3 Octubre 2010 17:00 | Palau de la Música Catalana

Intervento



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Mahmoud Hamdy Zakzouk

Ministro de Asuntos Religiosos (Awqaf), Egipto
 biografía
Premessa
 
Il tempo presente è giustamente considerato un tempo di crisi internazionali, differente sotto questo punto di vista da ogni epoca precedente. Le crisi del nostro tempo non sono più locali o regionali come nel passato; le crisi sono diventate globali in conseguenza di questa epoca di globalizzazione e della rivoluzione tecnologica nell’informazione e nella comunicazione. L’esempio più recente di ciò è la crisi finanziaria ed economica mondiale che ha colpito, direttamente o indirettamente, ogni parte del mondo.
Inoltre, esistono molti problemi che si trascinano da tempo e minacciano molti paesi del mondo, in particolare i problemi del terrorismo, del crimine organizzato, delle droghe e dell’AIDS, la corsa alle armi nucleari, l’approvvigionamento di acqua, l’approvvigionamento energetico, l’inquinamento ambientale, dispute di confine e conflitti armati in molte parti del mondo.
Non c’è dubbio che tutte queste crisi debbano essere affrontate e risolte attraverso gli sforzi congiunti dell’intera comunità mondiale, perché colpiscono tutti i paesi del mondo, in un modo o nell’altro. Soluzioni semplicemente parziali o individuali da parte di alcune nazioni non daranno alcun risultato finché il resto del mondo non parteciperà a tali decisioni.
 
Ciò vale soprattutto per quei problemi politici cronici che sono, a lungo andare, estremamente pericolosi per il mondo contemporaneo, e tra questi in particolare la crisi mediorientale, che dura da più di sessant’anni e non colpisce solo l’area del Medio Oriente stesso, ma, direttamente o indirettamente molte altre parti del mondo.
 
La necessità vitale della coesistenza
 
Di fronte a queste gravi crisi che colpiscono la vita contemporanea, non c’è via di scampo se non nella coesistenza.
Infatti nel nostro tempo di globalizzazione la coesistenza pacifica tra popoli e nazioni non è più un’opzione che possa anche esssere respinta. La coesistenza è divenuta una necessità vitale. I popoli non possono più vivere isolati gli uni dagli altri, ma debbono vivere pacificamente gli uni con gli altri. Nessuna nazione al mondo può oggi isolarsi completamente dagli eventi e dai cambiamenti in corso.
 
Qualsiasi cosa accade nel nostro mondo è trasmessa in diretta attraverso la televisione o attraverso internet in qualsiasi posto nel mondo e ha indubbiamente delle conseguenze, dirette o indirette.
 
Nel mondo contemporaneo dobbiamo quindi vivere insieme. Affinché questa coesistenza sia reale e fruttuosa per tutti, essa deve essere costruita su solide fondamenta. Questo necessariamente comporta la disponibilità ad affrontare due importanti questioni: primo, la necessità di riconoscere i diritti umani; secondo, la necessità di fiducia reciproca tra le parti. È chiaro che questa seconda necessità è conseguente alla prima. La fiducia esisterà solo quando i diritti umani fondamentali saranno richiesti e riconosciuti, e questo non solo su un piano teorico, ma anche nella pratica.
 
Non dovremmo ignorare che il fattore fiducia tra le parti in causa nel mondo contemporaneo è carente delle necessarie solide fondamenta quando nel nostro comportamento utilizziamo due pesi e due misure: interessi privati ristretti vengono considerati più importanti delle fondamentali esigenze dell’uomo. Donde la necessità di compiere sforzi efficaci per costruire fiducia tra i popoli interessati, affinché essi non vivano nella paura dei propri vicini né li sospettino senza motivo.
 
Ma, al di là di questo, una coesistenza autenticamente fruttuosa tra i popoli non verrà automaticamente raggiunta per il solo fatto che esistano i due importanti fattori del riconoscimento dei diritti umani e della fiducia tra le parti interessate. –la finalità è che la coesistenza sia positiva e fruttuosa e non solo neutra o negativa.
 
Tale finalità non potrà essere realizzata senza che la coesistenza sia legata alla solidarietà, che è  un altro necessario aspetto della reale coesistenza tra nazioni e  popoli. Senza questa solidarietà non sarà possibile superare molte delle crisi che sconvolgono il mondo contemporaneo, sia che queste siano causate dall’uomo o di origine naturale.
 
