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Anastasios

Arcivescovo di Tirana e Primate della Chiesa ortodossa autocefala di Albania
 biografia

Oggi la piú tragica violenza è l’uso improprio che viene fatto del termine pace da parte di persone che non credono realmente ad essa. Ciononostante l’anelito umano per una coabitazione pacifica a livello mondiale permane. Pertanto ogni sforzo di rinnovare l’interesse alla pace e l’approfondimento del suo significato è un’offerta di gran valore per il progresso dell’umanità. Questa conferenza, sia gloria a Dio, s’inserisce in questo percorso.
È una gioia ed un onore tutto particolare per la Chiesa Autocefala di Albania essere co-organizzatrice di questo Incontro Internazionale per la Pace, insieme alla Comunità di Sant’Egidio e alla Conferenza Episcopale Cattolica di Albania. Prima di qualunque altra osservazione vorremmo esprimere I nostri più sentiti ringraziamenti e dare un caloroso benvenuto a tutti gli illustri partecipanti che hanno accettato il nostro invito. Possa “la pace di Dio, che supera ogni intelligenza” (Filip. 4:7) abbondare nella vita di ciascuno e possa anche illuminare le nostre anime durante le riflessioni di questa Conferenza.
L’Albania, come è ben noto, ha affrontato molte prove difficili nel corso del ventesimo secolo, in particolare una persecuzione atea di lunga durata. Comunque dal 1991, ha accolto la libertà religiosa e contemporaneamente ha promosso la pacifica convivenza tra le comunità religiose e anche con coloro che non appartengono ad alcuna comunità religiosa. Le dolorose memorie delle due guerre mondiali e dei sanguinosi conflitti alla fine del ventesimo secolo nei Balcani Occidentali, hanno contribuito a far crescere il desiderio di pace in tutte le sue forme.
Il titolo del tema del nostro Incontro, “La pace è sempre possibile”, appare dinamico ed ottimista. Ciononostante le notizie di selvaggi conflitti in varie aree del pianeta, trasmesse continuamente da tutti i mezzi di comunicazione, gettano ombre pesanti sul nostro ottimismo rispetto alla possibilità che il mondo sia in pace. Pertanto, aggiungendo un punto interrogativo alla fine della formulazione del titolo abbiamo: “La pace, è sempre possibile?” All’interno di questa realtà incerta, gli esiti di questo Incontro Internazionale per la Pace si muoveranno certamente nella direzione di una ricerca carica di speranza, offrendo proposte concrete sul tema cruciale della pace.

