Condividi su

Markus Dröge

Vescovo evangelico, Germania
 biografia

I.
Signore e Signori,
cari ospiti dell’Incontro Internazionale “La pace è sempre possibile”, ringrazio di cuore per l’invito a venire qui a Tirana, la capitale dell’Albania, un paese che, nonostante la storia movimentata ed i tanti problemi attuali, è riuscito a conservare ed a coltivare il dialogo tra le religioni. È un dono di Dio il fatto che la Comunità di Sant’Egidio sia riuscita ad invitare tanti rappresentanti. In questo tempo non abbiamo bisogno di nulla in modo tanto urgente quanto di dialogo, in cui siamo disposti ad ascoltarci l’un l’altro ed a cercare vie di pace. Infatti tante persone aspettano un segno di speranza da coloro, che credono in un Dio misericordioso.
Vengo da Berlino. Berlino è la città, in cui, ormai 26 anni fa, è caduto il muro che separava due sistemi politici inconciliabili. Conosciamo il filo spinato e campi minati, cani da guardia e soldati di guardia al confine che sparano a chi fugge. E perciò, oggi, siamo pieni di riconoscenza per il fatto che la Porta di Brandenburgo sia aperta. È diventata un simbolo della libertà, che attrae persone da tutto il mondo.
Davanti a questo simbolo della libertà alcuni rifugiati, due anni fa, hanno cominciato uno sciopero della fame e della sete, per attirare l’attenzione sui loro problemi. È stato allora che noi di Berlino siamo diventati consapevoli di ciò che oggi costituisce il nostro argomento: che la povertà dei rifugiati ed il numero crescente dei migranti rappresenta una sfida globale. Noi come Chiesa abbiamo potuto ottenere che i dimostranti terminassero il loro sciopero. Noi li abbiamo accolti, fino ad oggi però non abbiamo ancora trovato una soluzione definitiva per loro.
Nel frattempo la sfida dei migranti ha assunto dimensioni del tutto nuove.
Per quest’anno è stato previsto l’arrivo di 800.000 rifugiati in Germania: si tratta di quattro volte tanti quanti ne sono venuti nel 2014. La domanda su cosa significhi ciò per la Germania è attualmente oggetto di animate discussioni.
La disponibilità di grandi parti della popolazione ad aiutare è spiazzante. Ma esiste anche la paura dell’estraneo, il rifiuto di persone di cultura, lingua e religione diversa. Gruppi politici, che vogliono trarre profitto da questi sentimenti, vengono allo scoperto, forti più che mai, e guadagnano consensi.

II.
Sono grato e fiero del fatto che nella Costituzione del mio Paese siano stati stabiliti due Diritti Fondamentali: “(1) La dignità dell’uomo è inviolabile. Onorarla e proteggerla è un impegno di ogni potere statale.” (Art. 1,1) e “i perseguitati politici godono del diritto di asilo” (Art 16°). Ciò è un risultato della nostra esperienza politica. Avvertiamo la nostra responsabilità verso persone che, di fronte ad una situazione di pericolo vengono da noi, perché molte persone che durante il nazionalsocialismo volevano fuggire dalla Germania hanno trovato troppo poca protezione in altri paesi. Le persone che vengono oggi da noi ci mettono alla prova: Siamo del parere che ogni uomo è figlio di Dio, e continueremo ad offrire aiuto e protezione?
Quando Martin Luther King ha visitato Berlino Est nel 1964, ha detto le seguenti parole nella Chiesa di Santa Maria a Berlino, che oggi è la mia cattedrale:
“… qui ci sono figli di Dio da ambedue i lati del muro, e nessun confine tracciato da mano umana può cancellare questo fatto”. Oggi dobbiamo dire:
“autoctoni e stranieri sono figli di Dio, e nessuna paura di essere sopraffatti dallo straniero può cancellare questo fatto.”
Quando quindi constatiamo che in molte parti del mondo diminuisce la disponibilità a conservare la convivenza pacifica tra persone di cultura e religione diversa, quando, vediamo, che ambiti culturali, in cui da secoli gli uomini avevano imparato a rispettare chi era di fede diversa, ora sono distrutte da persone violente, rovinate dal fanatismo religioso, allora viviamo la sfida di unire tutte le forze della società, per spenderci a favore della pace tra religioni e culture. È ben chiaro che nessun paese può resistere da solo a questa sfida. Tuttavia mancano ancora nell’Unione Europea un senso di appartenenza comune e la solidarietà per sviluppare concetti che siano vincolanti per tutti. Anche l’Europa è messa alla prova. L’Europa deve essere all’altezza di questa sfida e offrire segni di speranza.