Tra i tradizionali commentari islamici su questo tema c’è l’hadith del profeta Maometto in cui egli dipinge l’umanità, simbolicamente, come se questa fosse a bordo di una nave che sta navigando in mezzo al mare, dove alcuni popoli stanno sulla parte superiore della nave e altri in quella inferiore. Quelli che si trovano nella parte inferiore, ogni volta che hanno bisogno di acqua, devono salire verso la parte superiore per procurarsela. Ma alla fine, stufi e impazienti per questo, decidono di fare un buco nel fondo della nave, da cui attingere direttamente acqua. Questa è certamente un’idea pericolosa ed espone la nave alla distruzione e tutti i suoi passeggeri all’annegamento.  Il profeta consiglia a quanti vivono sulla parte superiore di aiutare chi sta in quella inferiore, e di cooperare con essi in modo da prevenire che venga danneggiata la nave e che anneghino tutti i suoi passeggeri.
Il buco menzionato in questo hadith ci ricorda oggi il buco nell’ozono che minaccia il mondo in cui viviamo. Soltanto l’impegno comune a livello internazionale può salvare il nostro mondo dalle distruzioni che mettono in pericolo la sua esistenza e la sua sopravvivenza.
 
La responsabilità di salvare il mondo richiede cooperazione internazionale, e nessuna parte in causa al mondo può sostenere di non voler prendersi la responsabilità, in quanto il mondo è quello in cui tutti viviamo. Perciò, salvare questa nave, che è il mondo, dalla distruzione, è il compito di tutti noi.
 
Incontrandoci oggi, con lo scopo di ricercare la pace e ciò che questa presuppone, non dobbiamo nasconderci gli ostacoli che potrebbero vanificare tali sforzi. Tra gli ostacoli che continuamente rispuntano vi è la proclamazione dell’odio tra il mondo islamico e l’Occidente. Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, considerata il nemico rosso dell’Occidente, alcune persone proclamarono l’Islam come il nuovo nemico verde dell’Occidente. Negli anni novanta del secolo scorso essi fecero la previsione che ci sarebbe stato uno scontro di civiltà tra il mondo islamico e l’Occidente. Tutto ciò avvenne prima degli eventi sinistri dell’11 settembre 2001, come se ne avessero spianata la strada.
 
E, recentemente, qualche piccola Chiesa negli USA ha incitato a bruciare il libro santo dei mussulmani, il Corano, e qualche estremista ha seguito questo invito; essi, secondo l’espressione della Bibbia, possono essere chiamati “pecore perdute”. A differenza di quanto esprimono queste idee di odio, nessun mussulmano oserebbe bruciare la Bibbia, il libro sacro dei Cristiani, perché i mussulmani credono che l’Antico ed il Nuovo Testamento contengono gli insegnamenti divini rivelati a Mosè ed a Gesù.
 
Non vi è nessun dubbio che tali atteggiamenti rappresentano – almeno a livello popolare – degli ostacoli agli sforzi comuni dell’Islam e dell’Occidente di affrontare il fenomeno del terrorismo, del quale non si può dire che sia stato prodotto dall’islam, perché il terrorismo è un fenomeno diffuso in tutto il mondo, che risale a tempi antichi e non legato in nessun modo all’islam come religione. I mussulmani del nostro tempo hanno sofferto del terrorismo più degli altri, e tra di loro il numero delle vittime del terrorismo supera quello di ogni altra parte del mondo. Il Presidente Americano Obama ha sottolineato questo fatto nel suo discorso e ha messo in evidenza i pericoli di invitare a bruciare il Corano.
 
Se alcune organizzazioni estremiste, le quali, falsamente, sostengono di essere islamiche, effettuano attacchi terroristici, ciò ovviamente non significa che il resto del miliardo e mezzo di mussulmani nel mondo, essi stessi sotto tiro, possano essere considerati responsabili di ciò. Tali giudizi errati hanno purtroppo portato a considerare ogni mussulmano un terrorista fino a prova contraria. L’Islam come religione non può essere considerata responsabile per il comportamento folle di alcuni dei suoi sostenitori, allo stesso modo in cui il cristianesimo non è responsabile per il comportamento errato di alcuni dei suoi seguaci. Generalizzazioni ed accuse false di questo tipo sono gravi errori.
 
Il ruolo delle religioni nel rendere possibile la coesistenza.
 