Come introduzione vorrei sottolineare brevemente cinque punti:
1. Affinchè ciò che a prima vista appare impossibile diventi possible, cioè la diffusione della pace nel mondo, le comunità religiose devono giocare un ruolo centrale. Secondo gli obiettivi che i loro seguaci traggono dal patrimonio delle loro convinzioni religiose, essi possono sostenere o minare la pace, sia a livello locale che globale. Quindi, affinchè la pace risulti possibile, diviene necessario il prerequisito della pace tra le religioni.
Il tema della pace fra le religioni, nel dialogo e nella comprensione reciproca, è ovviamente molto complesso e non siamo in cerca di alcun tipo di sincretismo. L’autentico rispetto della libertà religiosa di ciascuna persona, per la sua dignità come uomo, resta il solido fondamento per una convivenza pacifica. Ci sono importanti aspetti e principi ispiratori di pace nei risvolti dottrinali delle grandi religioni che devono essere attentamente scoperti, utilizzati e resi produttivi affinchè una pace a livello mondiale sia possibile. Le voci di pace, che provengono dai polmoni delle religioni mondiali, devono essere intensificate e costantemente espresse, attraverso le predicazioni, il catechismo, le conferenze e ogni altra possibile forma di comunicazione.
    Ogni iniziativa di dialogo fra le religioni e le culture aiuterà certamente a raggiungere questo scopo. Siamo grati a tutti coloro che si impegnano per questo obiettivo, ed in particolare siamo grati alla Comunità di Sant’Egidio per i suoi sforzi sistematici e stimolanti in questi ultimi decenni.
2. La coscienza religiosa, nelle sue più varie forme, ha la capacità di contribuire in modi diversi allo sviluppo delle tendenze pacifiche e, più in generale, alla promozione della pace a livello locale e globale.
Nella maggior parte delle tradizioni religiose noi troviamo: primo, la ricerca della pace interiore. Secondo: affermiamo che non si deve aggredire. Terzo: il perseguimento di rapporti pacifici con la Realtà più alta, sia che venga considerato un Dio personale che un dio impersonale. Quarto: le religioni stabiliscono principi per facilitare la convivenza pacifica in ogni specifica unità sociale. Ed infine si compiono sforzi per mantenere la pace tra tutta l’umanità, andando oltre i confini della propria comunità religiosa.
Vi è un obbligo per coloro che come noi credono in Dio, e cioè di ricercare e avanzare nella teologia e nell’antropologia irenica, traendo ispirazione dalle risorse più profonde dei nostri insegnamenti religiosi e dalle pagine migliori della storia delle nostre tradizioni religiose, sottolineando per ogni persona umana il dovere di opporsi alla violenza e di lavorare per la riconciliazione e per una pace duratura sulla terra. Le nuove generazioni, in particolare, richiedono una educazione consapevole alla pace che sia nutrita e ispirata dalle fonti delle religioni.
3. La ricerca della pace presuppone una costante tutela e lotta per la giustizia. Sempre nel corso dei secoli, e specialmente nei nostri tempi, il rapporto che la pace ha con la giustizia è stato enfatizzato. Questo legame è evidente in molte tradizioni religiose. Un sincero anelito di pace, sia a livello locale che globale, significa un vero desiderio di impegno per la giustizia. In un mondo ingiusto non può regnare la pace. Oggi, la pace e la giustizia, hanno acquisito un altro sinonimo: lo sviluppo. Tutti noi possiamo e dobbiamo contribuire allo sviluppo delle aree più povere. La povertà rimane la peggiore espressione della violenza. Quando le persone, vicine o lontane da noi, sono private delle necessità fondamentali per la loro stessa sopravvivenza, non è strano che si rivolgano in altre direzioni ed adottino altri credi religiosi estremi in modo da ottenere una società giusta e di dare un significato alla vita e alla morte.
Più specificamente, riguardo alla questione del terrorismo, che ha recentemente dominato le cronache, noi riteniamo che le società occidentali che detengono il potere economico, scientifico e militare, debbano procedere ad una fruttuosa autocritica. Dovrebbero guardare alle proprie responsabilità e al proprio debito verso le nuove dimensioni globali in modo più chiaro. Pace e sicurezza, delle quali tutti noi stiamo parlando, saranno assicurate nel momento in cui si avrà cura della giustizia sociale e nel momento in cui si assicurerà lo sviluppo delle società più povere del pianeta. Sarebbe tragico, sia spiritualmente che politicamente, lasciare, a causa dell’indifferenza e dell’arroganza, che un nuovo e multiforme proletariato generi una rivolta violenta attraverso l’abuso di una “energia  atomica” spirituale  propria di una specifica  tradizione religiosa.
4. Una cosa che spesso si ignora, mentre invece rappresenta il nucleo centrale della pace, è che la coscienza religiosa è chiamata a sottolineare che la pace comincia dall’interiorità, nel profondo dell’essere umano. E’ qualcosa che ha a che fare con l’umiltà, il perdono, la libertà dall’odio, dalla durezza e dalla gelosia. Fiorisce nella comunione costante con il Dio della pace. In particolare, il significato cristiano della pace interiore è più profondo e più ampio dell’apatia degli Stoici. Non si riferisce alla sola passività per ciò che accade intorno a noi. Mantenendo la nostra pace interiore saremo capaci di vivere con gli altri, “se possible, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti” (Rom. 12:18).
5. In conclusione, il contrario della pace non è la Guerra, ma l’egocentrismo: individuale, collettivo, etnico, razziale. L’egocentrismo muove le varie forme di violenza che uccidono in diversi modi la pace. Questo è il principio che ispira e fornisce strumenti per grandi e piccoli conflitti; questo è ciò che colpisce l’uomo e le comunità con un odio che non finisce.
L’antidoto all’egoismo non consiste in generali consigli etici o incoraggiamenti, né in espressioni legali o in meccanismi repressivi, ma nel rafforzamento dell’amore. Un amore multidimensionale, altruista, che non è limitato dai confini, dai pregiudizi e da alcuna forma di distinzione. Le enormi possibilità e il contributo di una sana coscienza religiosa risiedono in questo. Cioè nel garantire, anche in condizoni di conflitti di lunga durata, la forza del perdono e della riconciliazione. Alla fine, la forza dell’ amore prevale sull’ amore per la forza che distrugge la pace.
Spero e prego che attraverso le presentazioni, le discussioni e le conclusioni generali del nostro Incontro Internazionale per la Pace troveremo materiale di grande valore per un’analisi più approfondita sull’importante tema del nostro Convegno; che è quello di avvicinarsi,  in maniera autentica, alla verità che la pace è sempre possibile.