8 Settembre 2009 18:45 | Piazza del Mercato

Intervento



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Andrea Riccardi

Storico, fondatore della Comunità di Sant’Egidio
 biografia

Illustri Rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Religioni Mondiali,
Cari amici di Cracovia,

abbiamo ancora negli occhi le immagini del dolore e del male, scolpite per sempre nell’abisso di Auschwitz. Credevamo di conoscere la sofferenza, ma quell’abisso di dolore è impensabile e inconcepibile. Tanto possono l’odio umano, l’ideologia folle razzista e antisemita, la volontà di ridurre schiavo un popolo, com’è avvenuto con i polacchi. Come può tanto male nascere nel cuore e nelle menti degli uomini?

Siamo tutti peccatori e deboli. Conosciamo il dolore inferto dalle guerre e dal male. Ma è troppo il male che abbiamo visto ad Auschwitz! Ci chiediamo attoniti: come può essere stato concepito? Eppure è avvenuto. Sì, si può pensare e fare tanto male. La nostra fiducia nell’uomo vacilla. Abbiamo paura del suo orgoglio, del nostro orgoglio. Abbiamo paura dell’orgoglio dei popoli. Abbiamo paura della follia degli arroganti e dell’accecamento di tanti. L’orgoglio si manifesta quando un popolo rompe e disprezza della famiglia delle nazioni, credendo che il proprio bene si affermi facendo il male dell’altro. Allora il peggior male diventa possibile.

Allora o si cede all’orgoglio o si piomba nella paura!

Grazie a Dio, non siamo soli, ma tra tanti credenti. Questi ci testimoniano che Dio non abbandona l’umanità all’orgoglio folle. Non è ne è testimonianza il cammino provvidenziale compiuto in questi anni da Assisi nel 1986? Tornare a Dio è ritrovare la vera via della pace. Lo dico oggi con una convinzione più profonda e più sofferta di ieri, dopo il pellegrinaggio ad Auschwitz. Tornare a Dio è ritrovare il volto amico degli altri, liberati dall’abisso del male.

Per questo la vita non è un gioco. Non lo è la politica. Non lo sono i rapporti tra i popoli. Non si può scherzare con la violenza, con la predicazione dell’odio e del disprezzo. Sono semi da cui nascono tempeste incontrollabili, che travolgono i popoli.

Per questo, da più di vent’anni, sulla scia di Giovanni Paolo II, ci facciamo pellegrini di pace in tante città del mondo, per testimoniare la santità e la bellezza della pace. Vent’anni fa eravamo a Varsavia. Ma non ci siamo stancati, anche se il passo di alcuni si è fatto più faticoso con il passare degli anni; anzi è cresciuta in noi, specie dopo l’11 settembre 2001, la convinzione che il mondo ha bisogno del dialogo tra le religioni.

Il frutto del dialogo è che non abbiamo ceduto al fascino della violenza, alla seduzione del disprezzo e dell’odio. Il frutto del dialogo è che non abbiamo disperato e che non ci siamo fatti intimidire. Il frutto del dialogo è che continuiamo a camminare.

Cracovia, bella e accogliente, ha confermato questa nostra fiducia. Abbiamo ritrovato la testimonianza di un popolo ricco di umanità, che ha sofferto la guerra e la cupidigia di dominio altrui. Abbiamo ritrovato nell’accogliente card. Dsziwisz lo spirito di Giovanni Paolo II, maestro di dialogo. Grazie!

La pace parte da noi stessi, dalla conversione dei cuori, dalla volontà di vivere senza violenza. Questa pace è la nostra decisione e nessuno può togliercela! Ma la passione per la pace può essere comunicata e può cambiare la storia. Meditando i cambiamenti del 1989, abbiamo meglio compreso la grande forza dello spirito.

La pace cresce nel dialogo, che come una rete abbraccia il mondo intero, trasformandolo dal caos impazzito delle diversità in un mosaico stupendo. Il dialogo –diceva l’umile e grande teologo ortodosso francese, Olivier Clément- “è la chiave della sopravvivenza del pianeta, in un mondo in cui si è dimenticato come la guerra non sia mai la soluzione chirurgicamente pulita che permette di espellere il male dal mondo. Il dialogo è il cuore della pace…”.

Nessun uomo, nessun popolo, nessuna comunità, è il male. Tutti i popoli hanno una loro bontà, che li unisce agli altri. C’è un bene comune da affermare, facendo del mondo una famiglia dei popoli. Questo ci appare il sogno di tanti. Questo mi sembra essere anche –per quel poco che capisco- il grande disegno di Dio sull’umanità. Nel dialogo, tutti i popoli si rivelano buoni, bisognosi degli altri.

Così partiamo con un sogno. A settant’anni dalla Seconda Guerra Mondiale, dopo le delusioni della crisi economica mondiale, è il tempo che rinasca un umanesimo di pace e di dialogo, capace di dare anima a questo mondo globalizzato e frammentato. Noi continueremo!