Noi siamo convinti che le religioni possono dare un contributo effettivo per creare l’atmosfera propizia per una coesistenza tra le nazioni ed i popoli, considerato il rispetto e la stima di cui le religioni godono tra i loro fedeli. Non vi è alcun dubbio che tutte le religioni, nessuna esclusa, vogliano la coesistenza tra tutti gli esseri umani, nella pace e nella sicurezza. Sua Santità, nella sua visita in Gran Bretagna, mise in guardia davanti alla marginalizzazione del ruolo della religione, la quale è tuttora un’àncora di salvataggio per tutti i credenti.
Se siamo determinati a stabilire un dialogo fruttuoso tra le religioni, allo scopo di consolidare le basi della pace nel mondo, non dovremmo suscitare di nuovo il fuoco dell’odio tra gli esseri umani, oppure rinvangare le incomprensioni del passato. Piuttosto dovremmo pensare in modo positivo, avendo come meta quella di pensare ad un futuro in cui il mondo goda di pace e stabilità.
 
Le nuove generazioni del nostro mondo non dovrebbero essere punite per le ingiustizie di un passato di cui non hanno colpa, né dovrebbero essere lodate per quanto di positivo hanno realizzato i loro padri. Ciò che le nuove generazioni hanno bisogno che noi facciamo è che noi non sprechiamo le possibilità che esse hanno per creare una vita che dia frutto. Piuttosto, dobbiamo creare loro una atmosfera favorevole, ed offrire loro l’assistenza di cui hanno bisogno per creare un futuro in cui tutti possano godere della pace.
Per raggiungere ciò dobbiamo essere all’altezza delle nostre responsabilità, armarci di speranza, e ristabilire la fiducia tra le nazioni. La religione infonde la speranza nell’anima dei popoli. La fede è sempre connessa alla speranza, mentre la frustrazione e la disperazione sono contro la fede, secondo il Corano.
 
Se oggi ci incontriamo qui per sottolineare questi fatti non dovremmo limitarci a fare queste dichiarazioni nei nostri incontri annuali, come oggi. Piuttosto, il nostro appello dovrebbe raggiungere tutti i credenti di tutte le religioni in tutti i luoghi di culto del mondo, nelle moschee, nelle chiese, nei templi ed in ogni luogo di culto, affinché le religioni possano avere il ruolo che nel mondo è stato loro affidato, e cioè stabilire la pace tra gli esseri umani, che sono veramente fratelli, figli dello stesso padre e della stessa madre, essendo tutti discendenti di Adamo ed Eva.
 
E se in questa assemblea stiamo parlando della coesistenza in tempi di crisi, vorremmo che fosse evidente che l’Islam come religione proclama la coesistenza pacifica sempre, non soltanto nei tempi di crisi. Ci sono molti testi religiosi islamici che incoraggiano questa coesistenza, basata sulla tolleranza positiva tra tutti gli esseri umani, purché non attacchino i mussulmani.
 
Nell’Islam la tolleranza è basata sul fatto che tutti gli esseri umani sono stati creati a partire dalla stessa anima. Ed ogni individuo in quest’universo è parte di questo Io. In effetti, anche se esistono varie differenze tra esseri umani, ciò dovrebbe essere considerato un’opportunità per conoscersi reciprocamente, per comprendere l’altro e cooperare con lui. L’islam considera questa diversità, che è parte della vita, come un modo di arricchire l’umanità e non un punto di partenza dei conflitti e del dissenso. Anche se diventa inimicizia ed odio, l’islam invita a combattere l’odio dell’anima nella speranza che un nemico possa trasformarsi in amico. Di questo il Corano dice: “Le buone azioni e le azioni malvagie non sono uguali. Respingi l’azione malvagia con una migliore, e colui, tra il quale c’era inimicizia con te, diventerà come un amico fraterno”.
L’invito islamico a combattere l’inimicizia si accorda completamente con gli insegnamenti di Gesù, che dice:
“Amate i vostri nemici ... e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5, 44-45)
 
D’altro canto ciò prova che le religioni non invitano alla violenza e non istigano all’odio. Le persone che diffondono l’odio nel nome della religione devono considerare quali siano veramente gli insegnamenti delle religioni, ed agire di conseguenza, se vogliono veramente la sicurezza, la pace e la stabilità nel mondo, che è il mondo di tutti noi.