo paese a livello mondiale per numero di migranti accolti: oltre 9 milioni. Tra le prime 5 nazionalità in Germania troviamo al primo posto gli storici Turchi, seguiti dai Polacchi, i Siriani di recente immigrazione, gli Italiani e i Romeni. La Germania è il paese che ha avuto l’impatto maggiore della crisi migratoria del 2015-2016 quando in due anni ha accolto oltre un milione di profughi. Diversamente dalla Polonia, la Germania ha accolto i migranti senza aver scelto i paesi di provenienza per affinità culturali e ha investito molto sull’integrazione. Solo nel 2017 ha impegnato 20 miliardi di euro per favorire percorsi di inserimento. L’agenzia federale tedesca per il lavoro riporta che solo nel primo semestre del 2018 più di 300 mila rifugiati hanno trovato lavoro la maggioranza con un contratto a tempo indeterminato, inoltre 38 mila profughi vanno all’Università.  I nuovi arrivati, sostenuti nel loro percorso d’integrazione, in poco più di due anni sono divenuti una potente risorsa per la Germania e, allo stesso tempo, sono un’opportunità per i loro paesi di origine. 
 
Ma dal 2017 ad oggi i richiedenti asilo sono drasticamente diminuiti in tutta Europa e particolarmente in Germania, anche a causa  delle chiusure delle frontiere di alcuni paesi europei, tra cui l’Italia. I rifugiati che arrivano non sono più sufficienti a sopperire la mancanza di lavoratori. È della settimana scorsa la notizia  che il ministro dell’Interno ha presentato una nuova legge per l’ingresso di migranti economici, attraverso delle quote: il fabbisogno della Germania calcolato dal mondo imprenditoriale in pochi anni sarà di 1.600.000 lavoratori. 
 
Concludendo su questi due paesi messi a confronto: al di là di ogni considerazione ideologica, emerge con forza che sia in Germania che in Polonia non si può prescindere dal bisogno incalzante di lavoratori migranti, senza distinzione tra rifugiati e immigrati economici. I lavoratori, è dimostrato, non arrivano in numero adeguato da altri paesi europei - si pensi al veloce processo di invecchiamento della popolazione europea- ed è quindi necessario aprire vie legali di ingresso anche da altri continenti. Ulteriore considerazione - non di poco conto- sul caso tedesco è che l’immigrazione - a prescindere dai paesi di provenienza - può divenire anche in tempi brevi una risorsa se gli stati optano per delle politiche “giudiziose” come dichiarato dalla Banca Mondiale. 
 
Come ultima annotazione - non di minore importanza-  vorrei citare la preoccupante crisi demografica che vive l’Europa e particolarmente i paesi citati, la Polonia, la Germania e l’Italia.  Si prevede che gli italiani, ad esempio, nel 2050 saranno 58 milioni di abitanti circa due milioni in meno di adesso. Gli ultranovantenni saranno circa 3% della popolazione. Dovremmo  quindi parlare di emergenza demografica e non di emergenza immigrazione.
 
I corridoi Umanitari  
 
Vorrei ora fare un altro esempio di politica giudiziosa, seria e solidale: i Corridoi Umanitari. In questa sala sono presenti tutti i protagonisti: le associazioni che ne sono stati i promotori, coloro che accolgono e i rifugiati che sono stati accolti. Saluto tutti con molta gioia.
 
I Corridoi Umanitari rappresentano una via legale di ingresso per potenziali richiedenti asilo. Sono un modo  per permettere l’ingresso in sicurezza ai profughi, e per garantire sicurezza ai cittadini dei paesi che accolgono: l’Italia, la Francia , il Belgio, e dalla prossima settimana anche la piccola repubblica di Andorra che accoglierà le prime famiglie.  
 
La novità più eclatante di questa Proposta di intervento è che nasce dal mondo della società civile. La Tavola Valdese, la Fcei, la Cei, la Caritas Italiana, la Migrantes, la Comunità Papa Giovanni XXIII e la Comunità di Sant’Egidio.
 
I Corridoi Umanitari sono operativi in Libano dal dicembre 2015, dopo la sottoscrizione di due protocolli con il governo italiano, per l’accoglienza di 2000 profughi vulnerabili, prevalentemente siriani, di cui sono giunti in Italia già 1300 e alla fine di ottobre ne arriveranno altri 100. 
 