III.
Come vedo questa sfida per la mia Chiesa? Noi ci concepiamo come Chiesa Evangelica in Germania, come una Chiesa pubblica, con un ruolo nella società. Nostro compito è annunciare il messaggio cristiano della riconciliazione e ricordare ai governanti ed ai governati il comandamento divino della giustizia – ciò è quanto dice la nostra Confessione di fede. Nella situazione attuale lo facciamo innanzitutto alzando la nostra voce in ambito politico, in secondo luogo attraverso la diaconia e in terzo luogo portando avanti il dialogo tra le religioni.
Innanzitutto: La nostra richiesta politica è di maggiori sforzi per provvedere alle necessità dei rifugiati nel nostro paese e di aiuti per l’integrazione. Noi ci impegniamo affinché coloro, che sono perseguitati politicamente o la cui vita o integrità fisica sono minacciati, abbiano diritto ad avere asilo anche nel futuro. Siamo dell’opinione che gli accordi di Dublino non risolvono i problemi. Speriamo che la comunità internazionale europea presto giunga ad accordi vincolanti che stabiliscano quanti rifugiati possano essere accolti da ciascun paese europeo e che si giunga ad una ridistribuzione dello sforzo, affinché paesi più deboli non debbano sostenere un peso superiore alle loro forze.
Ci colpisce profondamente il fatto che il Mare Mediterraneo, che in molte epoche della sua storia ha unito tra loro i popoli e le culture, ora sia diventato un mare di morte. Come è possibile che le persone debbano rivolgersi agli scafisti per essere portati in Europa, rischiando la vita, senza sapere se hanno una chance di poter vivere durevolmente in un paese europeo? Abbiamo bisogno di nuovi canali, affinché le persone possano richiedere asilo in Europa anche trovandosi fuori dall’Europa. Ci impegniamo affinché il nostro paese tragga finalmente le conseguenze dal fatto di essere un paese di immigrazione. Perciò chiediamo che in Germania venga approvata una legge sull’immigrazione.
In secondo luogo: Cosa facciamo noi stessi, in quanto Chiesa? Noi rafforziamo il nostro impegno nella diaconia. A Berlino, questo mese, apriamo una chiesa dei rifugiati, un luogo d’incontro, di consulenza, di discussione politica. Molte parrocchie si impegnano nell’assistere i rifugiati. Organizziamo feste di benvenuto, affinché sia possibile l’incontro tra esseri umani e venga superata, prima che nasca, ogni ostilità verso chi è straniero. Ma rafforziamo la nostra diaconia anche a livello mondiale. Già qualche anno fa abbiamo messo insieme le seguenti organizzazioni: “Diakonie Deutschland” (Diaconia Germania), “Brot für die Welt” (Pane per il mondo), “Diakoniekatastrophenhilfe” (Diaconia dell’aiuto di emergenza” e “Evangelischer Entwicklungsdienst” (Aiuto allo sviluppo della Chiesa Evangelica). Oggi infatti, in un mondo globalizzato, non possiamo fare lavoro sociale in Germania senza vedere i legami con le crisi, le guerre e le catastrofi nel mondo. La comunità dei popoli del mondo deve combattere le cause della povertà, affinché le persone non debbano più abbandonare la propria patria!
In terzo luogo: Chiediamo infine il dialogo interreligioso. Attraverso i rifugiati ed i migranti la nostra società in Germania diventa più pluralistica. Solo se ci riesce a progettare la convivenza di persone di religione, cultura e lingua diverse, potremo continuare ad essere una società libera, aperta e pacifica.

IV.
Ho iniziato parlando della mia città, Berlino, e vorrei anche concludere parlando di Berlino e affidare alla vostra riflessione la nostra visione per un dialogo tra le religioni. A Berlino vogliamo costruire la House of One, una casa per tre religioni: ebrei, cristiani e musulmani. In essa non vogliamo mischiare le religioni. Ci saranno locali per il culto e la preghiera separati per ogni religione. Ma nel mezzo ci sarà anche un locale per l’incontro, per il dialogo e per il lavoro culturale. È stato concluso un concorso internazionale, molto partecipato, per il progetto architettonico. È già stato scelto il vincitore. Abbiamo riscosso molto interesse e trovato partner in Georgia, Gerusalemme, Ruanda, nella Repubblica Centrafricana, a Vienna, Londra, Stoccolma, Zurigo e Parigi. Abbiamo bisogno di partner e sostenitori, soprattutto all’interno del mondo musulmano, che si facciano entusiasmare per questa visione. Vogliamo dare una patria al dialogo, e vogliamo farlo nella città in cui è caduto il muro, che separava sistemi nemici tra loro. Anche i muri, che separano esseri umani di religioni e culture diverse e li rendono nemici, devono cadere. Abbiamo bisogno di forza, impegno e costanza! Proprio le persone credenti di ogni religione, che credono nel Dio buono e misericordioso, che vuole il bene di tutti gli uomini, suoi figli, sono chiamati a dare al mondo la speranza, che questa sfida può essere superata!