Nel gennaio 2017 è stato sottoscritto un ulteriore protocollo per 500 profughi  somali, sud-sudanesi ed eritrei provenienti dall’Etiopia. Ne sono giunti poco meno di 400 alla fine di ottobre. In Belgio sono giunti poco più di 100 e in Francia 200. In totale alla fine di ottobre saranno giunti in Europa 2076 profughi, e solamente in Italia 1775.
 
 Alcuni potrebbero dire: “si va bene ma sono piccoli numeri”. È doveroso ricordare che programmi simili, come il reinsediamento/ resettlement del governo italiano, ha coinvolto nello stesso arco di tempo 1700 rifugiati, in Spagna 1400 rifugiati, in Austria 1900. Si consideri che a differenza dei programmi governativi, i Corridoi Umanitari sono un programma di sponsorizzazione privata e tutto il percorso dall’individuazione dei profughi nei campi, all’accoglienza nei paesi di destinazione è a carico delle associazioni che li accolgono, i governi non contribuiscono economicamente.  Questo è un valore aggiunto non di poco conto. 
 
I Corridoi Umanitari sono quindi una proposta concreta, possibile, replicabile,  in un periodo difficile dove dominano le paure verso i rifugiati, e gli immigrati e sono anche una risposta per coloro che desiderano vivere il principio della solidarietà e non soccombere alla “globalizzazione dell’indifferenza” come la chiama Papa Francesco. Desidero quindi ringraziare tutti coloro che in modi e forme diverse hanno accolto, insegnato, accompagnato tanti profughi. Ne abbiamo contati più di 9000 in due anni, in Italia. 9000 italiani, in 98 città e in 17 Regioni, che si sono messi al servizio di bambini, donne e uomini, e accanto a loro molti mediatori culturali, migranti di prima generazione che hanno voluto aiutare e sostenere. In molti hanno aperto le loro case, privati cittadini, piccole associazioni, istituti religiosi, parrocchie. C’è una Italia bella solidale, che ha superato la paura e accogliendo si è aperto al mondo. 
 
Una prima conclusione è che attraverso i Corridoi Umanitari si è giunti seppure con numeri inferiori agli stessi risultati della Germania. Su un universo di poco più di 1000 profughi giunti dal Libano abbiamo verificato che se il percorso di integrazione è seguito bene, sin dal primo giorno dell’arrivo in Italia, i problemi che nascono si risolvono. In due anni mediamente le famiglie diventano autonome, Ad oggi più di 150 rifugiati hanno un lavoro stabile, alcuni hanno già aperto delle attività in proprio (autolavaggi, barbieri, ristoranti), 35 frequentano corsi universitari, e vari altri i corsi professionali. I bambini e gli adolescenti sono tutti inseriti a scuola. I rifugiati dei Corridoi Umanitari sono divenuti una risorsa per i luoghi dove sono accolti, anche piccoli paesi che si rivitalizzano, contesti di quartieri, zone, in cui l’accoglienza di una famiglia permette di ricostruire il tessuto di relazioni sociali degli ospitanti. Durante l’estate ho visitato varie famiglie accolte e tutti coloro che ho incontrato mi hanno detto nella totalità dei casi che l’accoglienza è stata una esperienza positiva, dal Nord al Sud dell’Italia, da Fossano a Meta di Sorrento, solo per citarne alcune. 
 
Concludo con le parole di Umberto Eco che parla ad una società europea impaurita e nella sua profonda conoscenza ci aiuta a leggere quello che stiamo vivendo in una dimensione più ampia che supera il tempo e le frontiere. Dice Eco: “Il problema è che (…) l’Europa sarà un continente multirazziale, o se preferite, colorito. Se vi piace, sarà così, e se non vi piace sarà così lo stesso.” Osserva Eco che l’Europa è stata, dalla caduta dell’Impero romano, in avanti il risultato di un meticciato culturale riuscito: “La civiltà romana era diventata una civiltà di meticci. I razzisti diranno che è per questo che si è dissolta, ma ci sono voluti 500 anni – e mi pare uno spazio di tempo che consente anche a noi di fare progetti per il futuro”  . L’Europa è stata il risultato di un meticciato culturale riuscito, questo ci permette di resistere e fare progetti per il futuro, come quello dei Corridoi Umanitari. Ci permette di essere felici di accogliere e di continuare ad ospitare i tre stranieri che passano a Mamre come fece Abramo.